I Gran Consigli degli irresoluti

Salvatore Merlo

A tarda sera Silvio Berlusconi riunisce la sua corte al Castello sotto assedio, e via del Plebiscito si rabbuia come i grandi gerarchi del berlusconismo, facce lunghe, nemmeno una parola ai giornalisti, uno per volta vengono inghiottiti dal portone e spariscono. Il Pdl è stordito, al calar del sole non si contano più le riunioni tra i dirigenti, tra i deputati, i senatori, le telefonate: che facciamo? L’inclinazione della voce e le increspature del volto sono le stesse che dovevano avere i generali di Napoleone alla vigilia di Austerlitz. A Montecitorio Denis Verdini prende la parola di fronte ai deputati, è acceso.

    A tarda sera Silvio Berlusconi riunisce la sua corte al Castello sotto assedio, e via del Plebiscito si rabbuia come i grandi gerarchi del berlusconismo, facce lunghe, nemmeno una parola ai giornalisti, uno per volta vengono inghiottiti dal portone e spariscono. Il Pdl è stordito, al calar del sole non si contano più le riunioni tra i dirigenti, tra i deputati, i senatori, le telefonate: che facciamo? L’inclinazione della voce e le increspature del volto sono le stesse che dovevano avere i generali di Napoleone alla vigilia di Austerlitz. A Montecitorio Denis Verdini prende la parola di fronte ai deputati, è acceso, “dobbiamo dimetterci tutti. Fino all’ultimo uomo”. Giancarlo Galan, l’ex presidente del Veneto, azzarda, “no, bisogna fare davvero l’Aventino. Andiamo tutti sul viale Aventino, ci mettiamo in una stanza e discutiamo finché non veniamo a capo di questo pasticcio”. Molte le voci contro il governo, e ciascuno vede un complotto, la persecuzione, lo spettro d’una sentenza di condanna che la corte di Cassazione potrebbe avere già scritto. “Ma no, no no”, si contorce Fabrizio Cicchitto, l’ex capogruppo, che invita alla calma, a valutare bene la situazione, a individuare i veri nemici, “questi vogliono usarci per fare cadere il governo. Non lo capite?”. Daniela Santanchè non è d’accordo, per lei questo governo serve solo a perdere tempo, è un’illusione, “stiamo accompagnando Berlusconi per mano fino alla galera”. E ci si accapiglia, pure. “Lei è con noi da poco”, dice Beatrice Lorenzin, il ministro Lorenzin, “e non rappresenta la maggioranza del partito”.

    Il Cavaliere tace, non consegna al pubblico alcuna dichiarazione, ma è in bilico, vorrebbe (potrebbe) rivoltare tutto, agitare il mondo intero se potesse, ma forse si trattiene, glielo consigliano gli avvocati, e pure la logica stessa, un calcolo di vantaggio. E d’altra parte c’è poco da fare, terremotare la grande coalizione? E per ottenere esattamente cosa? “Bisogna scrivere a Napolitano, chiedere un pronuciamento del presidente”, suggerisce Peppino Calderisi. E così, fino a sera, circola un misterioso documento, ultimativo, che Berlusconi dovrebbe convalidare al termine del suo Gran Consiglio notturno a Palazzo Grazioli, si vorrebbe una reazione del Pd e del governo contro la Cassazione. Ma è possibile? “I referendum radicali, dobbiamo subito appoggiare i referendum radicali per la giustizia giusta”, esplode Mariastella Gelmini, e tutti sono d’accordo, tutti fanno sì con la testa, ma il capo che ne pensa? “Non è convinto”; “Ah”. E ancora confusione, mentre al Senato, per tutto il pomeriggio, si tiene una seduta di autocoscienza collettiva, “bisogna spiegare alla gente tutte le cose buone che ha fatto Berlusconi, dobbiamo andare in televisione a dirlo agli italiani. Manifestazioni nelle città e nelle piazze”.

    Il Pdl ottiene l’interruzione dei lavori parlamentari, il Pd è in imbarazzo, oscilla, incerto e diviso mentre il malumore berlusconiano gonfia le stanze del governo, “non c’è nessuna ragione per sorridere o guardarci tra noi in modo rilassato”, mormora Angelino Alfano. Il vicepremier ieri ha fissato Enrico Letta negli occhi, poco prima che andasse al Quirinale da Giorgio Napolitano, i due soci del governo si sono trasmessi un moto d’inquietudine. Letta, che esclude uno spasmo violento del Pdl, adesso teme invece la dissipazione delle sue larghe intese, sa che questi mugugni del centrodestra forse non basteranno a far crollare tutto di botto, ma il premier sa pure che sono un morbo contagioso, e lui adesso teme il martirio lento e doloro dello spelacchiamento.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.