La piazza insicura che attende Grillo per la terza volta
Nel giorno in cui Enrico Letta dice “abbiamo trovato l’accordo per l’abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti”, Beppe Grillo mette per tempo in sicurezza il cavallo di battaglia dei suoi comizi (rinuncia ai rimborsi elettorali), lanciando subito dal suo blog un post intitolato “accordi e prese per il culo” (sottotitolo: “Beh dopo vent’anni dal referendum va bene… Il Movimento ha rifiutato 42 milioni di euro di finanziamenti semplicemente non richiedendoli, non ci vuole un accordo per farlo, basta la volontà”). Sono le sei del pomeriggio, Beppe Grillo è ancora lontano da piazza del Popolo e gli attivisti tengono nascosto in tasca l’accendino-led che dovrà far brillare “le cinque stelle” all’arrivo del comico-tribuno (“portatelo, portate l’accendino”, era la parola d’ordine del giorno prima).
Nel giorno in cui Enrico Letta dice “abbiamo trovato l’accordo per l’abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti”, Beppe Grillo mette per tempo in sicurezza il cavallo di battaglia dei suoi comizi (rinuncia ai rimborsi elettorali), lanciando subito dal suo blog un post intitolato “accordi e prese per il culo” (sottotitolo: “Beh dopo vent’anni dal referendum va bene… Il Movimento ha rifiutato 42 milioni di euro di finanziamenti semplicemente non richiedendoli, non ci vuole un accordo per farlo, basta la volontà”). Sono le sei del pomeriggio, Beppe Grillo è ancora lontano da piazza del Popolo e gli attivisti tengono nascosto in tasca l’accendino-led che dovrà far brillare “le cinque stelle” all’arrivo del comico-tribuno (“portatelo, portate l’accendino”, era la parola d’ordine del giorno prima). Sono le sei del pomeriggio e davanti a una piazza che stenta a riempirsi, al di sopra delle maschere di Anonymous e del poncho giallo dello staff, Matteo Ponzano, dj della tv del Movimento (“La cosa”), si lancia in un elogio della “felicità” da “mettere al centro” (non è roba da “filosofo new age”, dice poi). Non è “Good Morning Vietnam” e Ponzano non è Robin Williams, ma l’idea dev’essere anche quella di scaldare le truppe a suon di rimandi e citazioni (Mario Monicelli, Pier Paolo Pasolini). Prima la felicità, poi, quando arrivano i deputati a Cinque stelle, il racconto sulla bellezza anche architettonica dei palazzi in cui si muovono i “cittadini eletti” (Ponzano è andato alla Camera e al Senato e ha trovato tutto “molto elegante”, anche alla buvette, dove Domenico Scilipoti lo scrutava – segue risata della piazza).
E però le truppe, attorno all’apriscatole gigante portato a spalla da un candidato di un municipio (dopo il Parlamento, aprire il Campidoglio, è lo slogan), non sono galvanizzate come tre mesi fa a San Giovanni. Era la vigilia delle elezioni politiche e il camper di Grillo arrivava a chiudere uno “tsunami tour” in cui i grillini si sentivano comunque vincitori. Solo che poi è successo tutto, tanto che alla seconda discesa a Roma, quella maldestramente annunciata mentre la piazza, inferocita per le larghe intese, inneggiava a “Rodotà-tà-tà”, Grillo doveva fermarsi per ragioni di sicurezza lontano da Montecitorio, e rifarsi soltanto in parte il giorno dopo, in una conferenza stampa show, seguita da una passeggiata di cinque minuti dietro piazza Venezia. Stavolta, la terza volta, la piazza che lo attende è priva di grandeur, l’umore mogio e la paura di non arrivare al ballottaggio palpabile, nonostante le certezze (automotivazionali?) della capogruppo alla Camera Roberta Lombardi. Il candidato sindaco Marcello De Vito si fa precedere da una carrellata di candidati ai municipi, con effetto “speaker’s corner” (a un certo punto arriva persino Silvano Agosti, il regista, che, presentato come poeta, legge il verso “nulla unisce più profondamente il sole alla terra della distanza che li separa”). Il resto, in attesa di Grillo, è ansia di spiegarsi dei deputati a Cinque stelle, sotto tiro dei seguaci su Facebook che un giorno vogliono la diaria rendicontata minuto per minuto e un giorno vogliono sapere “che cosa fate”. Il deputato Alessandro Di Battista chiede tempo (“all’inizio non sapevamo neanche dov’era il bagno, possiamo sbagliare ma siamo liberi, lì dentro, e possiamo votare in piena libertà e coscienza” – anche se poi, là fuori, molti attivisti, sul blog di Grillo, non cessano di chiedere “ma perché non avete governato?”). “Avanti tutta”, dice Di Battista, invitando la piazza al “citofono day” (citofonare a quanti più cittadini possibile, specie a quelli “delusi dal Pd”, “porgendo l’altra guancia” per convincerli a votare Marcello De Vito). E qualcuno comincia a dire l’autoconsolatoria frase “non so se prenderemo Roma, ma comunque entreremo, mentre De Vito fa professione di purezza, negando di volersi apparentare con Alfio Marchini.
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