Nell'Ue malata, i tedeschi paiono venire da un altro continente

Paola Peduzzi

Ogni anno il Pew Research Center, noto istituto di rilevazioni americano, s’occupa d’Europa in modo intensivo: un mese di interviste, circa una decina di paesi dell’Unione europea coinvolto (quest’anno otto paesi), molti grafici e un verdetto. In sintesi il 2013 conferma una sensazione che già conosciamo: il malato d’Europa è l’Unione europea. Ma a spulciare i risultati della ricerca c’è qualche sorpresa. Sarà, ma i tedeschi ridono sempre. La Germania ha una percezione migliore dell’economia rispetto a tutti gli altri paesi, e per migliore si intende davvero tutt’un’altra prospettiva. Il 75 per cento dei tedeschi pensa che la loro economia vada bene: la media europea è del 9 per cento.

    Milano. Ogni anno il Pew Research Center, noto istituto di rilevazioni americano, s’occupa d’Europa in modo intensivo: un mese di interviste, circa una decina di paesi dell’Unione europea coinvolto (quest’anno otto paesi), molti grafici e un verdetto. In sintesi il 2013 conferma una sensazione che già conosciamo: il malato d’Europa è l’Unione europea. Ma a spulciare i risultati della ricerca c’è qualche sorpresa.

    Sarà, ma i tedeschi ridono sempre. La Germania ha una percezione migliore dell’economia rispetto a tutti gli altri paesi, e per migliore si intende davvero tutt’un’altra prospettiva. Il 75 per cento dei tedeschi pensa che la loro economia vada bene: la media europea è del 9 per cento (sì, 66 punti percentuali di differenza che disegnano un mondo). Soltanto il 28 per cento dei tedeschi crede che la mancanza di lavoro sia un problema: la media delle altre nazioni europee intervistate è dell’80 per cento. E per l’inflazione, che suscita ricordi funesti nell’immaginario tedesco e che ci viene venduta come lo spettro di Berlino, le percentuali sono simili: soltanto il 31 per cento in Germania si preoccupa, nel resto d’Europa questo dato è pari al 68 per cento. L’unico timore davvero rilevante, in Germania – per metà dei tedeschi – è la diseguaglianza, i ricchi che diventano più ricchi e i poveri che diventano più poveri. Non c’è nessun altro paese di quelli interpellati che mette altrettanta enfasi su questo problema. Il 60 per cento dei tedeschi continua a credere che l’Unione europea sia una gran bella istituzione: il consenso si sta erodendo ma a ritmi da lumaca rispetto alla rapidità del disamore degli altri paesi. Anzi, mentre tutti strattonano la loro sovranità nazionale senza poi saper bene cosa farsene, il 51 per cento dei tedeschi continua a pensare che Bruxelles dovrebbe avere più potere decisionale sul continente: in nessun altro paese, si registra tanta passione per la centralizzazione.

    I francesi sono depressi. Libération, il giornale di sinistra in Francia, dedicava ieri un editoriale alla ricerca del Pew Center che iniziava così: “A priori, le conclusioni sono deprimenti” (segue antica retorica europeista, baluardi di democrazia compresi). Dopo aver intervistato i francesi, i ricercatori hanno stabilito che nessun paese europeo s’è “scoraggiato e disilluso tanto rapidamente” come la Francia. Il 91 per cento dei cittadini dice che la situazione economica è tremenda. L’euroscetticismo cresce a ritmi forsennati nel paese che già nel 2005 disse no al Trattato europeo – paese che oggi è guidato da quel Partito socialista che si spezzò in due tronconi sulla questione europea; tanto per fare due nomi: l’attuale presidente François Hollande era per il sì, il suo ministro degli Esteri Laurent Fabius guidava il fronte del no: i socialisti non si sono mai davvero rappacificati dopo quella dispersione. L’euroscetticismo, si diceva, oggi è al 58 per cento, l’anno scorso era al 40. I francesi sono, a sorpresa, i paladini dell’austerità – l’81 per cento dei francesi dice che la priorità è ridurre il debito pubblico: in Italia questa percentuale è pari a 59, in Spagna 67, in Grecia 36, nel Regno Unito 52 – e soltanto il 18 per cento di loro pensa che sia necessario stimolare l’economia. Ma gli stessi ricercatori si sono così stupiti di queste risposte che dicono di prenderle con un po’ di cautela, perché a domande più specifiche – tipo: che cosa tagliamo per contenere il debito? – l’entusiasmo si disfaceva. Ma sul futuro i francesi sono pessimisti, che si parli di congiuntura economica, di finanze personali, di prospettiva idealista: “La Francia è in caduta libera”, stabilisce lo studio.

