Il polo Rodotà e i soliti feticisti della Costituzione stretti attorno a Rep.

Marianna Rizzini

Sono orripilati, angosciati e “sbalorditi”, per dirla con lo Stefano Rodotà che non gradisce l’Enrico Letta potenzialmente semipresidenzialista, i guardiani (e i feticisti) della Costituzione che girano attorno alla festa di Repubblica (in programma dal 6 al 9 giugno, a Firenze) e ribadiscono il loro “no” alla svolta “leaderistica” che vedono in agguato dietro l’angolo, e quel che è peggio anche nel Pd. Ogni giorno è allarme, tra le sentinelle della Costituzione di casa a Rep. (vedi Roberto Saviano e Gustavo Zagrebelsky) e presso la sinistra di area Libertà e Giustizia non più informalmente interventista come nel 2011, ai tempi del Palasharp, quando, al grido di “dimissioni” (del Cav.), sognava neanche tanto segretamente il potere autorevole (forte) che dal Colle tutto sistema.

    Sono orripilati, angosciati e “sbalorditi”, per dirla con lo Stefano Rodotà che non gradisce l’Enrico Letta potenzialmente semipresidenzialista, i guardiani (e i feticisti) della Costituzione che girano attorno alla festa di Repubblica (in programma dal 6 al 9 giugno, a Firenze) e ribadiscono il loro “no” alla svolta “leaderistica” che vedono in agguato dietro l’angolo, e quel che è peggio anche nel Pd. Ogni giorno è allarme, tra le sentinelle della Costituzione di casa a Rep. (vedi Roberto Saviano e Gustavo Zagrebelsky) e presso la sinistra di area Libertà e Giustizia non più informalmente interventista come nel 2011, ai tempi del Palasharp, quando, al grido di “dimissioni” (del Cav.), sognava neanche tanto segretamente il potere autorevole (forte) che dal Colle tutto sistema. E dunque il Fondatore di Rep. Eugenio Scalfari, domenica scorsa, nel suo editoriale, assicurava di non essere il solo a mostrare contrarietà al progetto presidenzialista, e anzi di essere in buonissima compagnia: con Rodotà, appunto, e con lo stesso presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, pronto a spiegare proprio a Firenze, scriveva il Fondatore, il perché del suo “no” alla riforma così sgradita al quotidiano di Largo Fochetti. (Giorgio Napolitano si dice “neutrale” sul tema, ma anche sulle pagine del più semipresidenzialista Corriere della Sera, schierato sul fronte del “sì” con i suoi editoralisti Angelo Panebianco e Antonio Polito, viene descritto con molti “dubbi” sull’elezione diretta – motivo per cui il fronte del “no” si sente oltremodo rincuorato). Ieri, poi, all’indomani di una giornata di guardia alla Costituzione in quel di Bologna, con il “polo Rodotà” in piazza al completo accanto alla Fiom e a Sel, Repubblica tornava all’attacco dei folli progetti riformisti appoggiati non solo da Letta, ma anche da Romano Prodi, Walter Veltroni, Matteo Renzi e Arturo Parisi, con un monito di Ezio Mauro in prima pagina: “Si mette mano alla Costituzione senza un disegno generale e un sentimento dello stato condivisi, cercando in tal modo di far durare il governo per ragioni esterne, di semplificare i meccanismi istituzionali nella direzione del leaderismo carismatico… E non dimentichiamo che la scorciatoia presidenzialista sembra una corsia privilegiata per i due opposti populismi che occupano in questa fase la scena”.

    Vi immaginate in Italia un ballottaggio tra Berlusconi e Grillo?, aveva detto d’altronde il prof. Rodotà, scaricato dall’ex comico stufo della sinistra che vuole scippargli il movimento – figurarsi il disappunto degli esponenti di quella sinistra a vedere lo stesso Grillo bocciare proprio come loro, ieri, la svolta presidenzialista di cui già lo pensavano beneficiario (con il Cav.). Non si capacitavano, i detrattori della riforma in chiave francese, da Rosy Bindi (“illusione”) ad Antonio Di Pietro (“proposta oscena”) ad Antonio Ingroia a Nichi Vendola (“vogliono seppellire viva la Costituzione”) di scorgere così tanti esponenti del Pd pronti a incamminarsi sulla via. E se dal Pd Anna Finocchiaro e Nicola Latorre aprivano un varco (ma Massimo D’Alema diceva “meglio un capo di stato super partes”), l’idea di aggregare la gauche “progressista” attorno all’immobilismo costituzionale allettava il vasto mondo delle rivoluzioni civili da poco sconfitte alle elezioni politiche, ora galvanizzate dalla lotta contro il nuovo “inciucio” delle larghe intese riformatrici. Peccato che la piazza del “no” fosse frequentata da molte delle personalità che due anni fa, pur di avere un altro premier a Palazzo Chigi, e sventolando incessantemente le “dieci domande” di Rep., sognavano in cuor loro, ma anche apertamente, le larghissime intese “NoB.”.

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.