No all'euro con “l'assicurazione casco”. Tesi merkeliane anti Draghi
Ieri era il welfare, oggi è il sistema bancario e la domanda aggregata. Lo stato moderno vuole garantire ogni cosa, senza lasciare nulla al caso e rischiando così esso stesso di fallire. E’ la mentalità dell’“assicurazione pubblica”, come la chiama Ludger Schuknecht, capo economista del ministero delle Finanze di Berlino, che lunedì sarà ospite dell’Istituto Bruno Leoni a Firenze per la “Lectio Minghetti”. Il discorso di Schuknecht, che il Foglio ha letto, lambirà (in maniera critica) anche le attuali scelte della Banca centrale europea, partendo da un assunto: se in Europa siamo in crisi e i nostri debiti pubblici sono alle corde è perché gli stati si sono accollati troppi rischi.
Ieri era il welfare, oggi è il sistema bancario e la domanda aggregata. Lo stato moderno vuole garantire ogni cosa, senza lasciare nulla al caso e rischiando così esso stesso di fallire. E’ la mentalità dell’“assicurazione pubblica”, come la chiama Ludger Schuknecht, capo economista del ministero delle Finanze di Berlino, che lunedì sarà ospite dell’Istituto Bruno Leoni a Firenze per la “Lectio Minghetti”. Il discorso di Schuknecht, che il Foglio ha letto, lambirà (in maniera critica) anche le attuali scelte della Banca centrale europea, partendo da un assunto: se in Europa siamo in crisi e i nostri debiti pubblici sono alle corde è perché gli stati si sono accollati troppi rischi. L’assicurazione è uno strumento che consente di spalmare i rischi e aumentare il benessere generale, ma può anche indurre a sottovalutare i comportamenti rischiosi e ad adottarne in gran quantità. Sotto la spinta delle idee keynesiane, il “ruolo assicurativo” dello stato moderno è andato via via ampliandosi, senza mai conoscere tregua. E con esso è andata aumentando anche la spesa pubblica. “I governi – spiega Schuknecht – hanno fornito forme di assicurazione contro la povertà e la disoccupazione tramite la creazione di posti di lavoro nel settore pubblico o programmi di lavori pubblici”. Quando ci si è accorti che neanche questo bastava per evitare che il caso prendesse il sopravvento, anche “le aziende e i comparti industriali dell’economia sono stati ‘assicurati’ contro gli sviluppi di mercato sfavorevoli tramite sussidi temporanei o permanenti”. Ora, con la crisi economica e finanziaria, siamo passati a una fase ulteriore.
La mentalità dell’assicurazione pubblica “ha impedito il fallimento di numerose banche al fine di salvaguardare i risparmi dei loro clienti”. Anche le Banche centrali, ragiona il tecnico del governo Merkel, sono entrate a far parte di questo circuito di assicurazione totale “attraverso misure non convenzionali comprendenti l’acquisto di asset pubblici e privati”. Schuknecht, che ovviamente lunedì preciserà di parlare a titolo personale, non fa sconti neanche alla attuale politica di eurosalvataggio, nella quale vede una pericolosa prosecuzione della mentalità dell’“assicurazione pubblica”. I pacchetti di salvataggio di oggi e gli Eurobond di domani hanno gravi implicazioni redistributive: oltre ad aumentare i costi per i contribuenti, favoriscono “il settore finanziario ed i proprietari delle grandi fortune”, in altre parole chi investe non risponde dei suoi investimenti. Anche affidare il ruolo di prestatore di ultima istanza alle Banche centrali sarebbe rischioso e porterebbe con sé conseguenze indesiderate. Finché non vi sono crisi di solvibilità all’orizzonte, nessun problema. Ma quando i governi perdono credibilità e la solvibilità di uno stato viene meno, anche le Banche centrali possono essere trascinate nel gorgo del fallimento, condannando i contribuenti a enormi perdite. Di qui l’invito di Schuknecht a non confondere mai politica monetaria e politica fiscale. Che poi è lo stesso argomento utilizzato dal governatore della Bundesbank, Jens Weidmann, nella sua arringa anti Mario Draghi alla Corte di Karlsruhe per il “processo” all’Omt, il piano di acquisti illimitati di bond della Bce.
Per evitare che gli stati crollino sotto il peso delle “assicurazioni” contratte, Schuknecht propone una via d’uscita. Da un lato l’“assicurazione pubblica” va limitata, abbassando la spesa statale. Dall’altro, suggerisce Schuknecht, vanno migliorate le politiche di assicurazione pubblica, individuando incentivi più adeguati per ripartire il rischio. In particolare, il bail in, ossia la partecipazione dei creditori ai costi di un fallimento andrebbe sempre preferito al bail out, l’esternalizzazione dei costi sul contribuente. Per evitare che il governo spenda troppo, invece, “il miglior controllo sono le regole di bilancio che permettono solo uno scostamento limitato dei deficit entro i limiti degli stabilizzatori automatici”.
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