Breve censimento delle balle con cui Marco Dettaglio risponde a Fiandaca

Massimo Bordin

Alla fine ha risposto nel merito. Travaglio versus Fiandaca. Non ha rinunciato agli insulti perché è fatto così, ma quattro dettagli in croce ha dovuto metterli. Ma nei dettagli fa nido il diavolo che, come cantano gli Stones, merita simpatia e infatti castiga quelli come Travaglio che, nella sua replica, ha messo nero su bianco “sfondoni e balle a volontà” assai più riscontrabili di quelli che imputa al professore palermitano. Cominciamo da una cosa semplice semplice: l’ex ministro Conso, al contrario di quello che sostiene il Nostro, non risulta fra gli imputati del processo. Travaglio domenica dissertava su un capo di imputazione per l’ex Guardasigilli inesistente in atti.

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    Alla fine ha risposto nel merito. Travaglio versus Fiandaca. Non ha rinunciato agli insulti perché è fatto così, ma quattro dettagli in croce ha dovuto metterli. Ma nei dettagli fa nido il diavolo che, come cantano gli Stones, merita simpatia e infatti castiga quelli come Travaglio che, nella sua replica, ha messo nero su bianco “sfondoni e balle a volontà” assai più riscontrabili di quelli che imputa al professore palermitano. Cominciamo da una cosa semplice semplice: l’ex ministro Conso, al contrario di quello che sostiene il Nostro, non risulta fra gli imputati del processo. Travaglio domenica dissertava su un capo di imputazione per l’ex Guardasigilli inesistente in atti. E sì che gli imputati non sono centinaia, sono dieci. Conso non c’è. Per due volte – Travaglio l’aveva inserito fra gli imputati anche in un precedente articolo – ci viene ficcato a forza mentre la sua posizione è ancora quella di indagato e c’è un motivo che vedremo alla fine. Però se piazziamo sul banco degli imputati chi non c’è cominciamo malissimo. Seconda balla, a proposito della quale non riesco ancora a capacitarmi per come venga tranquillamente ripetuta da anni: i 334 mafiosi ai quali Conso avrebbe revocato il 41 bis. Messa così il cittadino si indigna. Più di trecento, praticamente se non lo stato maggiore, almeno tutti i quadri intermedi di “cosa nostra”. Solo che non è così. Una ricerca in merito, citata da Luigi Manconi la cui pignoleria è nota, estrapola 23 siciliani dai 334 fra cui abbondano calabresi, campani, bosniaci e Vallanzasca. Tutta gente della cui condizione carceraria alla mafia è lecito pensare non importasse nulla. Ora magari la vigile sentinella sabauda scoprirà che in realtà i siciliani erano 33 e non 23 e che Manconi è un ex dirigente di Lotta continua, amico di Sofri e poi scrive sul Foglio. Sia pure, anche se Manconi ha ulteriori motivi per essere orgoglioso di sé, ma che qualcosa non quadri lo pensa anche Travaglio se domenica è sceso di nuovo nel dettaglio dei nomi. Anche qui la colonna sonora è “Sympathy for the Devil”. I nomi sono solo 16, ne dimentica infatti qualcuno ma bastano, almeno secondo lui. Vediamo: tre capi mandamento.

    Uno, Nenè Geraci, era effettivamente un boss. Quasi ottantenne, cieco per il diabete, gravato da una decina di ergastoli ha poi finito la sua vita a Partinico a casa sua, mandato agli arresti domiciliari dai magistrati palermitani, non da Conso. L’altro, Vito Vitale, è una sorta di successore di Geraci ma all’epoca della revoca del 41 bis i giudici non avevano grandi prove contro di lui, tanto che, poco dopo il provvedimento, viene scarcerato per decorrenza dei termini. Riarrestato quattro anni dopo, ora è all’ergastolo e al 41 bis. Giuseppe Farinella, di una famiglia mafiosa delle Madonie che ebbe problemi già col prefetto Mori (quello mandato da Mussolini, non quello del Ros) aveva all’epoca una sola condanna a 9 anni dal tribunale di Termini Imerese. Ora è all’ergastolo e al 41 bis. In parole povere la trattativa ha fruttato alla mafia un trattamento migliore per pochi mesi a Vitale, che poi sarebbe comunque uscito non certo per decisione di Conso, e per un po’ più di tempo a Farinella, che comunque è rimasto dentro e si è visto riapplicare il 41 bis. Si può dire che fa ridere? Presumo che lo sappia benissimo anche Travaglio, tanto è vero che dopo il suo dettagliato elenco aggiunge: “In ogni caso, per i pm, era già partita una seconda trattativa con la nascente Forza Italia sul resto del papello, con garanzie così solide da indurre Cosa Nostra (che il Nostro scrive maiuscolo come fosse uno stato estero, ndr) a interrompere di botto le stragi e ad annullare quella già decisa allo stadio Olimpico”. Ma come?! E’ il pentito Spatuzza che racconta minuziosamente come da una collinetta sopra lo stadio premette senza successo più volte il telecomando per fare esplodere la “Thema” talmente imbottita di tritolo e tondini di ferro che per portarla lì avevano dovuto rinforzargli le sospensioni. Avesse funzionato il telecomando, sarebbe stata una strage senza precedenti, altro che annullamento. Ed è sempre Spatuzza che racconta, con soddisfazione di Travaglio, che il suo capo Graviano, seduto a un tavolino di via Veneto, gli aveva spiegato che “bisognava dare un altro colpetto” ma non c’era da preoccuparsi perché avevano stretto un patto con Berlusconi e il paese era nelle loro mani. Per la verità le garanzie di quel patto non dovevano essere così solide come dice Travaglio, perché non due mesi, ma due settimane dopo Graviano e suo fratello vennero arrestati e stanno ancora lì, all’ergastolo e al 41 bis. Ma questa gaffe, chiamiamola così, sulla strage annullata non è Travaglio il primo a farla. La stessa cosa disse Claudio Martelli alla commissione Antimafia.

    Una brava parlamentare del Pd, Laura Garavini, gli fece notare che così contraddiceva Spatuzza e l’ex ministro, che ormai sembra pronto a dire qualsiasi cosa pur di compiacere i magistrati, replicò sprezzante: “Comunque l’attentato non lo fecero più”. Garavini infierì e gli fece notare che forse non lo fecero non per la trattativa ma perché poco dopo erano stati arrestati sia i Graviano che Bagarella. Vale anche per Travaglio. Infine occorre tornare a Conso. In commissione Antimafia sostenne che sì, aveva deciso di revocare un po’ di 41 bis come gesto di distensione dopo le stragi, per evitare che si ripetessero. Che vantaggio ne trasse la mafia abbiamo visto. Conso sicuramente non ne ha tratto vantaggi. I pm vogliono farsi dire che fu costretto a farlo da altri, lui nega ed è un galantuomo universalmente stimato per tale. Per questo lo hanno indagato per falsa testimonianza, ma, malgrado le sue parole siano in fondo il cuore del processo, si sono ben guardati dal portarlo sul banco degli imputati. E qui occorre che mi fermi, anche se sull’articolo di Marco Travaglio ci sarebbe ancora da dire. Mi accontento di averlo criticato senza insultarlo. E’ possibile, volendo.

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