Le radici giudaico-cristiane-pop di Superman, altro che l'Ubermensch
Jerry Siegel e Joe Shuster nella coda dell’occhio avevano Mosè, più che l’Übermensch, quando crearono Superman negli anni Trenta. Il nome criptoniano di Clark Kent, Kal-El, è il calco di un epiteto ebraico che sta per “voce di Dio” e i topoi veterotestamentari si rincorrono lungo tutta l’avventura umana dell’occhialuto giornalista che, alla bisogna, butta il trench e si trasforma in supereroe con mantello e tirabaci per salvare il pianeta: i genitori naturali abbandonano il figlio per salvarlo e lui si prodiga per guidare il popolo minacciato verso la salvezza; i superpoteri che gli derivano dal legame ultramondano non lo affrancano dalle contraddizioni del vivere, non gli risparmiano sofferenze e dilemmi, non basta volare sui tetti del mondo per cancellare l’inquietudine interiore e annullare le minacce.
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New York. Jerry Siegel e Joe Shuster nella coda dell’occhio avevano Mosè, più che l’Übermensch, quando crearono Superman negli anni Trenta. Il nome criptoniano di Clark Kent, Kal-El, è il calco di un epiteto ebraico che sta per “voce di Dio” e i topoi veterotestamentari si rincorrono lungo tutta l’avventura umana dell’occhialuto giornalista che, alla bisogna, butta il trench e si trasforma in supereroe con mantello e tirabaci per salvare il pianeta: i genitori naturali abbandonano il figlio per salvarlo e lui si prodiga per guidare il popolo minacciato verso la salvezza; i superpoteri che gli derivano dal legame ultramondano non lo affrancano dalle contraddizioni del vivere, non gli risparmiano sofferenze e dilemmi, non basta volare sui tetti del mondo per cancellare l’inquietudine interiore e annullare le minacce.
La dura cervice del popolo che non lo riconosce, lo contesta, adora vitelli d’oro e poi, pentito, ritorna sotto la sua guida è sempre sullo sfondo della narrazione. Poi c’è la criptonite, elemento sublime e dannato che rovescia le sorti della narrazione in quel modo repentino che è comune nella storia del popolo d’Israele. David Goyer, ebreo come i padri di Superman, ha traghettato il supereroe dall’Antico al Nuovo testamento. Lo screenwriter di “Man of Steel”, l’ultimo adattamento cinematografico del fumetto uscito la settimana scorsa in America e prodotto da Christopher Nolan – il creatore della trilogia di Batman – ha dato un tocco cristologico alla figura mosaica, ne ha fatto una crasi pop che si muove in meandri evangelici a tal punto espliciti che la Warner Bros ha messo a disposizione di preti e pastori una gran quantità di materiali per agevolare il parallelo. Il testo “Gesù, il supereroe originario” offre elementi per spiegare la figura di Gesù attraverso il più elettrizzante paragone con l’eroe in tuta aderente, mentre “Gesù: più di un Superman” è il ponte che permette di superare l’immaginario fumettistico.
Il regista di “Man of Steel”, Zack Snyder, ha completato il parallelo con la forza delle immagini: il supereroe votato al sacrificio per la salvezza degli uomini si libra nell’aria con le braccia allargate che sono insieme crocefissione e abbraccio cosmico. Quando si perde interviene il padre naturale, Jor-El (El è sempre un riferimento aramaico al divino), che appare in una visione onirico-mistica a dare provvidenziali suggerimenti; oppure Kent cerca conforto nelle parole di un prete e un’inquadratura persino troppo ovvia lo accosta a un dipinto di Gesù. Il padre terrestre di Clark è un contadino di umili origini che custodisce il figlio venuto da chissà dove con amore serafico. Nel libro “The Gospel According to the World’s Greatest Superhero”, Stephen Skelton sostiene che originariamente i creatori di Superman avevano chiamato i genitori putativi dell’eroe Giuseppe e Maria e soltanto più tardi si sono trasformati in Jonathan e Martha. Superman è eroe docile che vive nel nascondimento fino al momento in cui si risolve per una rivelazione che non arriva come un sontuoso fuoco d’artificio ma come un disvelamento graduale. Naturalmente compaiono gli stilemi dell’epica precristiana, da Beowulf a Gilgamesh passando per la Grecia, ma “Man of Steel” rende esplicite le radici giudaico-cristiane di quel Superman che è spesso stato declassato a simbolo di un “american way of life” in cui l’uomo supera se stesso con le proprie forze. Non è la prima volta che le produzioni di Nolan mettono il supereroe dei fumetti su uno sfondo religioso. Batman si batte contro un male insensato e diabolico e nella vicenda compaiono il sacrifico e la risurrezione. Nolan ha co-prodotto anche “Transcendence”, opera sci-fi che uscirà l’anno prossimo negli Stati Uniti, in cui uno scienziato si affanna attorno alla ricerca della singolarità tecnologica per riportare in vita i morti, altro surrogato di una religiosità articolata in linguaggio pop.
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