Lo spione in chief
“L'altra guerra segreta di Obama” è quella contro i reporter
Il magazine online Slate la chiama “L'altra guerra segreta di Obama”, da distinguere da quella fatta con i droni in Pakistan, Yemen e occasionalmente altrove. La campagna contro i reporter americani che si occupano di sicurezza nazionale, colpevoli di agganciare fonti solide dentro il governo e poi di fare scoop, sta toccando proporzioni grottesche: l'Amministrazione Obama ha aperto più procedimenti penali di questo tipo che tutte le amministrazioni precedenti messe assieme.
Il magazine online Slate la chiama “L’altra guerra segreta di Obama”, da distinguere da quella fatta con i droni in Pakistan, Yemen e occasionalmente altrove. La campagna contro i reporter americani che si occupano di sicurezza nazionale, colpevoli di agganciare fonti solide dentro il governo e poi di fare scoop, sta toccando proporzioni grottesche: l’Amministrazione Obama ha aperto più procedimenti penali di questo tipo che tutte le amministrazioni precedenti messe assieme. “Quando il dipartimento di Giustizia agisce di nascosto contro i media danneggia la pretesa di Obama di essere su un piano morale superiore, che è gran parte della sua identità presidenziale”, dice Laura Rozen, asso del giornalismo americano che si è fatta un nome contro l’Amministrazione Bush.
Dopo il caso dei sei redattori di Associated Press, a cui sono stati spiati i tabulati dei telefoni, domenica il Washington Post ha raccontato un caso più grave, quello di James Rosen, il corrispondente da Washington di Fox News, che dal 2010 è considerato complice in un caso di spionaggio (e la sua mail è stata violata durante le indagini) perché ha ottenuto informazioni riservate sulla Corea del nord da una sua fonte, un esperto del dipartimento di stato. Passare segreti sulla sicurezza nazionale è reato, ma i giornalisti che li ricevono e li pubblicano non possono essere processati per spionaggio, grazie alla protezione garantita dal Primo emendamento alla libertà di stampa. Dopo Rosen scrive Fred Kaplan su Slate, potrebbe toccare al New York Times, al Washington Post, al new Yorker e a tutti gli altri. Viet Dinh, un legale dell’Amministrazione Bush che ha contribuito a scrivere il Patriot Act, nel 2006 ha scritto un memorandum per escludere che in questi casi i reporter possano essere accusati di spionaggio. “Sarebbe ironico dover usare gli argomenti di un legale di Bush per bloccare gli eccessi degli avvocati d’accusa di Obama”, nota Slate.
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