Tra giudici, G8, Valtellina e Imu, tira già un'aria da governo balneare
Ci sarà un giudice a Berlino. Che poi è la Cassazione secondo il Cavaliere. Per tutto il resto, c’è la Federal Reserve (con poca Master Card) e un’estate in Borsa con ampie zone di bassa pressione e perturbazioni ovunque, penisola compresa. La settimana è tutta qui: in un mercoledì 19 giugno in cui la Corte costituzionale emette un giudizio su Berlusconi senza scrollarsi di dosso il pre-giudizio e in un giovedì seguente dove i mercati registrano nervosamente la fine (lenta ma inesorabile) degli acquisti di titoli da parte della Fed. Si chiama Easing Off, desterà ritardata attenzione politica in Italia, quando impatterà sul costo del denaro.
Ci sarà un giudice a Berlino. Che poi è la Cassazione secondo il Cavaliere. Per tutto il resto, c’è la Federal Reserve (con poca Master Card) e un’estate in Borsa con ampie zone di bassa pressione e perturbazioni ovunque, penisola compresa. La settimana è tutta qui: in un mercoledì 19 giugno in cui la Corte costituzionale emette un giudizio su Berlusconi senza scrollarsi di dosso il pre-giudizio e in un giovedì seguente dove i mercati registrano nervosamente la fine (lenta ma inesorabile) degli acquisti di titoli da parte della Fed. Si chiama Easing Off, desterà ritardata attenzione politica in Italia, quando impatterà sul costo del denaro. Nell’attesa, prendiamo nota dei cosiddetti Affari Interni. Le conseguenze della sentenza sul legittimo impedimento sono un dramma psicologico per gli antiberlusconiani. Sognavano l’accensione della falciatrice del Cavaliere Nero e si ritrovano alle prese con un Berlusconi-cherubino che ha sì in mano la spada, ma sceglie di addolcir l’eloquio per mettere in cassaforte la sua quota di controllo sul governo. I falchi svolazzano, lanciano penultimatum (Daniela Santanchè: “Se tra 11 giorni l’Iva sarà stata aumentata, non ci sarà più il governo”), ma Silvio appare felpato come un gatto. Il premier Letta ne prende atto il giorno dopo e informa il popolo, via stampa estera: “Il governo non rischia”. Anche perché su ben poco per ora si può giudicare. La carovana vedroista dell’Enrico procede lentamente, troppo. E sembra quasi voler scansare le concretissime cose dell’economia. Vero, non ci sono soldi e Saccomanni teme il rovescio dei mercati, ma l’impressione – condivisa da alcuni ministri – è che l’agenda sia troppo piena di rappresentanza e molto vuota di sostanza. L’unica nota persistente del bouquet lettiano è la strategia del rinvio. A meno che non si voglia battezzare il decreto del Fare come un “evento epocale”. Non lo è. Così il consiglio dei ministri numero 10 (martedì 18 giugno) finisce sul taccuino perché “in apertura dei lavori il ministro del Lavoro e della politiche sociali, Enrico Giovannini, ha annunciato che è suo intendimento proporre al capo dello stato di attribuire al sottosegretario sen. Maria Cecilia Guerra il titolo di viceministro” (che emozione), mentre quello numero 11 è riassunto in una sola parola desertificatrice: rinviato.
Un tripudio di nada de nada che sui lavori delle Camere ha lo stesso effetto del napalm. Scorriamo il calendario delle cose notevoli successe a Montecitorio: lunedì 17 giugno si discute di sospensione dell’Imu, cioè della madre di tutti i rinvii; il 18 prosegue la discussione, una fotocopia del 17, con l’aggiunta di un question time; il 19 giugno si vota un decreto legge del 26 aprile scorso, un surreale fritto misto che va dalla crisi di Piombino, ai fondi per il terremoto e l’Expo 2015, poi s’apre il samba delle mozioni e la puntuale e inesorabile informativa sugli sbarchi di migranti a Lampedusa; il 20 giugno è come gli altri giorni con l’aggiunta di interpellanze urgenti; il 21 giugno si ripete, per non sfigurare.
Eppure vi sarebbero da discutere gli esiti di un G8 fatto di pacche sulle spalle a Letta e nient’altro (ai tempi del Cav. era una colpa grave e una vergogna per l’Italia, ora si definisce “risultato personale”), cercare di capire cosa succede ai nostri risparmi con la battaglia furiosa tra le Banche centrali e un paio di sedute di Borsa bruciacuori (e portafoglio) dopo un rally che ha portato Wall Street a salire del 150 per cento dal marzo 2009 all’altroieri. Niente. Il governo svicola e sfugge alla presa come una saponetta. E poi? Ah, amori e divorzi. L’amore è quello di Matteo Renzi per Tony Blair (e un po’ anche per il Pd) svelato a Claudio Cerasa del Foglio; il divorzio è quello tra Monti e Casini ufficializzato da Mario Ajello sul Messaggero.
A questo punto, il cronista è colto da spleen e non avendo a disposizione dell’assenzio, cerca l’uscita del Transatlantico per andare a comprare un gelato da Giolitti e poi fare rotta verso Palazzo Madama, sede del Senato della Repubblica. Il regno dell’ideologia pietrograssista sembra già in fase di spiaggiamento: tornerà a riunirsi lunedì prossimo per attesissime “comunicazioni del Presidente” e finora nel mese di giugno l’assemblea si è riunita dieci volte. L’ultima apparizione collettiva in Aula, giovedì scorso, i senatori hanno discusso fondamentali “mozioni sul corridoio ferroviario Adriatico”, ma l’evento clou è stato il profondo ed esauriente dibattito sul collegamento tra Lecco e la Valtellina, la strada statale 36 “Del Lago di Como e dello Spluga”. Dopo il traffico, manca solo il meteo. Durerà, ma tira un’aria da governo balneare.
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