Altro fumo sul Montepaschi
Rispondono goffamente all'inchiesta fogliante con una falsa esclusiva
E’ durata poco la svolta bonaria nei confronti del Monte dei Paschi, è durata lo spazio di un articolo di Repubblica, quello pubblicato nell’inserto Affari & Finanza lunedì scorso dal titolo “Montepaschi: Profumo di salvezza”, un peana alla nuova gestione di Mps, e anche un incoraggiamento (con qualche incognita) al presidente Alessandro Profumo deputato a rimettere in sesto il Monte, la cui condizione si è aggravata anche a causa di uno scandalo montato dai media sul “disastro derivati”. Come si è cercato di raccontare su questo giornale con un’inchiesta pubblicata mercoledì.
Leggi l'inchiesta Mps, lo scandalo inventato della banca degli scandali
E’ durata poco la svolta bonaria nei confronti del Monte dei Paschi, è durata lo spazio di un articolo di Repubblica, quello pubblicato nell’inserto Affari & Finanza lunedì scorso dal titolo “Montepaschi: Profumo di salvezza”, un peana alla nuova gestione di Mps, e anche un incoraggiamento (con qualche incognita) al presidente Alessandro Profumo deputato a rimettere in sesto il Monte, la cui condizione si è aggravata anche a causa di uno scandalo montato dai media sul “disastro derivati”. Come si è cercato di raccontare su questo giornale con un’inchiesta pubblicata mercoledì. Lo “scandalo derivati”, il crac kolossal della banca più antica del mondo, non era basato su solide accuse della magistratura, bensì vaghe e aleatorie; e a esse le ricostruzioni di stampa hanno fornito un contesto credibile tramite un bombardamento mediatico senza precedenti, rilevante per le elezioni politiche di febbraio, ma non per la verità, senza che si capisse bene l’oggetto del contendere, con il risultato certo di danneggiare ancora di più il Monte male amministrato e di complicare il risanamento della banca. Ora si aspetta un pronunciamento del tribunale del Riesame, a Siena, sull’unico atto rilevante degli inquirenti, un sequestro miliardario, già bocciato dal giudice per le indagini preliminari. Ma si va per le lunghe, con la Cassazione si tira, pare, fino a settembre.
L’incoraggiamento a Profumo era motivato dalle perdite inferiori alle attese riportate da Mps nell’ultima trimestrale pari a 100 milioni di euro; nello stesso periodo dell’anno precedente Mps aveva fatto utili per 54 milioni. Ora, recuperare i correntisti fuggiti perché spaventati – sempre a causa della bolla mediatica – è più difficile. Ma il partito magistratocratico è tornato a farsi sentire ieri; sulla home page del sito di Rep. è stato pubblicato un video – che in realtà non dice nulla di nuovo – sulla “banda del 5 per cento”, quella capitanata dal finanziere Gianluca Baldassarri, accusato di avere intascato, insieme ad altri, delle commissioni indebite (600 mila euro; pari allo 0,5 per cento) su un’operazione di ristrutturazione di derivati da 120 milioni tra Mps e la banca tedesca Dresdner Bank. Ladrocinio di pollaroli. Non c’è nessuno scoop, sono fatti noti e raccolti in maniera esaustiva in un’inchiesta del nucleo di polizia tributaria di Milano. Nel video, il funzionario di Dresdner Bank, Antonio Rizzo, parla con un collega, Michele Cortese, il quale racconta che la “banda del 5 per cento” esiste, è conosciuta non solo a Londra, e intasca da anni commesse su operazioni finanziarie. Cose che Rizzo aveva già raccontato in un interrogatorio agli inquirenti milanesi. Che ci sia un’incongruenza di date è un dettaglio. Repubblica, infatti, scrive che la cena in questione, filmata da Rizzo con una microcamera nascosta in una penna, risale al “dicembre 2007”, come peraltro si legge in sovrimpressione nel video. Nell’interrogatorio, invece, Rizzo faceva risalire l’accaduto al “12 o il 13 marzo 2008”. Dettagli utili a fare grancassa perché la vera natura del non-scandalo è ormai emersa, alla vigilia di decisioni del tribunale su maxisequestri da brivido.
Rizzo viene definito il “testimone chiave” dell’inchiesta Mps: ma sa o affetta di sapere elementi periferici, piccole disonestà. Non si capisce però perché abbia deciso di filmare tutto. E’ un whistleblower, uno schifato dalla “banda”? Voleva vendicarsi? Voleva inguaiare il “bandito” Baldassarri? Sono quesiti che non hanno grande importanza. Rizzo, già blogger del Fatto quotidiano, ieri aveva il cellulare spento quando il Foglio l’ha chiamato tre volte. Non ha richiamato. Hanno proposto un video a effetto per spiegare che in Mps esisteva un gruppo, collegato alla finanziaria svizzera Lutifin, che otteneva delle “stecche” da girare su conti all’estero ai danni del Monte. Le soffiate delle procure sono anche digitali. A Siena hanno colto l’attimo. Ma resta la sorpresa della città e del mondo finanziario per aver visto ultra ridimensionato l’impianto accusatorio – goffo e scomposto – dello scandalo sui derivati. La banda esiste, Baldassarri è in carcere: lui e i suoi sembrano presunti ladri di polli. Ci voleva, forse, una novità, per ridare ossigeno alla montatura; ma è bastato inserire il “pilota automatico” della minirivelazione. Senza chiedersi chi sia il teste chiave di un’inchiesta giudiziaria potenzialmente dirompente ma che si sta dimostrando debole, e perché abbia deciso di filmare l’incontro. Altre domande inevase, altro fumo. Altro “scandalo”, già visto.
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