Incognite e rischi nell'interventismo di Cdp sull'affaire Telecom
I vertici della Cassa depositi e prestiti non si sono mai allontanati da una prudente gestione dei risparmi postali dei cittadini finché – dicono alcuni analisti – non hanno manifestato l’intenzione di rilevare la rete fissa di Telecom. Si tratta di un asset d’importanza strategica nazionale ma anche di un’infrastruttura obsoleta di cui la stessa compagnia telefonica guidata da Franco Bernabé vorrebbe liberarsi da almeno sei anni. L’occasione è fornita dall’integrazione tra Telecom e H3g, società della telefonia mobile del colosso cinese Hutchison Whampoa. Le trattative sono appena iniziate, saranno lunghe. Oggi si riunirà il cda di Telecom per approfondire i termini e discutere dello scorporo (una delle opzioni è la costituzione di una newco, ma si dice da anni).
I vertici della Cassa depositi e prestiti non si sono mai allontanati da una prudente gestione dei risparmi postali dei cittadini finché – dicono alcuni analisti – non hanno manifestato l’intenzione di rilevare la rete fissa di Telecom. Si tratta di un asset d’importanza strategica nazionale ma anche di un’infrastruttura obsoleta di cui la stessa compagnia telefonica guidata da Franco Bernabé vorrebbe liberarsi da almeno sei anni. L’occasione è fornita dall’integrazione tra Telecom e H3g, società della telefonia mobile del colosso cinese Hutchison Whampoa. Le trattative sono appena iniziate, saranno lunghe. Oggi si riunirà il cda di Telecom per approfondire i termini e discutere dello scorporo (una delle opzioni è la costituzione di una newco, ma si dice da anni). Se l’operazione andrà bene, l’incumbent Telecom (ex società di stato) ingloberà un forte concorrente sul territorio nazionale – 3 Italia di H3g – neutralizzandolo. Vendere l’infrastruttura di rete significa invece, dal lato pratico, mettere in sicurezza le comunicazioni nazionali da possibili ingerenze straniere e, a livello finanziario, liberarsi di un capitale “fermo” per cederlo allo stato, perché la Cdp è di proprietà del Tesoro per l’80 per cento e delle fondazioni bancarie per il 18. “Non si comprende la ratio di una simile operazione, se non quella di dare soldi pubblici a una società privata come Telecom. La quale otterrebbe un vantaggio dalla vendita perché si sarebbe liberata di un capitale immobilizzato e potrebbe impiegare il flusso di cassa per pagare l’affitto dell’infrastruttura stessa per concessione statale”, dice al Foglio Fabrizio Spagna, presidente della società di consulenza Axia che valuta in 15 miliardi il valore complessivo dell’infrastruttura fatta di fili di rame.
Al momento resta un’incognita a chi, se a Telecom o a Cdp, andranno nel caso i lavoratori deputati alla manutenzione infrastrutturale. I dipendenti impegnati nella manutenzione della rete sono 20 mila se si considerano solo quelli con la “casacca” Telecom Italia. Il quesito resta: chi si aggiudicherà i lavoratori? E’ un’altra incognita per la prudente gestione della Cdp, mentre alcuni osservatori con un passato all’interno della “cassa” s’interrogano sulla convenienza per il pubblico dell’operazione Telecom. Il dubbio è se sia più sensato un investimento diretto nelle reti di nuova generazione anziché in un’infrastruttura in rame da “tenere in pancia per poi vederla morire lentamente negli anni”. Nelle classifiche dell’Ocse, l’Italia è tra gli ultimi paesi per lo sviluppo della rete a banda larga in fibra ottica e delle reti wireless (senza fili), al 28esimo posto su 34. Cdp ha investito in Metroweb per collegare, in particolare, la città di Milano e la Lombardia ma il resto del territorio non è capillarizzato con l’Internet veloce. (E proprio Metroweb, controllata da F2i e dal Fondo strategico italiano di Cdp, potrebbe avere un ruolo di primo piano secondo Radiocor).
La Cdp presieduta da Franco Bassanini viene definita un “investitore di lungo termine” perché considera suo interesse lo sviluppo economico e sociale del paese. Il rinnovo dei vertici avvenuto il 13 aprile conferisce allo stato un ruolo ancora più importante in Cdp: i consiglieri cosiddetti indipendenti sono stati sostituiti da quattro dirigenti del Tesoro, i quali difficilmente si scosteranno dalle direttive del ministero. Cdp cova una liquidità da 139 miliardi di euro e macina profitti per 2,8 miliardi grazie alla rendita monopolistica garantita dalla gestione delle reti energetiche locali e dall’afflusso dei risparmi privati dei cittadini. E’ dunque un business rischioso, quanto meno per la reputazione della Cdp, fare uso privato di denaro del pubblico.
Il Foglio sportivo - in corpore sano