In che senso le amministrative hanno premiato la grande coalizione

Claudio Cerasa

Cercare di inserire all’interno di una cornice nazionale il risultato uscito dal primo turno delle amministrative di ieri non è facile e per certi versi è un puro esercizio di stile, perché in tutti i comuni in cui si è andato a votare ci sono storie squisitamente locali alle quali sarebbe azzardato dare un senso extra territoriale. Oggi, naturalmente, molti giornali si concentreranno sull’“incredibile” calo dell’affluenza, noteranno il grande divario con i numeri registrati alle elezioni di cinque anni fa (52 per cento oggi, 73 per cento nel 2008), si dimenticheranno di dire che a Roma in realtà il termine di paragone sull’affluenza va ricercato nell’ultima elezione avvenuta senza il traino del voto nazionale.

Perché le larghe intese fanno bene al Pd di Morando e Tonini

    Cercare di inserire all’interno di una cornice nazionale il risultato uscito dal primo turno delle amministrative di ieri non è facile e per certi versi è un puro esercizio di stile, perché in tutti i comuni in cui si è andato a votare ci sono storie squisitamente locali alle quali sarebbe azzardato dare un senso extra territoriale. Oggi, naturalmente, molti giornali si concentreranno sull’“incredibile” calo dell’affluenza, noteranno il grande divario con i numeri registrati alle elezioni di cinque anni fa (52 per cento oggi, 73 per cento nel 2008), si dimenticheranno di dire che a Roma in realtà il termine di paragone sull’affluenza va ricercato nell’ultima elezione avvenuta senza il traino del voto nazionale (ovvero le regionali del 2010, e a Roma l’affluenza non fu molto diversa da quella di oggi, 56,5 per cento) e un po’ per drammatizzare eviteranno di dire che un’affluenza del 62 per cento è un risultato perfettamente in linea con la media degli altri paesi europei. Dunque, di che stiamo parlando? L’unico vero spunto di riflessione offerto da queste elezioni, a pensarci bene, riguarda un dato direttamente collegato al risultato negativo registrato dal Movimento 5 stelle, che come al solito è arrivato terzo praticamente ovunque. E la questione è la seguente: i due principali partiti che sostengono il governo, Pd e Pdl, in tutte le città capoluogo di provincia in cui si è votato hanno occupato le prime due posizioni del podio: dimostrando così che le larghe intese non hanno alimentato una spinta “anti sistema” tale da punire i due azionisti di maggioranza della grande coalizione e che le forme di protesta sciatte, confuse e disordinate non vengono premiate, e anzi vengono semplicemente castigate.

    E’ vero: ogni caso fa scuola a sé, e a Roma non si può dire che Marino (azionista di maggioranza della sinistra alla Rodotà) sia un candidato allineato con i principi della grande coalizione. Ma il risultato di ieri – complice anche il sistema elettorale a doppio turno che come è noto non ostacola il bipolarismo, anzi lo impone, e se quel modello fosse stato applicato anche a livello nazionale il Movimento 5 stelle avrebbe fatto la stessa fine di Marine Le Pen in Francia, e avrebbe aiutato il nostro paese ad avere un governo puro – rappresenta un segnale confortante per Enrico Letta e Angelino Alfano e in qualche modo incoraggia le larghe intese. A fare cosa? Il saggio offerto nel Foglio da Enrico Morando e Giorgio Tonini lo spiega bene. E spiega pure perché il bipolarismo può rinascere anche ripartendo da una stranissima maggioranza.

    Perché le larghe intese fanno bene al Pd di Morando e Tonini

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.