La pitonessa

Alessandro Giuli

Né falco né colomba, Daniela Santanchè avvolge le sue prede televisive con l'implacabile sinuosità di una pitonessa. L'altra sera, ospite di Michele Santoro, chiamata a discettare di olgettine e bunga bunga, Santanchè ha dimostrato ancora una volta d'esser lei la first lady del centrodestra, la perfetta prosecuzione del berlusconismo con altri e più ipnotici mezzi, se non pure il prologo della futura reincarnazione del Cav.

    Né falco né colomba, Daniela Santanchè avvolge le sue prede televisive con l’implacabile sinuosità di una pitonessa. L’altra sera, ospite di Michele Santoro, chiamata a discettare di olgettine e bunga bunga, Santanchè ha dimostrato ancora una volta d’esser lei la first lady del centrodestra, la perfetta prosecuzione del berlusconismo con altri e più ipnotici mezzi, se non pure il prologo della futura reincarnazione del Cav.

    E non soltanto perché ha sfoderato quell’improvviso coming out lesbo per disintegrare la superbia di Marco Travaglio, denudandone l’anima da avanzo atrabiliare di sagrestia (“o signore benedetto, pure lesbica…”, ha detto il questurino irrigidito, forte nel monologo ma rannuvolato in viso quando si tratta di battagliare a duello con una che costringe il suo sangue a raggrumarsi intorno agli organi vitali). E non soltanto perché lo stesso Santoro, mentre l’interrompeva per contenerne l’esultanza, ha tradito con un sorriso complice l’inconfessabile simpatia nei suoi confronti.

    Santanchè in televisione buca, spacca, stritola, soffoca e si congeda con l’allure di chi sembra (ma non è così) finita in video per caso o per distrazione, quasi sbagliando strada dopo una passeggiata nel quadrilatero della moda milanese che toglie il sonno alla Boccassini: foulard pitonato (è una pitonessa) e scarpe con la zeppa (“svolta culturale?”, almanaccano affascinate le ragazze liberal, foglianti comprese), Santanchè esprime una speciale irriducibilità ai salotti goscisti nei quali si fa ospitare come front girl del Caimano, epperò li domina in modo aggressivo e sfarzoso. Lì per lì non sembra nemmeno essenziale che cosa vada dicendo, potrebbe anzi declamare un qualunque abracadabra, poiché colpisce subito l’espressione di una consapevolezza oltraggiosa agli occhi dei professionisti della morale. Ma si capisce presto che nessuno come lei, nella corte del Cav., sa difendere il diritto alla felicità attaccando i bassifondi psicologici del puritanesimo, rivendicando in pubblico la dimensione ludica e privata dell’intrattenimento burlesque, delle frequentazioni notturne e della naturale libertà femminile di farsi commensale, confidente, danzatrice o perfino etèra senza per questo doversi sentire cucito sulla carne il marchio della puttana (su questo punto, con timbro e coloritura anche più sonori, Ritanna Armeni ha scritto sul Foglio righe pressoché definitive). Gli altri berlusconiani, le altre berlusconiane e Berlusconi per primo appaiono al confronto timidi, cavillosi o piagnucolosi, inclini a rivestire la divisa dei perseguitati (talvolta pour cause) o il cilicio espiatorio di chi deve proteggere un senso di colpa.

    L’improntitudine paga più della tristezza, non c’è dubbio. E tuttavia non si diventa pitonesse senza applicazione. In Santanchè non s’indovina un’adolescenza trascorsa sui libri, ma si avverte il fuoco vitale della fanciulla che ha studiato la lezione mezz’ora prima d’essere interrogata, assimilandola cento volte meglio della secchiona al primo banco. Si chiama brillantezza e a Santanchè, per fare un esempio erratico, è stata unanimemente riconosciuta nel 2005, quando s’è dimostrata uno dei migliori relatori parlamentari in materia di Finanziaria. Detto questo, le pitonesse cambiano molte pelli e Santanchè ha indossato anche quella infelice della destra con la bava alla bocca. Altre ne indosserà, ma l’incantamento (o il pallore) che produce nei suoi antagonisti radical-televisivi certifica che non si deve nepppure pensarla come lei, per ammetterne la superiorità.