Lola e il professore

Umberto Silva

- Ho letto il suo libro, Professore, “La parola delle donne”, che bel titolo. L’ho letto dalla prima all’ultima riga, ma devo confessarle che non ricordo niente. Niente, niente! Eppure m’interessava molto mentre lo leggevo, mi creda. Il suo sguardo sulle donne è preciso. Pareva che stesse rivelando chissà che, e davvero me lo rivelava, ne sono sicura. Perché adesso non ricordo proprio niente? Santo cielo, mi sta venendo un attacco di cuore, pulsa in modo velocissimo, senta il mio polso, ho paura, tanta paura!
- Vuole che rimandiamo l’esame? Forse non doveva dare della puttana a sua madre.

    - Lola Behar!
    La ragazza rassetta la gonna nera sulle gambe nude e con passo incerto si avvicina. Sta in piedi davanti al professore, timida, quasi contrita.
    - Si accomodi, signorina.
    - Non sia così serio Professore, mi mette paura.
    L’uomo sorride.
    - Mi faccia una domanda facile facile, la prego. Ho anche male al cuore. Un po’.
    - Davvero?
    - E’ ereditario. Lo aspetto da un momento all’altro e questo mi fa soffrire. Mia madre l’ha avuto a cinquant’anni, la puttana. Io l’adoro, sa.
    Il professore sfoglia il libretto universitario di Lola.
    - Facciamo così: mi dica lei cosa ha approfondito del programma.
    La ragazza sorride sollevata. Ma subito s’incupisce.
    - Ho letto il suo libro, Professore, “La parola delle donne”, che bel titolo. L’ho letto dalla prima all’ultima riga, ma devo confessarle che non ricordo niente. Niente, niente! Eppure m’interessava molto mentre lo leggevo, mi creda. Il suo sguardo sulle donne è preciso. Pareva che stesse rivelando chissà che, e davvero me lo rivelava, ne sono sicura. Perché adesso non ricordo proprio niente? Santo cielo, mi sta venendo un attacco di cuore, pulsa in modo velocissimo, senta il mio polso, ho paura, tanta paura!
    - Vuole che rimandiamo l’esame? Forse non doveva dare della puttana a sua madre.
    - Non mi guardi così, Professore, non è lei la soluzione. Sta passando, e mamma non è una puttana. Mi dispiace di non ricordare niente del suo libro, che pure ho goduto nel leggerlo, e tanto, le assicuro. Questa mia dimenticanza le sembra offensiva, vero?
    - Ma no, capita, sono forme di amnesia totale dovute all’emozione. Ma davvero non ricorda niente? Nemmeno il capitolo dedicato al rogo delle streghe? Eppure lì ci sono pagine che avrebbero dovuto particolarmente colpirla.
    La ragazza sospira, sembra sul punto di piangere.
    - Sicuramente mi hanno colpita. Ma proprio perché mi hanno colpita le ho dimenticate. Non sopporto quel che mi colpisce profondamente, e così lo dimentico. Ma lui non dimentica me. Sta sempre nel mio cuore e un giorno o l’altro si risveglierà, mi auguro non con la ferocia che ha riservato alla mia povera mamma.
    - Ora come sta?
    - E’ andata con una sua amica a Miami, torna fra qualche giorno. Sono sola in casa e l’unica raccomandazione che mi ha fatto è stata di non fare entrare estranei o gente che non conosco da almeno cinque anni. Cinque anni, non le sembrano troppi?
    L’uomo sorride guardando l’orologio.
    - Diciamo che sua madre è molto prudente.
    - Diciamo che è pazza! Mia madre è totalmente pazza. Ma forse lo diverrò anch’io, forse questa mia ansia, il tremore che mi scuote tutta, è un annuncio della mia futura pazzia. Lei lo sta pensando, vero?
    - Non lo penso affatto.
    - Pensa che io sia pazza? Me lo dica pure. Tutti mi dicono cose a metà, del tipo sei tanto bella ma un po’ strana, oppure sei un po’ strana ma tanto bella. Mi viene da piangere quando sento quel ma. Ha un fazzoletto?
    L’uomo fruga nella tasca e porge alla ragazza un fazzoletto immacolato.
    - Nietzsche diceva…
    - La prego, non lo dica. Mi piace asciugarmi gli occhi con la seta. Se lo meritano, vedono tante cose brutte, non risparmio loro niente, ma proprio niente sa.
