Guide spericolate

Il Pd, la segreteria e l'ultima sfida tra D'Alema e Bersani

Claudio Cerasa

Dopo aver passato buona parte degli ultimi giorni a ripassare le pagine del leggendario manuale Cencelli per selezionare senza far dispetti a nessuno le caselle di governo da assegnare alle mille correnti del Pd, l’ultimo fotogramma della pellicola sulla Grande Redistribuzione democratica non poteva che essere dedicato alla selezione della persona giusta a cui affidare la guida del partito – in una fase delicata come questa in cui il Pd dovrà cercare un modo per non farsi strangolare dall’abbraccio potenzialmente letale con il centrodestra del Caimano.

    Dopo aver passato buona parte degli ultimi giorni a ripassare le pagine del leggendario manuale Cencelli per selezionare senza far dispetti a nessuno le caselle di governo da assegnare alle mille correnti del Pd, l’ultimo fotogramma della pellicola sulla Grande Redistribuzione democratica non poteva che essere dedicato alla selezione della persona giusta a cui affidare la guida del partito – in una fase delicata come questa in cui il Pd dovrà cercare un modo per non farsi strangolare dall’abbraccio potenzialmente letale con il centrodestra del Caimano. La logica della Grande Redistribuzione prevede che, con un moderato al governo, la carica di segretario debba essere affidata a un ex comunista gradito alla Cgil che dovrebbe avere il compito di diventare un perno utile per riequilibrare un Pd governativo a trazione post-democristiana. Nella gara alla successione di Bersani i due nomi forti che il Pd ha messo in campo sono quelli di Gianni Cuperlo e di Guglielmo Epifani e da qui a sabato prossimo (giorno in cui è stata convocata l’assemblea nazionale) sarà chiaro verso quale direzione andrà il Pd del futuro. Fino a oggi, il dibattito pre-congressuale è stato animato dalla disputa sulla formula da trovare per non lasciare scoperta la segreteria, e ancora oggi non è chiaro se l’assemblea sceglierà un reggente che traghetterà i democratici al congresso o se sceglierà, come successo nel 2009 con Franceschini dopo le dimissioni di Veltroni, da subito un segretario plenipotenziario.

    Al di là della formula, esiste un problema di sostanza che si nasconde dietro la battaglia sul segretario e che coinvolge i due azionisti di maggioranza del vecchio apparato post-comunista: da un lato Bersani e dall’altro D’Alema, che per varie ragioni stanno giocando su questo terreno una partita all’ultimo sangue. Lo schema è semplice. D’Alema spinge su Gianni Cuperlo non solo perché l’ex presidente della Fgci è un suo vecchio pupillo ma anche perché il vecchio Max prima di uscire di scena sogna di giocare un’ultima grande partita da king maker all’interno del Pd. Con lui sono schierati anche i giovani turchi (compreso* Stefano Fassina) e una buona parte degli ex diessini anti bersaniani del Pd. Ma contro di lui sono invece schierate le truppe (in Parlamento sono ancora numerose) guidate da Bersani, che sul rinnovo della leadership Pd ha scelto di sfidare D’Alema a viso aperto puntando sull’ex segretario della Cgil Guglielmo Epifani. E gli altri? Gli altri giocano, come si dice in questi casi, una partita di rimessa. E se Letta e Franceschini (seppur entrambi da Palazzo Chigi osservino con più simpatia un Epifani e non un Cuperlo) non hanno interesse a entrare nella disputa essendo consapevoli che il Cencelli li esclude dalla partita, dall’altra parte bisogna tener conto delle mosse di Renzi le cui truppe potrebbero essere decisive per risolvere il derby D’Alema-Bersani. Il sindaco in realtà – che ha scelto di osservare da Palazzo Vecchio, e al massimo dalla presidenza dell’Anci, il percorso del governo, senza correre per la segreteria – al momento considera una priorità vera solo quella modifica allo statuto che verrà proposta dai renziani sabato in assemblea e che punta a tracciare un solco tra il ruolo di candidato premier e quello di segretario (cosa che, secondo i calcoli del sindaco, gli permetterebbe di non avere ostacoli in caso di caduta della Grande Coalizione lettiana).

    A ben vedere, tra Epifani e Cuperlo, Renzi, dovendo scegliere, chiederebbe ai suoi di votare l’ex segretario della Cgil: non per via di una sintonia con Epifani ma per via di una serie di vecchie ruggini tra sindaco e candidato dalemiano. Renzi e Cuperlo è vero che non si amano (eufemismo) ma dietro alla scelta (timida) di puntare su Epifani i più maliziosi nel Pd intravedono anche un’altra questione. “Matteo – confida al Foglio un dirigente del Pd – è convinto di avere una prateria di fronte a sé, ma se questo governo dovesse andare avanti con un quarantenne a Palazzo Chigi e un cinquantenne alla guida del Pd lui può pensare quello che vuole ma la verità è che dentro il Pd gli spazi potrebbero improvvisamente restringersi”. A oggi dunque la situazione è questa e Renzi, pur di depotenziare la figura del segretario, ieri ha dato il suo via libera all’elezione del leader del Pd “anche senza primarie”. Questa la linea. Ma se l’assemblea dovesse bocciare la modifica allo statuto proposta dai renziani la rotta del sindaco improvvisamente potrebbe cambiare direzione.

    * Nell'edizione cartacea trovate scritto escluso Fassina. In realtà Fassina alla fine ha deciso di appoggiare Cuperlo. 

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.