Il libro aperto dei leader

Perché il nuovo Pd passa tutto dalle mosse di Renzi sulla segreteria del partito

Claudio Cerasa

La complicata fase di transizione che si è aperta nel centrosinistra con l’elezione di Guglielmo Il Traghettatore Epifani a segretario reggente del Partito democratico ha proiettato la rotta del Pd su un cammino che, comunque andranno le cose, sarà condizionato dalle scelte che nei prossimi cinquanta giorni farà il sindaco di Firenze Matteo Renzi. Sabato scorso, tra un intervento e l’altro all’assemblea, in tutti i capannelli venutisi a creare tra i padiglioni della Fiera di Roma il tema che accompagnava molti dialoghi dei delegati Pd era legato al futuro del Rottamatore; e non per una questione di pettegolezzi o di morbosità, ma per il semplice fatto che mai come oggi il destino del Pd è legato al destino di Renzi.

    La complicata fase di transizione che si è aperta nel centrosinistra con l’elezione di Guglielmo Il Traghettatore Epifani a segretario reggente del Partito democratico ha proiettato la rotta del Pd su un cammino che, comunque andranno le cose, sarà condizionato dalle scelte che nei prossimi cinquanta giorni farà il sindaco di Firenze Matteo Renzi. Sabato scorso, tra un intervento e l’altro all’assemblea, in tutti i capannelli venutisi a creare tra i padiglioni della Fiera di Roma il tema che accompagnava molti dialoghi dei delegati Pd era legato al futuro del Rottamatore; e non per una questione di pettegolezzi o di morbosità, ma per il semplice fatto che mai come oggi il destino del Pd è legato al destino di Renzi. Se il sindaco scenderà in campo e deciderà di proseguire la sua scalata saltando in sella al Pd, il partito, come è evidente, imboccherà un percorso molto diverso rispetto a quello seguito da Bersani e più simile a quello seguito nella prima fase della sua segreteria da Walter Veltroni. In caso contrario, Renzi lascerà il passo a qualcun altro, incoraggerà nuovi leader a venire allo scoperto, seguirà il Pd da lontano e dimostrerà, come con malizia sussurrava qualcuno alla Fiera di Roma, che tra il Pd e il PdR, ovvero tra il Partito democratico e il Popolo di Renzi, il sindaco preferisce restare alla guida del secondo. In questa cornice in cui il Rottamatore dovrà decidere rapidamente il suo destino (entro metà luglio bisogna presentare le candidature al congresso) si inseriscono alcuni ragionamenti contenuti in un saggio scritto da Walter Veltroni in uscita oggi per Rizzoli (“E se noi domani. L’Italia e la sinistra che vorrei”). Un saggio in cui W. offre un manifesto per “rifondare il Pd” e in cui l’ex sindaco di Roma – ricordando che il Pd rischia di essere percepito come “un elemento di conservazione”, “una parte del problema”, un emblema di classico “rinnovamento nella continuità” e il simbolo di “una lenta ma inesorabile chiusura del modo di essere partito” – si rivolge indirettamente al futuro leader del Pd: e pur non essendoci un destinatario preciso, il saggio di Veltroni è rivolto a quello che oggi sembra essere il possibile vero erede del Pd del Lingotto: Matteo Renzi. E il messaggio è più o meno questo.

    Nel ragionamento di Veltroni, che nel saggio rivendica di essere il leader del centrosinistra che ha portato il Pd al suo massimo storico, il messaggio che viene offerto al futuro capo del Partito democratico rappresenta allo stesso tempo una critica dura per come il Pd è stato guidato negli ultimi tre anni e un avvertimento serio su cosa non deve fare il Pd nei prossimi mesi per trasformare il suo piano di innovazione in un progetto di fallimento. Il discorso – che in buona misura è lo stesso che oggi viene rivolto da molti rottamatori al principe dei rottamatori – riguarda anche Renzi, in quanto Veltroni segnala che per il futuro del Pd è necessario avere una guida forte che si faccia carico da subito dei problemi della sinistra e che non trasformi il Pd in un cartello elettorale o in un taxi da utilizzare solo durante le elezioni. In altre parole, chiunque non voglia far morire il Pd – e chiunque voglia far sì che il Pd eviti di smacchiare ancora giaguari e di inseguire il tà-tà-tà della sinistra alla Rodotà – deve impegnarsi in prima persona per combattere quel cortocircuito che, a volerla dire citando i famosi discorsi sul multipartitismo estremo di Leopoldo Elia e Piero Calamandrei, ha portato l’Italia ad avere un sistema di “partiti deboli che partoriscono governi che non decidono nulla”.

    Dunque, che fare? Il senso del messaggio che Veltroni sembra rivolgere a Renzi è che un bipolarista convinto, che sogna insomma un paese diviso in due sole grandi famiglie politiche, deve prendere di petto il problema e fare una cosa semplice: non separare la figura di leadership da quella della futura possibile premiership; impegnarsi per rivoltare come un calzino il partito; trasformare il partito nello strumento principe per conquistare il paese; e il tutto impostando un percorso preciso che porti prima a rafforzare la figura del leader del partito e poi, seguendo l’esempio della repubblica presidenziale francese (sia quella di Léon Blum sia quella di Charles De Gaulle), la figura del leader del paese. Senza fare tutto questo, scrive Veltroni, “la sinistra del 2000 finisce con l’assumere il profilo di una forza conservatrice, spaventata dal nuovo, arroccata dietro mura immense costruite da una pila infinita di mattoni sui quali sono scritte due parole: no e difendere”.

    La traduzione politica del ragionamento, a voler essere maliziosi, corrisponde, più che a una candidatura alla segreteria di Sergio Chiamparino, proprio alla discesa in campo del Rottamatore: con cui tra l’altro, e chissà se è solo un caso, negli ultimi mesi l’ex sindaco di Roma ha costruito un rapporto cordiale, di stima, e decisamente migliore rispetto a quello avuto durante le primarie (quando, per Renzi, Veltroni era uno che avrebbe fatto bene a scrivere solo libri). Il percorso indicato da Veltroni – che nel suo saggio suggerisce in buona sostanza al Pd di imboccare una strada sempre più francese e sempre meno socialdemocratica – è questo: e l’ex sindaco di Roma sostiene che per tornare e superare i livelli raggiunti dal Pd nel 2008, il famoso 34 per cento, che però non fu comunque sufficiente a vincere le elezioni, non ci sono altre traiettorie. O Renzi, o uno come Renzi. Veltroni lo dice chiaramente, e lo ripeterà anche a Renzi quando lo incontrerà – e probabilmente già domenica a Torino, al Salone del libro, organizzato tra l’altro proprio al Lingotto. Convincere il sindaco non sarà facile, ma la strada per un nuovo Lingotto è questa: e la verità è che ormai su questo punto sono sempre di più gli esponenti del Pd a pensarla come Walter Veltroni.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.