La Destra è finita, e non sarà una poesia a salvarla

Graziella Balestrieri

Da giorni si discute tra ex colonnelli, ex Fli e destre varie di dar vita a una nuova Alleanza Nazionale. "Nella mente di chi vorrebbe rifondare An c'è solo lo scopo di perpetuare venti anni di soldi, posti e potere". Sono le parole, forti e decise, del barone Tomaso Staiti Cuddia Delle Chiuse, 80 anni da poco compiuti, ex dirigente di primissimo piano della destra post-fascista milanese. Altra ragione non c'é, dice Staiti, che addebita il fallimento di quella politica di destra "all'incapacità dimostrata da quei signori".

    Da giorni si discute tra ex colonnelli, ex Fli e destre varie di dar vita a una nuova Alleanza Nazionale. "Nella mente di chi vorrebbe rifondare An c'è solo lo scopo di perpetuare venti anni di soldi, posti e potere". Sono le parole, forti e decise, del barone Tomaso Staiti Cuddia Delle Chiuse, 80 anni da poco compiuti, ex dirigente di primissimo piano della destra post-fascista milanese. Altra ragione non c'é, dice Staiti, che addebita il fallimento di quella politica di destra "all'incapacità dimostrata da quei signori". Incapacità nel gestire il potere mostrata fin dal momento in cui sono improvvisamente assurti a ruoli dirigenziali e senza, tra l’altro, occupare una posizione che fosse propriamente di destra. Perfino quanto accade in politica estera di questi tempi lo dimostra: "Basti pensare per esempio alla definitiva scomparsa della sovranità nazionale e a quello che sta accadendo in questi giorni, con gli Stati Uniti che spiano gli alleati come si fa con i servi".

    Ma il coraggio dell’introspezione è la prima qualità che in An è sempre venuta a mancare: quando c'erano Fini e gli altri, continua Staiti, non era possibile effettuare un’analisi critica sulla propria identità avulsa da isterismi sull'esperienza fascista: nessuna assunzione di responsabilità, propria di una forza politica cosciente e onesta, sui crimini e sui delitti della propria parte, cui facesse però anche seguito la capacità di “salvare quelle tre o quattro idee che potevano ancora essere spese nella modernità”.
    E invece, prosegue Staiti, i dirigenti finiani “hanno solo pensato a sfruttare fino all'ultimo centesimo l’eredità ricevuta". Loro, “uomini a cavallo ma senza esser cavalieri”. Loro, lottizzatori già quando non potevano farlo, "perché non avevano nulla da lottizzare non ricoprendo incarichi di potere nel sistema e, non potendolo fare all'esterno, lo facevano solo all'interno”. Loro che dopo Mani Pulite, e in cuor loro dovrebbero ringraziarla per avergli permesso il salto di carriera, impreparati all’improvviso successo, hanno segnato la fine della destra degna di tale nome".

    Staiti, è noto, rimprovera alla destra perfino una mancanza di senso estetico: "Fino al '94 pensavano che prendere un uovo in camicia significasse mangiare un uovo senza giacca. Non erano molto esperti del mondo, lo guardavano dal buco della serratura, magari imitandolo. Quando ci si sono trovati dentro non hanno saputo come comportarsi”.
    Staiti non intravede nessuna ragione ideale nell'avvicinamento tra due ex esponenti della destra sociale come Gianni Alemanno e Francesco Storace: “Il loro sembra un tipico avvicinamento da tengo famiglia". E il desaparecido Gianfranco Fini? "Per alcuni mesi è stato l’uomo che avrebbe potuto cambiare la politica italiana, ma la sua mancanza di coraggio gli ha impedito di dimettersi dalla poltrona di presidente della Camera e sfidare Berlusconi”.

    Conclusione: la storia, nonostante si cerchi di far resuscitare Alleanza Nazionale, è finita. “La destra che nel Dopoguerra si è identificata nel Msi non può avere un avvenire perché, al di là di quello che è il giudizio su Berlusconi e il berlusconismo, è stata interamente assorbita da Berlusconi. Bisogna farsene una ragione”. Per Staiti “votare a destra non si può più. Io ci ho impiegato molto a imparare la democrazia, perché considerato brutto, sporco e fascista . Ho dovuto imparare che il voto è un'arma e va usata a seconda dell'obiettivo che si vuole raggiungere in un determinato momento. Dopo il Msi , ho sempre votato a seconda del mio interesse politico e mai per quello personale".
    Un po’ di amarezza finale, nessun piagnisteo, forse qualche rimpianto per la lezione di due maestri: “Pino Romualdi e Beppe Niccolai”, oggi molto citati ma spesso a sproposito, pensa Staiti.
    E gli intellettuali di area che da tempo invocano un ritorno alle radici, a Itaca, come soluzione ai problemi e per la rinascita della destra? "Kavafis scrisse una bella poesia su Itaca, ma non si può basare un programma politico su una poesia".