Il loico delirio dei brevetti sulla genetica umana e il monito di Lincoln
Se non avesse altri meriti, il film di Steven Spielberg andrebbe premiato soltanto per aver fatto citare a Lincoln Gerusalemme ed Euclide: nel cuore abita la massima aspirazione di calcare le pietre della Città santa, nella mente abita la logica del grande matematico che ha insegnato che, se due cose sono uguali a una terza, sono uguali tra loro. Sono i fondamenti profondi della civiltà occidentale che risalgono all’idea di pensare Atene come un quartiere di Gerusalemme, i grandi pensatori greci come eredi di Mosé e antesignani di Cristo (“precursor Christi in naturalibus”, si diceva di Aristotele).
Se non avesse altri meriti, il film di Steven Spielberg andrebbe premiato soltanto per aver fatto citare a Lincoln Gerusalemme ed Euclide: nel cuore abita la massima aspirazione di calcare le pietre della Città santa, nella mente abita la logica del grande matematico che ha insegnato che, se due cose sono uguali a una terza, sono uguali tra loro. Sono i fondamenti profondi della civiltà occidentale che risalgono all’idea di pensare Atene come un quartiere di Gerusalemme, i grandi pensatori greci come eredi di Mosé e antesignani di Cristo (“precursor Christi in naturalibus”, si diceva di Aristotele). Naturalmente in Lincoln abitavano anche gli spiriti animali del capitalismo e – a proposito della controversa questione dei “brevetti della vita”, divenuta bollente di fronte al diffondersi della pratica di asportare gli organi geneticamente difettosi – Massimo Gaggi ha ricordato un’altra frase di Lincoln che è alla base del principio della messa in Costituzione dei brevetti: “Il fuoco del genio va alimentato col carburante dell’interesse”.
Ma qui occorre andarci cauti perché quell’idea del ruolo dell’interesse e del denaro nel progresso materiale e sociale si stagliava sul fondale di una visione profondamente morale e religiosa che permeava tutta la società americana. Ripensare a quella frase sullo sfondo secolarizzato di oggi evoca un senso di profondo spaesamento. Nel contesto attuale è pensabile di usare il carburante dell’interesse anche appropriandosi con brevetti del materiale genetico della persona umana: qualcosa di inconcepibile per un americano dell’epoca di Lincoln, non soltanto in termini di realizzabilità e ragionevolezza, ma dal punto di vista morale. Fino a poco tempo fa quando si pensava al “fuoco del genio”, all’invenzione tecnologica, l’uomo restava al di fuori dello scenario: egli era il soggetto e mai l’oggetto del processo. In fondo, vediamo proprio qui come tutte le categorie con cui continuiamo a ragionare, anche in economia, sono obsolete rispetto a un’immagine del capitalismo che la tecnoscienza ha modificato in profondità, mettendone fuori gioco anche i miti fondatori, per cui riferirsi a essi come a pilastri imperituri in un fondale radicalmente mutato, appare derisorio e impotente. Con lo slogan “From Plato to Nato”, emblema del rifiuto postmoderno dell’“essenzialismo”, Euclide e Gerusalemme sono stati rottamati.
La questione della legittimità di brevettare la genetica umana è ora di fronte alla Corte suprema degli Stati Uniti e, siccome la questione morale non è più dirimente, lo è divenuta quella scientifica. A chi afferma che la scoperta di una pianta o di un insetto sconosciuti non danno diritto di brevettarli, la difesa della società Myriad Genetics oppone che le sequenze genetiche non esistono in natura e che la decisione di dove iniziano e dove finiscono non ha nulla di naturale: si sta brevettando un’“astrazione” derivante da un’analisi scientifica che isola un gene in quanto ritenuto un fattore di rischio di una malattia. A ben vedere, si tratta di un’osservazione fondata, ma proprio per questo rivela la paranoia delirante che è alla base della pretesa di ricavarne un diritto al brevetto. Quel che la difesa della Myriad Genetics sta descrivendo è, né più né meno, il procedere della scienza, di tutta la scienza. Di conseguenza, ne discenderebbe il diritto di brevettare ogni parte della natura che sia stata identificata mediante un’astrazione scientifica. Ad esempio, l’elettrone nacque astrattamente, come l’idea della quantità fondamentale di carica elettrica, e soltanto dopo venne riempito di un riferimento concreto, materiale, isolando una particella corrispondente a quel concetto. Se è fondato il ragionamento della difesa della Myriad Genetics – e lo è – assai sciocco fu chi non pensò di brevettare l’elettrone (o sfortunato, se non poteva farlo): oggi sarebbe padrone di mezzo mondo. Si potrebbe continuare a divertirsi con degli esempi.
Chi può dire seriamente che i campi magnetici, i campi di forze, o l’attrazione gravitazionale esistano in natura? Sono costruzioni scientifiche ottenute isolando dei fattori, e discriminando, nell’intrico dei fenomeni, dove iniziano e finiscono. A suon di brevetti, gli eredi di Newton e di Maxwell sarebbero i signori dell’universo e non si potrebbe neanche fare un salto in alto o farsi cascare una mela in testa senza pagare loro una quota.
Purtroppo siamo di fronte al delirio di potenza di una tecnoscienza che non ammette limiti al proprio operare. L’unico freno potrebbe essere posto da un uso ragionevole della ragione e dei principi morali. Ma le voci di Euclide e di Gerusalemme sono ormai molto flebili.
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