L'amour fou al tempo delle mele, ma più sadico. Vita di Françoise Hardy
In Francia il tempo delle mele non finisce mai. C’è sempre un cuore spezzato, un amour fou, la sensazione di non poter vivere senza quel tanghero che ci fa impazzire. L’amore è una guerra fra amanti e lascia storditi, ci si lascia ancora prima di essersi presi, ci si dibatte nelle domande assurde. “Cos’era che ti faceva paura più di tutto? Il tuo potere su di me o il mio potere su di te? Che tipo di dipendenza sopportavi meno? La mia? La tua? Ci dibattevamo, ci battevamo: contro noi stessi, contro le nostre ombre… Era una questione di vita o di morte”. E’ questa l’autobiografia pazzamente sentimentale di Françoise Hardy, “L’amore folle” (pubblicato in Italia dalle edizioni Clichy).
In Francia il tempo delle mele non finisce mai. C’è sempre un cuore spezzato, un amour fou, la sensazione di non poter vivere senza quel tanghero che ci fa impazzire. L’amore è una guerra fra amanti e lascia storditi, ci si lascia ancora prima di essersi presi, ci si dibatte nelle domande assurde. “Cos’era che ti faceva paura più di tutto? Il tuo potere su di me o il mio potere su di te? Che tipo di dipendenza sopportavi meno? La mia? La tua? Ci dibattevamo, ci battevamo: contro noi stessi, contro le nostre ombre… Era una questione di vita o di morte”. E’ questa l’autobiografia pazzamente sentimentale di Françoise Hardy, “L’amore folle” (pubblicato in Italia dalle edizioni Clichy). Lei è stata la fidanzata che tutti avrebbero voluto al fianco, la ragazza ye ye, la diciottenne fatale che cantò, nel 1962, “Tous le garçons et les filles” e fece innamorare il mondo: Bob Dylan scrisse un poema per lei (“For Françoise Hardy at the Seine’s Edge”), Mick Jagger diceva che era la donna ideale, tutti l’amavano, compravano i suoi dischi, speravano di essere sfiorati dal suo bellissimo sguardo castano. Lei, nel frattempo, si struggeva per gli uomini, la passione la consumava, telefonava nel cuore della notte, piangeva, implorava, si accontentava di briciole d’amore, subiva rifiuti umilianti, bussava a porte d’albergo e veniva lasciata fuori, si annullava nel pensiero di X (“interessante per alcuni, insignificante, se non sgradevole, per altri”). X nel libro è l’uomo di cui François Hardy si innamora follemente da lontano e in silenzio, sentendosi troppo brutta e goffa per essere degna di lui. Finché decide di scrivergli una lettera, “con tutti i secondi fini possibili”, in uno stato di esaltazione febbrile: la storia fra i due comincia e la precipita in un abisso. X è, spiega François Hardy, tutti gli uomini che ha incontrato, o almeno tre che ha amato.
“Ho cercato solo sadici, o li ho costretti a diventarlo”, ha detto in un’intervista. La vita nel tempo delle mele prevede un’ossessione costante, una litania di “ti amo” che martellano nella testa, gelosia assoluta anche di un movimento delle palpebre, o di un tono di voce diverso dal solito, e una china discendente verso una dolorosa insopportabilità. “Avevo dunque l’aspetto vergognoso, infelice e ridicolo corrispondente a ciò che sentivo di essere? Ho letto nei tuoi occhi una gentilezza stupita e preoccupata. ‘Cosa succede?’, mi hai domandato. E io, a un passo dallo svenimento, col cuore impazzito lì lì per scoppiare: ‘Non sto bene, non sto affatto bene…’”. Fa paura, fa anche un po’ rabbia, come davanti a un capriccio insistente di un bambino, questa tensione continua verso l’abisso, alla ricerca però di segnali, magari immaginari, che la facessero sperare in una corrente d’amore ricambiata. Il pessimismo assoluto mescolato a un ottimismo ingiustificato: il delirio d’amore. Questo tempo delle mele, molto parigino e molto affascinante, è per la maggior parte del tempo “una notte buia”: una canzone francese, ma senza la leggerezza.
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