Dopo la batosta

Grillo, il dilemma dello sbarco in tv

Marianna Rizzini

Beppe Grillo dopo la batosta non si capacita del paradosso: gli italiani anti casta se ne infischiano dei 42 milioni di euro di rimborsi non ritirati dai suoi eletti. Gira in motorino, Grillo, pubblica i nomi dei “donatori dello Tsunami tour”, si fa inseguire da Tgcom24 e poi dice che il flop “è bellissimo”. Parla sul suo blog di “Italia A” e “Italia B”, la prima che “condanna” il paese al baratro, incollata com’è per convenienza ai partiti cattivi; l’altra coraggiosa, precaria ed elettrice del M5s. Non dice, Grillo, a differenza del suo deputato Riccardo Nuti, che “paragonare le elezioni politiche a quelle amministrative denota ignoranza statistica perché i dati non sono confrontabili”.

L'editoriale Il malpartito dei sindaci

    Beppe Grillo dopo la batosta non si capacita del paradosso: gli italiani anti casta se ne infischiano dei 42 milioni di euro di rimborsi non ritirati dai suoi eletti. Gira in motorino, Grillo, pubblica i nomi dei “donatori dello Tsunami tour”, si fa inseguire da Tgcom24 e poi dice che il flop “è bellissimo”. Parla sul suo blog di “Italia A” e “Italia B”, la prima che “condanna” il paese al baratro, incollata com’è per convenienza ai partiti cattivi; l’altra coraggiosa, precaria ed elettrice del M5s. Non dice, Grillo, a differenza del suo deputato Riccardo Nuti, che “paragonare le elezioni politiche a quelle amministrative denota ignoranza statistica perché i dati non sono confrontabili” (e però, nell’autunno in cui Grillo attraversava a nuoto lo Stretto di Messina per le regionali siciliane, il Movimento non disdegnava i presagi di vittoria per il voto nazionale). Soprattutto, dopo la batosta, Grillo deve decidere che cosa fare, in tandem con il guru Gianroberto Casaleggio, in riflessione in quel di Milano. “Lì per lì, a risultati ancora parziali”, racconta un attivista romano con contatti nel quartier generale, “l’idea era quella di non cedere” (cioè: non cambiare strategia di comunicazione”). Poi, con il passare delle ore, la tentazione di concedersi, più che di cedere, sì è fatta strada. Andare in tv, sì, ma dove?, era la domanda che comprendeva tutto un altro dramma: ancora ancora se ci va Grillo, in tv, ma se non ci va lui, chi mandarci? E se va Grillo, meglio scegliere un campo considerato super partes, come Sky, o una presenza a tappeto modello Cav. prima delle politiche? Tra Genova e Milano venivano fatti i nomi di alcuni eletti papabili per l’arena televisiva, magari da “preparare” a una serie di interviste singole: Luigi Di Maio, Roberto Fico, Laura Castelli, Riccardo Nuti, Alessandro Di Battista, il deputato che l’altra sera, collegato con “Piazza pulita”, affiancava il candidato sindaco romano sconfitto Marcello De Vito senza ricorrere a quello che Marco Travaglio, sul Fatto, ha chiamato il “foglietto prestampato” (“pure Travaglio ci critica”, si lamentava, amaro, un deputato).

    Intanto, nelle ore concitate del dopo- flop, prendeva piede l’ipotesi di “intensificare” le riunioni finora mensili tra Grillo e gli eletti – anche quelle, in verità, a rischio boomerang, vista com’è finita l’ultima (argomento: la diaria). Per far passare la “nuttata”, allora, così si ragionava nell’inner circle vicino al duo Grillo-Casaleggio, la strada poteva essere far concentrare gli eletti su “cose concrete”. Primo: convergere di fatto con il Pd sulla legge elettorale (tornare al mattarellum), come tappa di un possibile riscatto mediatico agli occhi della base internettiana inferocita per i “no” a tutto (ma in serata si pensava a una mozione distinta sulle riforme). Secondo: dare importanza alla battaglia per la presidenza della Vigilanza Rai (ma andava in scena, ieri, anche una lotta neanche troppo sotterranea con Sel per il Copasir, a costo di andare “fuori tema” rispetto alla discussione in Aula, come notava il vicepresidente pd della Camera Roberto Giachetti). Terzo obiettivo minimalista, per i Cinque stelle ammaccati, era spostare l’attenzione dalla diaria grillina alle presenze acciuffa-diaria altrui (i parlamentari degli altri partiti sono assenti il giorno in cui non si vota, denunciava Carla Ruocco). Ma siccome il Web che tutto perdonava ora nulla perdona (a Grillo), il problema vero è lì, sul Web, più che in Aula o sul territorio, anche se poi il radicamento mancante non fa presagire per il M5s un percorso simile alla Lega, a lungo resistente nelle tempeste.

    Come rimettere nella lampada di Aladino la rabbia liberata senza troppo badare alle sottigliezze: questo è il punto, ora, per Grillo e Casaleggio. Tanto più che la voglia di evoluzione degli eletti che pensano sia urgente “sporcarsi le mani” confina con il pericolo della dissoluzione: “Fai come gli altri? Sei come gli altri”, è il ragionamento di una parte della base dura e pura, ossessiva su Facebook anche se per il momento sovrastata dai delusi epidermici, quelli pronti a dire, come ieri sul blog dell’ex comico, che “Grillo non ha capito un benemerito”. Continuare come nulla fosse non si può, fuggire in tour teatrale non ancora, dare la colpa all’elettore “un po’ ingrato”, come ha fatto il vicepresidente grillino della Camera Luigi Di Maio, nemmeno. Grillo si trova ora nella spiacevole posizione di non poter fare Grillo, e di dover in qualche modo concedere ai suoi di fare i suoi (che la tv sia il male minore, a questo punto, è tutto da vedere; che basti smettere di lanciare anatemi contro i trasgressori anche).

    L'editoriale Il malpartito dei sindaci

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.