L'Independence day di DDV e i tre modi sicuri per perdere soldi
Gli uomini che fecero l’impresa. E la politica. Frase della settimana: “Ci sono tre modi per perdere il proprio patrimonio. Il più piacevole è con le donne. Il più rapido è con il gioco. Il più sicuro è con una squadra di calcio”. Tricche tracche e botte per la prima intervista di Francesco Gaetano Caltagirone in tv. I distratti diranno “embè?”, ma la sortita dell’editore del Messaggero a “Otto e Mezzo” (venerdì 28 giugno, con Lilli Gruber su La7) è l’argomento del cicaleccio, la domandona del Salotto capitale in una settimana extralarge per i vivandieri di chiacchiere da impaginare. Che cosa ha in mente?
Gli uomini che fecero l’impresa. E la politica. Frase della settimana: “Ci sono tre modi per perdere il proprio patrimonio. Il più piacevole è con le donne. Il più rapido è con il gioco. Il più sicuro è con una squadra di calcio”. Tricche tracche e botte per la prima intervista di Francesco Gaetano Caltagirone in tv. I distratti diranno “embè?”, ma la sortita dell’editore del Messaggero a “Otto e Mezzo” (venerdì 28 giugno, con Lilli Gruber su La7) è l’argomento del cicaleccio, la domandona del Salotto capitale in una settimana extralarge per i vivandieri di chiacchiere da impaginare. Che cosa ha in mente? Confessione di un imprenditore che conosce gli arcani dell’uomo “più liquido” d’Italia: “E’ in campo”. Una sagoma in gessato e prosecco solleva un punto interrogativo: “Ma non c’è già il genero?”. Niente Casini, quello di Caltagirone è un altro campionato, è Wimbledon giocato sul centrale. Se ci prende gusto a smashare sotto rete, ne vedremo delle belle. Opinioni controvento (“O l’Europa comincia a stampare moneta o alla fine ci porremo il problema se restare nell’euro”), tratto da self made man (“I governi italiani in genere mediano troppo. Siamo il paese delle mediazioni”), tratto da via del Tritone (“Marino è il mio sindaco perchè io sono romano”) e scacco matto al patto (“Della Valle può essere un buon editore”).
Evocazioni, non triangolazioni. Ma sempre impresa c’è. Non è un De la Vega, non porta maschera e mantello, ma il nome di Don Diego della Valle sul taccuino resta impresso alle 6,30 della sera di giovedì quando dichiara: “Ci fideremo di quello che mi è stato detto. Faremo l’aumento di capitale e poi staremo a vedere” e mette in rotativa il suo Independence day al Corriere della Sera. E’ giovedì 4 luglio e Della Valle prova a disfare il patto senza rastrellare quote dal mercato (strategia Fiat) e pronto a comprare l’inoptato. Vedremo. Ancora, evocazioni. Di capitani e capitali. Sarebbe dovuto essere un Fiat voluntas tua ma non se di mezzo c’è l’agenda di Laura Boldrini. La presidente della Camera aveva ben appuntato (il 28 giugno) il suo incontro con il sindacato della Fiom. Visto il testo e il contesto, Sergio Marchionne prova a spiegare alla Terza carica dello stato che la Fiat non è il Male Assoluto, invitandola a visitare lo stabilimento della Sevel in Val di Sangro per il 9 luglio. Nada de nada y nada de nada de nada: il gran rifiuto di Laura arriva a stretto giro di posta, con i boccoli fiammeggianti perché “non sarà certo nella gara al ribasso sui diritti e sul costo del lavoro che potremo avviare la ripresa” e l’agenda è già piena e l’invito è regalmente cestinato. Non c’è tempo per un manager italiano chiamato “Sergio” da un presidente meno altromondista ma più di mondo rispetto alla Boldrini, tal Barack Obama. Non c’è tempo per un gruppo industriale che ha 215 mila dipendenti e 158 stabilimenti. Non c’è tempo per il fordismo senza Ford ma con quello strano italiano made in Detroit, punto e basta. Ma c’è tempo per commemorare l’astrofisica Hack (29 giugno), fare gli auguri al presidente Napolitano (30 giugno), “attivarsi” con sprezzo del pericolo sul Datagate (1 luglio), incontrare ecologicamente il sindaco di Roma, Marino-in-bicicletta (2 luglio), disquisire amabilmente di primavere arabe (2 luglio) e stringere la mano vicepremier iracheno (3 luglio). Neanche una colata di Rimmel, tutto politicamente corretto. E poi si perde la messa in piega se Fiat sposta la base fiscale di una controllata nel più pragmatico Regno Unito. Eccola, la vera chiave inglese.
Non c’è tempo. E per il governo, nonostante la sublime arte del rinvio, ormai stringe. Il Fondo monetario internazionale in missione a Roma (4 luglio) dice che no, l’Imu non si può cancellare come se niente fosse. Alt! Ingerenza e “sgradevole invasione di campo” dice il Pdl con il viceministro-vigilante dell’Economia, Luigi Casero. Che trova una spalla imprevista in Landini, segretario della Fiom (“Il Fmi si occupi dei problemi veri”). E il Pd che fa? Tace per carità di Letta? No, alza l’indice un altro Luigi (Zanda) che per soprammercato è pure capogruppo al Senato: “L’Italia farebbe molto male a sottovalutare le indicazioni del Fondo monetario internazionale sull’Imu”. Perfetto. Il quadro clinico è in via di complicazione e la boa delle vacanze è ancora lontana. Il ministro Saccomanni prende appunti chirurgici, il presidente del Consiglio Letta un’aspirina perché “è difficile trovare le coperture” su Iva e Imu.
E’ venerdì (5 luglio) e Via Nazionale dà i numeri. L’Italia è al quarto posto nell’Eurozona per il peso delle tasse in rapporto al pil: dal 42,6 per cento del 2011 al 44 del 2012. Abbiamo superato la Finlandia. “So’ soddisfazioni”, commenta il tassista mentre la radio gracchia la notizia.
E’ venerdì, il Papa inaugura una statua nel piazzale del Governatorato e chiede a san Michele Arcangelo di difendere lo Stato della Città del Vaticano “dal Maligno e che lo getti fuori”. Serve una buona parola di Francesco anche per la Repubblica italiana. Rischia di perdere il patrimonio. Non con le donne, il gioco e il calcio. Ma con le tasse.
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