    - I suoi occhi sono bellissimi Lola. Tuttavia devo chiederle di ripresentarsi all’esame. Nonostante la conversazione sia molto interessante e, in qualche modo, mi dia l’impressione che tocchi il nostro programma, che contenga una sua filosofia e una sua morale, sono spiacente di non poterle dare un voto per il semplice motivo che non saprei che voto darle.
    - Davvero? Questo è un po’ offensivo, Professore. Le pare che io, mi guardi quando dico io, io accetterei un voto che non sia un trenta e lode? Lei scherza, vero, lei sta scherzando.
    - Ora è un po’ arrogante, mia cara. Perché dovrei darle un trenta e lode? In nome di che?
    - L’ha detto lei stesso, anche se in un modo un po’ reticente e confuso: nel mio parlare c’è una profonda verità e lei l’ha intesa.
    - Scherzavo.
    - Dicono tutti così ma fin da piccola non ci ho mai creduto. No Professore, lei non scherzava affatto. Lei come tutti gli uomini è doppio e passa la vita a controllare l’altro, l’assassino, e a invidiarlo. Mi farebbe del male, lei? Non mi risponda, io sì, io le farei del male e tanto. Ma solo se ci fossi costretta.
    - Da chi?
    La ragazza alza le spalle. Il professore sorride.
    - Schopenhauer un giorno…
    - No, no, Professore, la scongiuro.
    - Un po’ pazzerella lei lo è davvero, signorina Behar. Ora però devo continuare con gli esami. Vede quei cinque alle sue spalle? Quelli del mio libro hanno letto una pagina sì e una no, però qualcosa sicuramente ricordano e così potrò dare loro un voto.
    L’uomo fa per alzarsi, la ragazza gli cattura il braccio, trattenendolo.
    - Solo per un attimo, Professore, lei penserà d’avere fatto il suo dovere e si sentirà a posto. Poi si ricorderà di Lola e si sentirà, scusi il termine, un po’ stupidino per avere dato un ventisei, che numero ridicolo, a quella grassottella dai capelli rossi. Mi cercherà con lo sguardo ma io sarò lontana. Lei è sposato, vero?
    - Le assicuro, signorina, che passerei il pomeriggio a conversare con lei, la trovo molto interessante. Purtroppo, come vede, alle sue spalle cinque laureandi attendono di essere esaminati. Ci stanno guardando con facce sempre più perplesse, e li capisco.
    - E io capisco lei, farabutto.
    - Cos’ha detto?
    - Dica loro di tornare un altro giorno.
    - E con quale motivo?
    - Nessun motivo, dica di tornare e basta. Li troveranno loro i motivi, tanti e geniali; sarà uno splendido esercizio di filosofia morale. Dai, sbrigati!
    - Non posso, capisce bene che è assurdo.
    - Lo dica o urlo.
    - Lei è davvero pazza.
    La ragazza stringe un lembo della gonna e accenna a tirarsela su. L’uomo impallidisce.
    - Li cacci via, subito!
    Il professore esita, Lola alza la gonna fin quasi alle mutande. L’uomo la guarda con odio. Furente abbandona la cattedra e va dagli studenti. Confabula brevemente e torna sui suoi passi. Sbirciando quei due, gli studenti abbandonano l’aula.
    - Se ne sono andati. Contenta? Lo racconteranno a tutti, succederà uno scandalo.
    - Non abbia paura, io la proteggerò. E’ sposato vero?
    - Io non ho paura, lei però è davvero strana. Mi sto chiedendo cosa voglia da me. Qualcosa sento che lei vuole, ma non so cosa. E non è un trenta e lode.
    Scende il silenzio nell’aula. Il professore guarda fuori dalla finestra gli alberi del parco. La ragazza l’osserva con un impercettibile sorriso.
    - E’ un mese che la spio, qualcosa mi attira. Inizialmente desideravo ardentemente farle del male, del gran bel male, poi deve essere subentrato dell’altro, sono confusa. Mi aiuti, non sente che straparlo, dica qualcosa di sensato, è lei l’autorità qui, mi faccia sentire la legge, mi dia una direzione.
    - Dovevo prenderla a sberle, lei avrebbe apprezzato.
    - Sicuramente. Passo le giornate a dipingermi le unghie delle mani e dei piedi, a pitturarmi le labbra e gli occhi. Per questo non ho tempo di leggere i suoi libri.
    Il professore sorride.
    - Confessa quindi!
    - Io mento sempre. Da qui è sorta la mia passione per la morale, o meglio per i professori di morale. Coraggio, mi scriva il voto sul libretto e ci aggiorniamo per un altro incontro dove continuare la nostra conversazione. Se per lei va bene, domani ai Due ladroni alle nove della sera.
