Pochi spiccioli
Scampato pericolo! Dopo l’accordo la scorsa notte all’Ecofin sulle regole per il fallimento ordinato delle banche, e il compromesso in mattinata sul bilancio 2014-2020 dell’Unione europea, i “sonnambuli dell’euro” – come l’Economist aveva definito i leader della moneta unica – possono continuare a sonnecchiare. In attesa del ventidue settembre, quando la Germania andrà alle urne, liberando l’Europa dalla campagna elettorale di Angela Merkel. Il vertice europeo che si è aperto ieri, con la disoccupazione giovanile in cima all’agenda, sarà avaro di risultati concreti.
Bruxelles. Scampato pericolo! Dopo l’accordo la scorsa notte all’Ecofin sulle regole per il fallimento ordinato delle banche, e il compromesso in mattinata sul bilancio 2014-2020 dell’Unione europea, i “sonnambuli dell’euro” – come l’Economist aveva definito i leader della moneta unica – possono continuare a sonnecchiare. In attesa del ventidue settembre, quando la Germania andrà alle urne, liberando l’Europa dalla campagna elettorale di Angela Merkel. Il vertice europeo che si è aperto ieri, con la disoccupazione giovanile in cima all’agenda, sarà avaro di risultati concreti. I sei miliardi di euro dell’Iniziativa Giovani sono stati anticipati al 2014-2015, ma dovranno essere distribuiti tra una ventina di paesi con regioni con più del 25 per cento di disoccupazione giovanile. I leader hanno applaudito al piano di Commissione e Banca europea degli investimenti per rilanciare il credito alle piccole e medie imprese. Ma, come spiega un alto responsabile europeo, i Ventisette “non sono ancora in grado di prendere una decisione” sulle tre opzioni da 60, 80 e 100 miliardi, a seconda del grado di mutualizzazione dei rischi sui prestiti alle Pmi. Insomma, “non è in una notte che risolveremo tutti i problemi dell’Unione”, dice al Foglio l’alto responsabile.
E infatti Angela Merkel ha convocato un altro vertice sull’occupazione che, in barba all’Ue, si terrà a Berlino il tre luglio per mostrare agli europei come si vince la battaglia del lavoro senza politiche keynesiane. Esattamente un anno fa, con Italia e Spagna in bilico, i leader avevano lanciato grandi cantieri di riforme nazionali ed europee, spingendo la Banca centrale europea a fare da scudo allo spread. Oggi, senza la pressione dei mercati, le iniziative sulla disoccupazione giovanile nascondono l’inerzia. Sulle procedure per chiudere e ristrutturare le banche imponendo perdite ai creditori privati, l’Ecofin ha ceduto alle richieste della Francia e deluso le aspettative della Bce, concedendo più flessibilità alle autorità nazionali per proteggere alcune categorie di depositanti.
Perfino sulla data di entrata in vigore delle nuove regole, fissata al 2018, i ministri delle Finanze non hanno ascoltato il consiglio della Banca centrale europea di anticipare al 2015 per affrontare i rischi legati agli stress test del prossimo anno. L’accordo all’Ecofin dovrebbe almeno permettere di lanciare il prossimo pilastro dell’unione bancaria. La proposta sul Meccanismo unico di risoluzione – l’autorità europea indipendente che dovrebbe assumere il potere di chiudere e ristrutturare le banche – “arriverà nella seconda settimana di luglio”, spiega al Foglio il commissario ai Servizi finanziari, Michel Barnier. I leader ne parleranno questa mattina, così come delle altre riforme di lungo periodo per la zona euro. Ma sul Meccanismo pesa il voto della Germania, mentre le decisioni sulle altre tre unioni – fiscale, economica e politica – verranno rinviate a dicembre.
In questo momento “non è la zona euro la fonte di turbolenza sui mercati”, spiega uno dei collaboratori del presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy: la colpa è della Fed americana. Come al solito, la risposta è stata lasciata a Mario Draghi che, da giorni, rassicura sulla determinazione della Bce, se necessario, a intervenire di nuovo sui tassi o con altre misure non convenzionali. Ma solo Draghi “è in grado di dare una strigliata” ai leader europei, spiega un’altra fonte. Sul Meccanismo unico di risoluzione, Merkel è riuscita a convincere François Hollande ad annacquare le ambizioni di Commissione e Bce, lasciando i poteri reali alle autorità nazionali. In cambio la cancelliera si è allineata alla visione intergovernativa del presidente francese sulla governance economica europea. Comunque, occorrerà aspettare fino alla formazione del prossimo governo Merkel prima della ripresa dei negoziati. Nel frattempo, il vertice ha mantenuto i suoi rituali. Il premier britannico, David Cameron, ha minacciato di far saltare il compromesso sul bilancio Ue, chiedendo di rispettare “l’accordo di febbraio” sul “rebate”. Nonostante il torpore, il presidente del Consiglio, Enrico Letta, con pollice alzato, ha garantito che “andrà bene”.
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