Le sciocchezze sull'obiezione di coscienza raccontate dai bioeticisti alle vongole
L’obiezione di coscienza mette in discussione l’applicazione della legge 194 impedendo a molte donne che vorrebbero farlo di ricorrere all’Ivg e risospingendo così molte di loro verso l’aborto illegale o clandestino? E’ la tesi che circola. Rilanciata con forza ultimamente da Repubblica e MicroMega, supportati dalla Laiga, la Lega italiana per l’applicazione della 194, che da anni denuncia il “dilagare dell’obiezione di coscienza nel nostro paese” e la conseguente ripresa dell’aborto illegale.
L’obiezione di coscienza mette in discussione l’applicazione della legge 194 impedendo a molte donne che vorrebbero farlo di ricorrere all’Ivg e risospingendo così molte di loro verso l’aborto illegale o clandestino? E’ la tesi che circola. Rilanciata con forza ultimamente da Repubblica e MicroMega, supportati dalla Laiga, la Lega italiana per l’applicazione della 194, che da anni denuncia il “dilagare dell’obiezione di coscienza nel nostro paese” e la conseguente ripresa dell’aborto illegale. Dati sull’aborto illegale non ce ne sono, com’è ovvio, trattandosi di fenomeno clandestino; c’è una stima ufficiale che risale al 2008 e che parla di 15-20 mila di questi aborti (rispetto ai centomila degli inizi degli anni Ottanta). Sono in molti a giudicare che questa cifra sia oggi aumentata, e almeno raddoppiata, a seguito dell’aumentata proporzione di medici ginecologi obiettori. A riprova di questa valutazione si porta l’aumento degli aborti spontanei. “Analizzando poi i dati Istat”, argomenta Maria Novella De Luca in un’inchiesta per Repubblica del 23 maggio riportata anche da MicroMega, “si vede con chiarezza quanto gli aborti spontanei sono aumentati, passando dai 55 mila casi degli anni Ottanta, ai quasi ottantamila di oggi. E secondo studiosi questa impennata altro non è che il ritorno dell’aborto clandestino “mascherato”. (…) esattamente come avveniva prima della legge, quando le donne dopo aver tentato di “fare da sole” arrivavano in ospedale con emorragie e dolori, e i medici per salvarle completavano gli aborti, registrati come ‘spontanei’”.
Dice al riguardo Bruno Mozzanega, dell’Università di Padova, che “se questo surplus di aborti spontanei rappresentasse anche solo in parte gli insuccessi (5-10 per cento) dei farmaci abortivi di contrabbando, ne emergerebbe un sommerso illegale di dimensioni inimmaginabili a carico soprattutto delle giovanissime, le stesse che già abusano della pillola del giorno dopo”.
Ora, di tutte queste affermazioni non una quaglia davvero con i dati. Neppure quella dell’aumento dell’obiezione di coscienza. Meno ancora quella dell’impennata degli aborti spontanei che nasconderebbe la ripresa in grande stile dell’abortività volontaria clandestina. Che i ginecologi obiettori rappresentino una netta maggioranza dei ginecologi è fuori discussione. Ma, come sottolinea la relazione al Parlamento sull’attuazione della 194, “si è passati dal 58,7 per cento del 2005 al 69,2 per cento del 2006, al 70,5 per cento del 2007, al 71,5 per cento del 2008, al 70,7 per cento nel 2009 e al 69,3 nel 2010”. Insomma, dopo il balzo del 2005 non c’è più stato alcun aumento dell’obiezione, assestata attorno al 70 per cento dei ginecologi. E’ questa una percentuale da mettere a rischio l’attuazione della 194? Non parrebbe. Fatti un po’ di calcoli rimangono infatti 1.688 medici ginecologi non obiettori a fronteggiare i circa 110 mila Ivg, per una media di 65 interruzioni annue di gravidanza a medico: 1,4 Ivg a settimana lavorativa. Il problema non sta nelle quantità assolute, ma semmai nell’incapacità delle regioni del sud di organizzare consultori e servizi per il rispetto della 194 appena efficienti. E infatti tutte le criticità si verificano da Roma (compresa) in giù e sono nient’altro che un aspetto delle mediocri condizioni del Servizio sanitario nazionale nel sud d’Italia.
E che dire dell’impennata degli aborti spontanei? Che non c’è. Questi aborti sono sì passati da una media annua di 58 mila nel triennio 1990-’92 a una di 76 mila in quello 2007-’09. Ma: (a) il dato del 2009 è addirittura inferiore a quello del 2004, a segnalare che da quell’anno il fenomeno si è stabilizzato (b) i rapporti standardizzati di abortività (quelli che tengono conto del fatto che si rimane incinte a età sempre più avanzate, allorché i rischi di aborto spontaneo aumentano fortemente – e che sono gli unici capaci di segnalare gli spostamenti “effettivi” del fenomeno) sono in calo dalla metà degli anni Novanta: da 133 aborti annui ogni 1.000 nascite nel triennio 1995-1997 a 122 in quello 2007-2009, valore pressoché identico ai 120 del 1990-’92.
Conclusione. Se si vuole mettere mano alla 194 uno spazio c’è e va nel senso auspicato dal ministro Beatrice Lorenzin: più efficienza dei servizi, con la relativa riorganizzazione del consultori soprattutto nel Mezzogiorno, e rilancio delle iniziative di sostegno alla maternità in chiave di prevenzione dell’Ivg. Il resto sono allarmi, legittimi, magari, ma che sanno troppo di calcolata strumentalità.
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