No austerità, no riforme?
Bruxelles allenta i vincoli, l'Italia esce dalla procedura d'infrazione
Ieri la Commissione europea ha decretato la fine della stagione dell’austerità, con la proposta di chiudere la procedura per deficit eccessivo per cinque stati membri e di concedere più tempo a sette paesi per riportare il disavanzo sotto il 3 per cento del pil. L’Italia – insieme a Ungheria, Lettonia, Lituania e Romania – è rientrata nel gruppo dei virtuosi che rispettano i limiti del Patto di stabilità europeo. Francia, Spagna, Slovenia e Polonia hanno ottenuto due anni in più per scendere sotto la soglia di Maastricht. Olanda e Portogallo avranno una proroga di un solo anno.
Bruxelles. Ieri la Commissione europea ha decretato la fine della stagione dell’austerità, con la proposta di chiudere la procedura per deficit eccessivo per cinque stati membri e di concedere più tempo a sette paesi per riportare il disavanzo sotto il 3 per cento del pil. L’Italia – insieme a Ungheria, Lettonia, Lituania e Romania – è rientrata nel gruppo dei virtuosi che rispettano i limiti del Patto di stabilità europeo. Francia, Spagna, Slovenia e Polonia hanno ottenuto due anni in più per scendere sotto la soglia di Maastricht. Olanda e Portogallo avranno una proroga di un solo anno. Come il Belgio che, pur non avendo centrato alcuno degli impegni assunti con Bruxelles, è riuscito a evitare una multa fino allo 0,5 per cento del pil grazie a un piccolo trucchetto legale. “Il ritmo di consolidamento rallenterà ulteriormente”, ha annunciato il commissario agli Affari economici, Olli Rehn. Ma in cambio la Commissione chiede uno sforzo maggiore sul fronte delle riforme strutturali. Le “raccomandazioni specifiche” indirizzate a quasi tutti i paesi membri contengono una lunga lista di misure per rilanciare la competitività, introducendo maggiore flessibilità sul mercato del lavoro, liberalizzando il mercato dei servizi e riducendo la pressione fiscale sulle imprese. Anche la Germania è chiamata a dare un contributo: “Dovrebbe allineare i salari con la produttività il che significa aumentare i salari” per favorire la domanda interna, ha detto il presidente della Commissione, José Manuel Barroso. La svolta era stata preparata da tempo e imposta da una recessione molto più profonda e lunga del previsto, causata da politiche sempre più contestate dai partner e dalle organizzazioni internazionali.
Ieri l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha rivisto le sue previsioni economiche tracciando un quadro sempre più negativo. Quest’anno il pil nella zona euro dovrebbe contrarsi dello 0,6 per cento contro lo 0,1 per cento indicato a novembre. La ripresa nel 2014 sarà più lenta, fermandosi al 1,1 cento. Per l’Italia, “il necessario risanamento dei conti pubblici e le restrittive condizioni di credito hanno prolungato la recessione” che continuerà “per tutto il 2013”, sottolinea l’Ocse. La contrazione sarà dell’1,8 per cento quest’anno, con una ripresa di appena lo 0,4 il prossimo. Nella zona euro, il tasso di disoccupazione dovrebbe salire al 12,1 per cento nel 2013 e al 12,3 per cento nel 2014. “Dobbiamo fare tutto quanto è necessario per superare la crisi occupazionale”, ha avvertito Rehn, spiegando la nuova strategia. Ma, secondo alcuni analisti e osservatori comunitari, il grande scambio “austerità in cambio di riforme” rischia di fallire per la mancanza di volontà dei governi di attuare misure politicamente controverse e altamente impopolari. “Le raccomandazioni inviate alla Francia sono in netta contraddizione con il programma del presidente François Hollande”, dice al Foglio una fonte europea. Le raccomandazioni destinate a Hollande fanno della Francia il malato d’Europa. Parigi dovrebbe tagliare il costo del lavoro e ridurre il salario minimo; liberalizzare il settore dei servizi, comprese le professioni protette e il commercio; aprire alla concorrenza i settori dominati dai colossi nazionali, come l’energia e le ferrovie; abbassare il tasso delle imposte sui redditi e le società; riformare l’indennità di disoccupazione in modo da incoraggiare il ritorno al lavoro. I due anni in più concessi sul deficit sono dolorosi anche in termini di finanze pubbliche: Parigi dovrà ridurre il deficit dell’1,3 per cento quest’anno con tagli pesanti alla Pubblica amministrazione e riformare le pensioni entro la fine del 2013. Molti dubitano della reale volontà francese di seguire la ricetta prescritta da Bruxelles, ieri un riluttante Hollande ha detto che la “commissione non deve dettarci ciò che dobbiamo fare” riguardo la riforma previdenziale.
Le banche italiane preoccupano Bruxelles
Qualche mal di pancia c’è anche sull’Italia; “poco governabile” secondo il commissario tedesco, Günther Oettinger. Con le promesse del governo Letta su Imu e Iva c’è stata una “marcia indietro”, ha detto invece Rehn. Secondo le raccomandazioni, “l’elevatissimo rapporto debito-pil” deve essere messo su una “traiettoria stabilmente in discesa”. Perciò, malgrado l’uscita dalla procedura per deficit eccessivo, “l’Italia ha un margine di sicurezza molto piccolo”, ha detto Rehn: buona parte è stato destinato al pagamento dei debiti della Pa che “fornirà liquidità e stimoli all’economia italiana”. La novità è l’allarme sulle banche a causa del “volume ingente e in aumento di prestiti in sofferenza”, dicono le raccomandazioni. Per il resto, ricalcano quelle del 2012: “Migliorare l’efficienza” della Pa e della giustizia; “permettere un migliore allineamento dei salari alla produttività” con la contrattazione locale; “trasferire il carico fiscale da lavoro e capitali a consumi e beni immobili”; liberalizzare professioni e servizi. E’ un sintomo che le riforme non sono finite: “Se per altri paesi europei la crisi ha cambiato le priorità politiche, in Italia non è accaduto. Le priorità sono sempre le stesse: bassa produttività e debito troppo alto”, dice al Foglio un’altra fonte europea.
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