    Affinità elettiva franco-tedesca? Quoi? Uno dei responsabili della ricerca, Bruce Stokes, è stato intervistato da alcuni media francesi e ha fatto emergere alcuni elementi interessanti (i virgolettati seguenti sono tratti da Libération). Fino a quest’anno la Francia si era riservata il ruolo di intermediario tra i tedeschi e il sud dell’Europa, ma per la prima volta ora “i comportamenti francesi assomigliano davvero a quelli greci, italiani, spagnoli”. S’è creato “un abisso” con i tedeschi, anche se è un abisso che i francesi reputano insormontabile e i tedeschi (i cittadini, non i loro leader) molto meno, visto che non si preoccupano dell’inflazione né sono così coriacei nel sostenere l’austerità. Per Stokes, la Germania è più isolata di prima (ma anche molto più serena, pur se Stokes non lo sottolinea), “sembra che viva sempre più su un altro continente”.

    Il pudding britannico sull’Europa. Il premier inglese, David Cameron, non riesce a uscire dall’incubo dell’Unione europea. Cioè, lui vorrebbe svegliarsi, ma i suoi colleghi conservatori non glielo permettono, continuano ad alzare la posta della loro fedeltà. Oggi alla Camera dei Comuni si voterà per manifestare pubblico rammarico riguardo al fatto che nel discorso della regina, la settimana scorsa, non c’era alcun riferimento a una bozza di legge sull’Europa e sul referendum previsto entro il 2017 (la mozione è stata firmata da 80 parlamentari dei Tory). Da ieri fino a domani è possibile depositare proposte di legge sulla questione europea: domattina alle 9 britanniche lo speaker John Bercow dirà i 20 “vincitori”, che potranno portare avanti la loro proposta nel dibattito parlamentare. Cameron ha annunciato la pubblicazione di una bozza di referendum che ha convinto alcuni dei ribelli, ma non tutti. C’è chi si lamenta che l’Europa, oltre ad aver rovinato il paese, rovinerà anche le chance elettorali dei Tory (gli ultimi sondaggi YouGov pubblicati ieri danno il Labour al 38 per cento, i Tory al 31); c’è chi dice che invece bisogna stare compatti e buttare la palla nel campo dei laburisti, che non sono destinati a giocare una bella partita: che cosa voteranno al referendum? Comunque sia a festeggiare sono gli euroscettici veri, quelli dell’Ukip, che non possono che guadagnarci dalle lotte fratricide, e già lo fanno come dimostrano i loro exploit elettorali. Ieri il leader dell’Ukip, Nigel Farage, ha detto serafico alla Bbc: “Non stiamo parlando soltanto d’Europa, non si tratta di qualche oscuro trattato: qui stiamo parlando di lavoro, di crescita, di immigrazione. Tutte queste cose ora sono percepite dagli inglesi come parte della stessa dimensione europea, e se il premier non riesce a gestire questa situazione, penso che a un certo punto del prossimo anno il suo stesso partito si libererà di lui”.

    Cari, vecchi pregiudizi. I più arroganti sono i francesi, dicono francesi, tedeschi e inglesi. Per tutti gli altri, la risposta è: i tedeschi. Il paese che merita maggior fiducia è, per tutti, la Germania, soltanto i greci sono in disaccordo: si fidano solo di se stessi, dicono. Per gli inglesi il paese che merita meno fiducia in assoluto è, naturalmente, la Francia.

    Noialtri. L’anno scorso il 22 per cento degli italiani pensava che l’integrazione europea favorisse la ripresa economica, oggi lo pensa soltanto l’11 per cento. L’anno scorso il 48 per cento degli italiani pensava che i suoi leader stessero facendo un buon lavoro in Europa, quest’anno la percentuale è crollata al 25 per cento. Il problema principale è la disoccupazione, ma in generale gli italiani sono tra i più pessimisti d’Europa. L’euro però non si tocca, e anche sulla solidarietà c’è da guardarsi dagli amici: per gli spagnoli i meno affidabili del continente siamo noi.

    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi