Tra Casini e LCdM, l'unico alleato rimasto a Monti è il cagnetto Empy

Stefano Di Michele

La mossa migliore riuscita a Monti in politica, al momento, risulta l’accasamento presso di sé del cagnetto Empy (“Empatia, per gli amici Empy”, notificò il Rettore). Almeno mossa migliore dal punto di vista dell’affidabilità e della fedeltà, secondo l’autorevole opinione di Truman: “Se in politica vuoi un amico, comprati un cane” (questo, poi, è pure giunto gratis). Si potrebbe aggiungere: non farti un partito. Se molto civico fu l’azzardo montiano per la sua lista, un po’ incivile risulta il modo in cui adesso la stanno sezionando.

L'editoriale L’eredità del montismo

    La mossa migliore riuscita a Monti in politica, al momento, risulta l’accasamento presso di sé del cagnetto Empy (“Empatia, per gli amici Empy”, notificò il Rettore). Almeno mossa migliore dal punto di vista dell’affidabilità e della fedeltà, secondo l’autorevole opinione di Truman: “Se in politica vuoi un amico, comprati un cane” (questo, poi, è pure giunto gratis). Si potrebbe aggiungere: non farti un partito. Se molto civico fu l’azzardo montiano per la sua lista, un po’ incivile risulta il modo in cui adesso la stanno sezionando. Già Monti, di suo, ha fatto recentemente presente che, dovesse tornare indietro, valuterebbe meglio titoli e convinzioni – avendo generosamente imbarcato la ciurma non sempre adeguata, peraltro giunta in massa convinta di trasbordare, piuttosto che su un’instabile zattera, su un potente galeone – ma quel che è fatto è fatto. E adesso, l’uomo che tutti volevano, quello che, come ha avuto modo di rivendicare, passate le Alpi ognuno ci invidia (“basta varcare il confine per essere così riconosciuto che non verrebbe più voglia di tornare in Italia”), è alla mercè non solo degli ufficiali fatti salire a bordo, ma a volte persino di strafottenti mozzi. Dove una volta tutti accorrevano, adesso con minore o maggiore velocità molti si defilano. Né la gentilezza né la gratitudine di Empy, i soci politici hanno. Già Montezemolo per primo si smarcò, lesto come un treno sui binari della stazione Tiburtina, lasciando in dotazione Andrea Romano, ma il batti e ribatti più significativo, a voler tralasciare le frattaglie varie (ché la pietanza finale era civica, ma i componenti a volte freschissimi non risultarono), è quello di Pier Ferdinando Casini. Ieri, su Repubblica, il leader dell’Udc – dopo che Monti aveva avvertito Letta: senza un cambio di marcia non continueremo a sostenerlo – si è fatto a sua volta professorale, e tra un apparente riconoscimento e un fondatissimo sospetto di sberleffo, ha informato l’ex presidente del Consiglio ed ex rettore della Bocconi che “la politica non è un concorso universitario, è un qualcosa di un po’ più complesso”, così da mutare con una battuta il professor Monti da illustrissimo accademico in alunno di non eccelso comprendonio. Persino il genio che fu esaltato, l’evolvere della politica affievolisce e cancella. Una volta era diverso. “Monti servirà oltre il 2013”, garantiva Casini nel febbraio dell’anno scorso. “Dopo Monti c’è solo Monti”, certificava all’inizio dell’anno scorso. E si lodava, perennemente, “l’alto valore civile e sociale della sua missione”.

    E’ andata come è andata, e onestamente Casini fu il primo a riconoscere che bene non era andata: “Abbiamo cambiato noi stessi i connotati di Monti: da servitore dello stato, da Cincinnato che era, abbiamo pensato che potesse essere l’uomo della Provvidenza per l’affermazione del centro”. A parte che “l’uomo della Provvidenza” è sempre meglio lasciarlo stare, forse non è il caso d’insistere con l’intervento divino per tirare su le sorti dell’ex democristianeria. Questo è solo il via libera da fine dell’anno accademico: fu Scelta civica, adesso è finale d’assalto. Nel mesto bailamme, meno male che Empy c’è.

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