“The Nsa whistleblower”

Mr. Snowden per tutti è un eroe, ma per Obama è un traditore o una spia

Paola Peduzzi

Sono disposto a sacrificare tutto se non voglio “poi sentirmi in colpa”, ha detto Edward Snowden, famiglia, lavoro, tranquillità, “perché non posso permettere al governo americano di distruggere la privacy, la libertà su Internet, le libertà fondamentali di tutti nel mondo con questa enorme macchina di sorveglianza che sta costruendo”. Con queste parole Snowden, il ventinovenne ex tecnico della Cia che ha fornito i documenti pubblicati da Guardian e Washington Post che raccontano le operazioni della National Security Agency (Nsa), il programma Prism e la “scrematura” dei dati di Boundless Informant, cioè come il governo americano sorveglia e controlla i suoi cittadini e coloro che transitano per i server americani (cioè tutti), ha giustificato le sue azioni.

    Sono disposto a sacrificare tutto se non voglio “poi sentirmi in colpa”, ha detto Edward Snowden, famiglia, lavoro, tranquillità, “perché non posso permettere al governo americano di distruggere la privacy, la libertà su Internet, le libertà fondamentali di tutti nel mondo con questa enorme macchina di sorveglianza che sta costruendo”. Con queste parole Snowden, il ventinovenne ex tecnico della Cia che ha fornito i documenti pubblicati da Guardian e Washington Post che raccontano le operazioni della National Security Agency (Nsa), il programma Prism e la “scrematura” dei dati di Boundless Informant, cioè come il governo americano sorveglia e controlla i suoi cittadini e coloro che transitano per i server americani (cioè tutti), ha giustificato le sue azioni. S’è guadagnato così il titolo “The whistleblower”, sul Guardian ieri. Il “whistleblower” è una delle figure-simbolo della cultura americana, colui che sfida censure e conformismi per raccontare come stanno le cose, le cose dello stato principalmente, ma anche delle grandi aziende. E’ un martire civile, il “whistleblower”, non un delatore o una spia: nel 2002 il magazine Time dedicò la copertina della persona dell’anno a tre signore, a tre “whistleblower” dell’Fbi, di Enron e di Wolrdcom, simbolo dell’eroismo civico di alcuni cittadini illuminati. Ma Edward Snowden è il “Nsa whistleblower”, è un eroe o è una spia? E se Hong Kong, dove si è rifugiato, decidesse di estradarlo – come pare abbia intenzione di fare, secondo alcuni – negli Stati Uniti, come verrebbe trattato? E’ facile immaginare che il presidente Barack Obama, se potesse, lo infilerebbe a Guantanamo sicuro di non vederlo mai più; il direttore della National Intelligence, James Clapper, ha detto di aver aperto un’inchiesta penale contro chi ha fatto “questo grave danno alle capacità dell’intelligence”. Può Obama, nella crisi di credibilità in cui è, permettersi di incriminare un eroe? Gli esperti citano i casi precedenti, applicando l’Espionage Act si rischiano dieci anni di carcere: ma non c’è nulla di paragonabile a questo leak che, come scrive Politico, “ha smascherato l’intero sistema dell’intelligence antiterrorismo”.

    Usa Today ha messo a tema la questione – eroe o spione, dei cinesi magari, visto che è andato fin laggiù a rifugiarsi? – nell’editoriale di ieri: aver aperto il dibattito, scrive l’Editorial Board del quotidiano, su un tema tanto importante va nella direzione dell’eroismo (assieme al fatto che Snowden guadagnava 200 mila dollari l’anno e non ha voluto lucrare sullo scoop), pure se il reato c’è stato: quei documenti non erano divulgabili e l’attività delle agenzie del governo non è illegale. L’autore dello scoop, il chiacchieratissimo Glenn Greenwald, ha avuto uno scontro ieri mattina durante la trasmissione “Morning Joe” su Msnbc, perché non ha risposto a una domanda diretta: quel che fa Obama è legale o illegale? Greenwald sostiene che il governo abusa del suo potere sui temi della sicurezza, ma in realtà, come ha detto imbarazzato lo stesso presidente, tutto quel che è stato svelato dagli scoop non è illegale: il governo dice di non spiare illegalmente gli americani (nel caso serve un mandato di un giudice) e che il Congresso è al corrente come ha sottolineato lo stesso Clapper, quando ha detto che il Congresso è stato informato 13 volte su Prism, dal 2009 a oggi, perché la sorveglianza permanente è garantita da una legge. David Simon, il creatore della serie tv “The Wire” che Obama ha definito “uno dei più grandi show di tutti i tempi”, ha spiegato in un lungo post sul suo blog che non c’è nulla di nuovo né di illegale nelle attività raccontate negli scoop: è stato ovviamente massacrato per aver voluto difendere il suo primo fan.

    Il problema di Obama non ha a che fare con la legalità, è una questione di trasparenza nei confronti dei cittadini da parte del presidente che voleva bonificare l’America dai segreti dei suoi predecessori: Obama ha ribadito poco meno di un mese fa – parlando di droni, un’altra ipocrisia – che l’America deve smetterla di pensare come se fosse in guerra per sempre, ne va dell’essenza stessa della democrazia americana. Ora un ragazzo esperto di computer che ha lavorato per un po’ alla Cia e per un altro po’ nell’indotto del business legato a intelligence-controterrorismo-sicurezza nazionale è già un eroe per tutti, mentre per il governo americano è un criminale. Un criminale da riportare in America, per di più, con tutto quel che ne deriva sui rapporti tra Hong Kong, l’America e la Cina (Snowden dice di temere una rendition, e lo dice senza un’ombra di ironia).

    Questo enorme business legato alla sicurezza nazionale spiega anche perché Snowden abbia avuto accesso a documenti tanto sensibili. Lavorava alla Booz Allen Hamilton (soltanto per tre mesi, dicono dalla compagnia), un’azienda che lavora quasi esclusivamente con la National Security Intelligence e altre agenzie legate alla sicurezza: “Il suo unico cliente è il governo americano”, scrive il New York Times. Ma la Booz Allen non è sola: secondo un report del Washington Post del dicembre scorso, in questo business, dal 2011 a oggi, sono entrate 1.271 organizzazioni governative e ben 1.931 compagnie private. La sicurezza nazionale e l’intelligence dipendono dai contractor (a tal punto che Clapper era uno di loro: era un manager della Booz Allen per l’appunto), che hanno il potere, come ha detto Snowden, “di stare seduti alla scrivania e registrare chiunque”, persino il presidente, oltre che “di spegnere l’intero sistema di controllo in un pomeriggio”. Hai voglia a sorvegliarli tutti, questi contractor.

    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi