Child genius

Annalena Benini

E’ difficile resistere alla tentazione di sedersi in prima fila, telecamera in faccia e occhi lucidi d’orgoglio, a guardare il proprio prodigioso bambino che trionfa sugli altri a scacchi, che sbaraglia i concorrenti nelle equazioni a mente, che viene proclamato il più intelligente, anzi il più genio, del paese. Non è forse il coronamento di tutte le fatiche, di tutti quei pomeriggi passati in casa a farlo studiare, invece che lasciargli guardare i cartoni animati, invece che uscire a mangiare una pizza? Ed è, anche, il riscatto: non sono diventata una grande ballerina, ma almeno mia figlia è un genio.

    E’ difficile resistere alla tentazione di sedersi in prima fila, telecamera in faccia e occhi lucidi d’orgoglio, a guardare il proprio prodigioso bambino che trionfa sugli altri a scacchi, che sbaraglia i concorrenti nelle equazioni a mente, che viene proclamato il più intelligente, anzi il più genio, del paese. Non è forse il coronamento di tutte le fatiche, di tutti quei pomeriggi passati in casa a farlo studiare, invece che lasciargli guardare i cartoni animati, invece che uscire a mangiare una pizza? Ed è, anche, il riscatto: non sono diventata una grande ballerina, ma almeno mia figlia è un genio. Una nuova trasmissione televisiva inglese, “Child Genius”, ha scelto ventun bambini fra i sette e gli undici anni per farli partecipare alla competizione da cui uscirà il piccolo genio d’Inghilterra. Questi bambini sono selezionati dal due per cento della popolazione più intelligente, quindi sono già stati esaminati, interrogati, e i genitori hanno già potuto dire di loro: mio figlio è un genio. E adesso il mondo può guardare lo spettacolo della loro vita quotidiana, a casa con la mamma a suonare il violino, oppure a lamentarsi perché “non sopporto la gente stupida” (Hugo, dieci anni, frustrato dal fatto che quasi nessuno è intelligente come lui), e osservare le interazioni, spesso complicate, con gli altri piccoli geni, e le gare a colpi di cultura generale, spelling, logica, matematica, grattandosi il naso, sbuffando, sistemandosi gli occhiali, per il titolo di più superdotato.

    Fa un po’ spavento e tenerezza insieme vedere una bambina di sette anni, campionessa di Scarabeo, scrivere “onomatopea” sul tabellone, mentre il padre piange di gioia. Ed è interessante soprattutto la reazione dei genitori all’eccezionalità dei propri figli: un padre, ex poliziotto di Hong Kong, ha trasformato la casa in un campo di addestramento militare per il cervello: “O hai una vita disciplinata nei primi sedici anni e ti godi i restanti sessanta, o fai quello che vuoi e diventi depresso, senza casa, con la sola speranza di non venire ucciso da un’overdose di farmaci o in un combattimento fra gang”: per fortuna il ragazzino non è stato eliminato al primo turno. La mamma di Josh, bambino di otto anni molto bravo a giocare a scacchi, ha rinunciato alla propria carriera di architetto per allenare il figlio, cinquanta ore alla settimana. Il piccolo però ha avuto una specie di attacco di panico in gara, ed è stato bocciato in un quiz. Una giornalista dell’Independent ha scritto che avrebbe voluto saltare dentro lo schermo e salvare quel bambino dalla madre, ma davanti al talento dei figli non c’è sempre e soltanto l’ambizione dei genitori: che cosa è giusto fare quando un bambino si rivela brillante, perfino troppo? La madre di Hugo, appassionata di treni, avrebbe voluto fare finta di niente, vederlo giocare a pallone al campetto sotto casa, ma lui faceva domande in continuazione.

    E non gli bastava mai, non era mai contento, la normalità degli altri lo infastidiva (“è nel due per cento dei bambini più intelligenti, ma è anche nel cinque per cento di bambini più irritanti”), così alla fine la madre ha ceduto alle sue qualità speciali, per renderlo felice, per liberarsi un po’ di quella fame nervosa di sapere. E’ la segreta speranza di tutti i genitori di bambini normali che guardano le evoluzioni degli iperdotati: saranno anche geni, ma sono insopportabili.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.