Far pagare paga

Piero Vietti

Far pagare paga. Devono esserne ormai più che certi, almeno in America, dato che giornali e riviste online stanno da tempo rafforzando i loro paywall, le barriere che permettono di leggere gli articoli solo se abbonati. E’ il caso del New York Times, che negli anni ha diminuito drasticamente il numero di pezzi che si possono leggere gratis sul sito, e ora si accinge a fare lo stesso sulle applicazioni per smartphone e tablet.

    Far pagare paga. Devono esserne ormai più che certi, almeno in America, dato che giornali e riviste online stanno da tempo rafforzando i loro paywall, le barriere che permettono di leggere gli articoli solo se abbonati. E’ il caso del New York Times, che negli anni ha diminuito drasticamente il numero di pezzi che si possono leggere gratis sul sito, e ora si accinge a fare lo stesso sulle applicazioni per smartphone e tablet. Fino a oggi infatti i lettori potevano leggere quindici articoli senza sborsare un centesimo sui dispositivi mobili. Da giovedì prossimo gli articoli gratis saranno soltanto tre: chi vorrà leggerne di più dovrà pagare. Non si torna indietro, dunque, e il trend dell’informazione americana a pagamento sembra avere ormai raccolto consensi in tutto il mondo. In Italia si parla da mesi in toni ufficiosi di un prossimo passaggio a pagamento dei siti dei principali quotidiani italiani. Che il momento sia quello giusto è indicato anche da una recente ricerca dell’istituto di studi sul giornalismo della Reuters presso l’Università di Oxford, la quale sostiene che i lettori di tutto il mondo siano sempre più inclini a pagare per le notizie online e che molti già lo facciano con continuità. I supporti decisivi per questo passaggio sono proprio tablet e smartphone, e le persone più propense a pagare sono i giovani tra i 15 e i 34 anni, i massimi utilizzatori di tali supporti. Questa disponibilità è più accentuata nei paesi dove l’offerta di informazione online è alta. Là dove gli editori sono restii a investire sul digitale, la gente sente meno il bisogno di informarsi, e conseguentemente di pagare per informarsi.

    N.B. L’Italia non è nemmeno considerata in questa ricerca di Reuters: siamo un paese ancora troppo poco connesso.

    • Piero Vietti
    • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.