    L’uomo congiunge le mani coprendosi il volto, pensieroso.
    - Ora è lei a correre, signorina. Capisce che non posso darle il trenta e lode né alcun altro voto. Se le dessi il voto non potrei venire a cena con lei, né domani né mai, e questo mi rattristerebbe molto.
    E’ un attimo: la ragazza allunga il braccio e s’impossessa del libretto universitario e della penna del professore.
    - Capisco e apprezzo il suo scrupolo, Professore, capisco anche la sua tristezza e il suo desiderio, ma so come toglierla d’impiccio. Imitandone la calligrafia, che ho studiato con cura sul libretto della mia amica Mara, io stessa scrivo il voto e lo firmo con il suo nome. Ma lo sa che anche lei ha degli occhi bellissimi?
    Il professore la guarda severo.
    - Non lo faccia.
    Lola firma e infila il libretto nella borsetta.
    - La ringrazio per il bel voto e l’attendo domani ai Due ladroni. Stupidino.
    Si rassetta la gonna ed esce dall’aula.
           
    ***

    E’ notte sul Lungotevere. Due ombre s’incrociano.
    - Signorina ruba-esami, cosa ci fa a quest’ora sola soletta?
    - Professore! Non dovevamo cenare insieme tre settimane fa?
    - Appunto, perché non è venuta?
    - Perché sapevo che lei non sarebbe venuto.
    - Etica professionale. Ma tu?
    - Etica non professionale ma sempre etica.
    - Ricordo la tua etica, Lola.
    - Sono lieta d’incontrarla Professore.
    - Mi chiamo…
    La ragazza sorride beffarda, l’uomo si ferma a bocca aperta.
    - I nomi maschili mi fanno orrore. Mi sembrano così… deboli. Anche il suo, non sente come suona rassegnato a una vita che non gli appartiene? Io sono condannata a chiamarla Professore.
    - A volte mi dimentico di esserlo, sono i miei momenti migliori.
    - Ci sarò sempre io a ricordarglielo. Lei è importante nella mia esistenza, se non lo fosse sarei venuta ai Due ladroni. Ma è importante che lei resti così com’è, capisce?
    - Ai Due ladroni non mi avresti trovato.
    - Chissà, magari era lì, nascosto dietro un angolo. Le piace vedere le ragazze smarrite, che consultano l’orologio, che entrano ed escono dal locale, che si prendono i sorrisi di scherno, che scoppiano a piangere per poi con fierezza gettare i capelli all’indietro e tornarsene da dove sono venute, dal nulla, perché noi abitiamo il nulla, caro professore dell’essere, e veniamo qui per voi, perché ci facciate del male, ma nemmeno ne avete il coraggio, ve ne state nascosti dietro l’angolo, e noi lo sappiamo ma non possiamo venirvi a stanare. Un orgoglio l’abbiamo anche noi, capisce.
    - E se invece proprio non c’ero quella sera?
    - L’indomani all’università mi sarei vendicata baciandola davanti a tutti.
    - Sei pericolosa.
    - Sono il castigo dei professori di filosofia morale, sono Lola, capisce?
    - Questa notte è incredibilmente buia, Lola, non ho mai visto una notte così. Eppure ti ho riconosciuta.
    - E’ dall’esame che pensa a me.
    - Se dico di sì ne approfitti?
    Una legione di fulmini illumina il fiume a giorno. Si ode un tuono e le prime gocce di pioggia.
    - Lola, prendiamo un taxi?
    - Nemmeno per sogno, viva la tempesta. La amo.
    - Mi tocca amarla anch’io.
    Rimangono un attimo sorpresi di quello che hanno detto, poi scoppiano a ridere.
    - Professore, si ricordi che lei è un professore.
    - E tu il mio angelo custode. Dove stiamo andando?
    - A casa sua. Tra poco i lampi illumineranno le schiena nuda di una ragazza seduta sul suo letto. Ma sì, ma sì, non faccia il tonto, continui!
    - La mattina ti alzerai per spalancare la finestra che dà su Santa Maria in Trastevere. Ti volterai, mi sorriderai.
    La ragazza batte le mani eccitata.
    - Così bravo. Ogni sera cammineremo lungo il Tevere per poi scendere verso il ghetto o risalire il Gianicolo e addentrarci nella sua frescura. La mia testa sarà sempre appoggiata sulla sua spalla, silenziosi ascolteremo le fontane di Roma.
    - Sei stata fidanzata? Con chi?
    - Ssst.
    - I tuoi genitori, i fratelli?
    - Ssst.
    - Quando non leggi i miei libri, cosa fai?
