Il Cavaliere negro

Umberto Silva

Per avere un poliziotto che lo investigava pronunciato una frase dal sapore razzista, l’ex campione e attore O. J. Simpson fu assolto da un duplice omicidio di cui, con la sua clamorosa fuga e le tracce ovunque disseminate, era praticamente, ma non giuridicamente, reo confesso. Così funziona l’implacabile giustizia americana, implacabile con i colpevoli ma ancor prima con i giudici. E’ una giustizia che onora la procedura e non tollera che giudici, pm o poliziotti, possano nutrire anche labili pregiudizi nei confronti degli imputati, quand’anche colti in flagranza.

    Per avere un poliziotto che lo investigava pronunciato una frase dal sapore razzista, l’ex campione e attore O. J. Simpson fu assolto da un duplice omicidio di cui, con la sua clamorosa fuga e le tracce ovunque disseminate, era praticamente, ma non giuridicamente, reo confesso. Così funziona l’implacabile giustizia americana, implacabile con i colpevoli ma ancor prima con i giudici. E’ una giustizia che onora la procedura e non tollera che giudici, pm o poliziotti, possano nutrire anche labili pregiudizi nei confronti degli imputati, quand’anche colti in flagranza. Bastò un irrilevante sgarro, una parolina maliziosa, e Simpson se ne andò libero di compiere altri delitti. Qui in Italia non basta niente, il Cavaliere è stato condannato ancora prima che cominciasse il processo, ancora prima che commettesse il fatto, quale non si sa ma poco conta; la procedura penale fu la gogna su cui sfinirlo, la sentenza una pura formalità, salvo qualche chicca che la dice lunga. Che diavolo mai avranno dipinto questa volta i giudici per condannare un allegro libertino a sette anni di carcere e alla lapidazione eterna, nemmeno fossimo alla corte di Khamenei? Leggeremo, leggeremo…

    L’orientamento sessuale, dice l’agenzia della Ue per i diritti umani, in Italia è ancora criminalizzato: libertini e monogami, ninfomani e gay, casti ed etero, lesbiche e feticisti… alcuni paiono più reprobi di altri e invitano alla punizione trasversale. Ma fosse anche il più tremendo maniaco e criminale di ogni tempo, il Cavaliere ha diritto a essere giudicato da persone con la mente sgombra da pregiudizi. “Crimini d’odio”, i codici europei più evoluti (non il nostro) chiamano quelli razziali, odio che già in precedenza aveva storpiato i più gravosi processi a Berlusconi: condannandolo per frode fiscale lo si era bollato di “naturale capacità a delinquere”, sentenza confermata in appello, a significare che anche altri giudici condividono la tesi lombrosiana. E ancora prima, la sentenza che condannava il Cavaliere al pagamento di cinquecento milioni e passa si fondava sulla sentenza penale ove in conclusione è scritto che: “Non è emersa l’evidente innocenza dell’imputato”. Per il Cavaliere non basta essere innocente, deve esserlo in modo “evidente”, lui stesso deve fornire le prove e magari anche il cappio. E così via, non c’è processo a Berlusconi che sia esente da uno svarione che lo inficia. Parrebbe che i giudici non riescano a trattenersi nel recinto della legge, da cui tranquillamente processare il Cavaliere. Un derisorio demonio li gonfia, li eccita, li pungola e li fa debordare, strappando loro quella parola in più, quella stonatura giudiziaria che li denuda nel loro pregiudizio. Per questo, golosamente, attendo le motivazioni della sentenza. Leggeremo, leggeremo…