L'eurocrisi è un gran colpo di fortuna per la Merkel da terzo mandato

Andrea Affaticati

La crisi dell’Eurozona è stata il grande colpo di fortuna di Angela Merkel. La cancelliera non lo sa, ma Stefan Kornelius, giornalista politico della Süddeutsche Zeitung, e autore di “Angela Merkel - Die Kanzlerin und ihre Welt” (Angela Merkel - La cancelliera e il suo mondo; ed. Hoffmann und Campe), ne è convinto. Quante volte era stato scritto e detto che Merkel era all’apice del potere, già ai tempi della  Grosse Koalition? Era riuscita a piegare i riottosi gemelli polacchi Kaczynski a sottoscrivere il trattato di Lisbona, e per questo era celebrata come il nuovo leader europeo. Ma per entrare nella storia ci vuole un evento straordinario.

    La crisi dell’Eurozona è stata il grande colpo di fortuna di Angela Merkel. La cancelliera non lo sa, ma Stefan Kornelius, giornalista politico della Süddeutsche Zeitung, e autore di “Angela Merkel - Die Kanzlerin und ihre Welt” (Angela Merkel - La cancelliera e il suo mondo; ed. Hoffmann und Campe), ne è convinto. Quante volte era stato scritto e detto che Merkel era all’apice del potere, già ai tempi della  Grosse Koalition? Era riuscita a piegare i riottosi gemelli polacchi Kaczynski a sottoscrivere il trattato di Lisbona, e per questo era celebrata come il nuovo leader europeo. Ma per entrare nella storia ci vuole un evento straordinario. Una crisi dell’euro, per esempio. Senza la débâcle greca del 2010, che ha messo a nudo la fragilità della moneta unica, chissà se Merkel potrebbe oggi davvero aspirare a un terzo mandato?

    Per via di questa crisi Angela Merkel, che per 35 anni aveva sognato il mondo da dietro il Muro, e che si era già rassegnata a poterlo visitare soltanto in età di pensione (perché ai pensionati la Ddr concedeva il visto per viaggi all’estero) si è trovata alla regia di un’Ue piuttosto malconcia, il politico dal quale, a torto o a ragione, dipende il destino di tutti noi.

    A differenza delle molte altre biografie uscite in queste settimane su Merkel (l’anno delle elezioni politiche è sempre così), il libro di Kornelius ha il pregio di colmare una lacuna. Anziché occuparsi ancora una volta del credo politico di Merkel ai tempi della Ddr (come fa un altro volume appena uscito, nel quale le si rinfaccia di essersi prestata a una militanza politica assai più attiva, di quanto abbia fino a oggi ammesso), l’autore cerca di trovare e spiegare le convinzioni che muovono la Kanzlerin in politica estera (a Merkel il libro deve essere piaciuto visto che ha preso parte a una delle presentazioni). A dire il vero Kornelius non è critico e non ripete le solite accuse rivolte alla Kanzlerin. Per esempio quella di aver fatto dipendere la tempistica degli aiuti alla Grecia, e non solo, dal calendario elettorale tedesco. In compenso Kornelius, che segue Merkel dal 1989, descrive in modo dettagliato il dietro le quinte, la squadra di consulenti (un pugno di persone, giovani, preparate e schive) che la affianca da sempre, la aiuta a scomporre i problemi “per giungere al nocciolo della questione” e poi elaborare una strategia.

    Anche dalle passioni di Merkel si può capire qualcosa del suo stile. La donna che ammira di più è Caterina la Grande: donna dalle ampie vedute e al tempo stesso mossa da una inestinguibile sete di potere. E anche la sua predilezione per le opere di Wagner si presta al gioco delle deduzioni. Lei stessa ha ammesso una volta che dal “Tristano e Isotta” ha tratto un prezioso insegnamento: “Quando una cosa nasce storta, non è necessariamente destinata a soccombere, ma certo non si raddrizza più. Per questo, se si vuole che tutto fili per il verso giusto, bisogna fare le cose bene sin dall’inizio”. Parlava delle opere di Wagner, ma avrebbe potuto benissimo riferirsi ai vizi originari di Maastricht. Spesso è stata accusata di non avere una visione dell’Ue. Secondo il libro, non è del tutto vero. Merkel è convinta che, con la caduta del Muro, il mondo occidentale ha vinto il confronto tra sistemi economici: capitalismo vs. economia pianificata. Ma prima o poi si troverà a dover disputare la partita tra i sistemi politici: cioè tra governi democratici e governi più o meno autoritari. E qui affiora una della “paure” della Kanzlerin: la democrazia sopravviverà nella misura in cui l’Europa si presenterà unita e competitiva.
    Merkel è il prototipo del politico postmoderno, scrive Kornelius, che ripudia l’ideologia e non ha grandi visioni. Alle opinioni la Kanzlerin ribatte con i fatti, fino a che non ha piegato l’interlocutore. Però un’idea di Ue del futuro ce l’ha anche lei. Un’idea poco eccitante, è vero, “partorita” da un grafico disegnato da uno dei suoi esperti per spiegarle un rimedio alla miseria europea: una Stabilitätsunion. Un’unione di stabilità meno Bruxelles-centrica, che non chiede ulteriore cessione di sovranità da parte degli stati, e che poggia su quattro pilastri: finanza, fisco, economia e maggiore legittimazione democratica. E’ la ricetta giusta? Chissà, ma per opporsi sarà necessario ribattere ai fatti con i fatti (recessione, disoccupazione), senza cedere però.