    - La serva.
    - Ti adoro.
    - Andremo a Parigi. Alla Sorbonne l’Illustre Professore parlerà di Gabriel Marcel.
    - Non farò che guardarti. In place Furstenberg ci baceremo. Pioverà.
    - Alzeremo gli occhi, le gocce scenderanno sul nostro volto. Mi verrà voglia di fare l’amore. Correremo all’albergo. Mi accarezzerà la schiena, con dolcezza.
    - Tratterrò il respiro, cercherò di cogliere ogni sfumatura del tuo silenzio.
    - Sfiorerò con le dita le sue labbra.
    - I miei occhi vagheranno lungo il tuo corpo che si raccoglierà, timoroso.
    - Sentirà le mie gambe stringerle le reni, sentirà che la nostra storia non avrà fine.
    Si fermano uno davanti all’altra. Si guardano a lungo negli occhi. La ragazza si avvicina all’uomo, le loro bocche si sfiorano. Proseguono il cammino.
    - Io non voglio sapere niente di lei, la preferisco così, un uomo nella notte.
    - A me invece interessa sapere tutto di te. Fai davvero la cameriera?
    - Cameriera di piano all’Hassler. Be’ non mi adori più?
    - Ti vedo mentre sistemi le lenzuola. Esci sulla terrazza, lo splendore di Trinità dei Monti t’illumina.
    - La suite dei coniugi Robertson è pronta. Un ultimo sguardo per controllare se tutto è in ordine e scendo nelle cucine. Lì ballo sui tavoli e faccio ridere tutti.
    - E innamorare. Infili il dito nella panna montata che i Robertson gusteranno la sera; assaggi il brodo di tartaruga dei marchesi De la Motte e oplà, ti sei sporcata il vestito!
    - Mi cacceranno. Anche dall’università perché non potrò pagare le tasse!
    - Non temere! Tre giovani cuochi sono pronti a immolarsi per te, il tuo sorriso riconoscente li consola mentre il direttore li fustiga. E’ geloso e vorrebbe sporcarti, tutti lo vogliono Lola.
    - Ora basta Professore, il gioco è finito.
    - Peccato, mi ci stavo abituando.
    - Troppo.
    - Sto per baciarti.
    - Sono isterica ma perbene, dice la mia mamma.
    - E’ tornata da Miami?
    - Non è nemmeno partita.
    - Abiti con lei?
    - Vuole capire se l’inviterò a salire da me? Le piacciono ancora le mie unghie blu?
    La ragazza si guarda ammirata la mano, la offre agli occhi dell’uomo.
    - Moltissimo.
    - Non sopporto chi cerca di spiare i segreti della mia intimità, lei però ancora non l’ha fatto. E’ gentile, lei. Lei è un vigliacco. Non potrò fare a meno di farle del male, un giorno, di ferirla profondamente costringendola a parlare di sua moglie, ricordandole certe cosucce. Ha figli?
    - Un maschietto, sta con sua madre a Parigi.
    - Non risparmierò nemmeno lui, gli darò dei pizzicotti tremendi, lo farò strillare e piangere, così lei mi odierà. Mi porti a casa, la prego! Ho male a un ginocchio, mi prenda in braccio.
    - Sei una piuma.
    - Adesso a destra.
    - Ora?
    - A sinistra, poi diritto.
    - Ti amo.
    - Un figlio, voglio un figlio!
    - Oh Lola!
    - Non vuole fare felice una ragazza tanto bisognosa di una bambina dai lunghi capelli neri? La pettinerei tutto il giorno in riva al mare, saremmo sempre insieme io e lei, la mia piccola dea.
    - Piangi?
    - Piango per lei, piango al suo posto.
    - Amore mio, non posso fare a meno di te e della nostra bambina.
    - Non voglio una bambina, voglio girare il mondo, voglio tante avventure, la mia vita deve essere libera, se la piccola nasce la tiene lei, Professore, lei la allatta!
    - Faremo tutto, viaggi e figli, viaggi con figli. E’ questa la tua casa?
    - Sì.
    Lola si scioglie dall’abbraccio e appoggia i piedi per terra.
    - Amo un ragazzo e lui ama me, forse. Però vorrei darle un bacio. Un lungo, lunghissimo, interminabile bacio.
    - Assolutamente no. Ricordati che sono un professore di filosofia morale.
    - Se lo dici un’altra volta con quel tono irresistibile, giuro che mi tolgo le mutande.
    L’uomo arrossisce, non ripete il ritornello, la ragazza sparisce nel portone. Ricorderanno quella notte, il respiro leggero dell’amore.