L'asse Washington-Firenze

La nomina di Obama a Roma è un'ottima notizia per l'americano Renzi

L’amore per l’Italia del nuovo ambasciatore a Roma è tutto nel cognome, Phillips, anglicizzazione dell’originario Filippi; l’amore per la Toscana è nelle pietre rosse di Borgo Finocchieto, pugno di case sulle colline senesi che l’avvocato ha comprato e ristrutturato, assieme alla moglie Linda Douglass, in un momento di lungimiranza mascherata da folle folgorazione sui sentieri della Val d’Orcia. John Phillips di investimenti se ne intende. Ha costruito una carriera sulla protezione degli whistleblower, rivelatori di corruzione e malaffare, e quando Barack Obama ha lanciato una stretta contro i truffatori nel settore privato le parcelle di Phillips si sono gonfiate a dismisura.

    New York. L’amore per l’Italia del nuovo ambasciatore a Roma è tutto nel cognome, Phillips, anglicizzazione dell’originario Filippi; l’amore per la Toscana è nelle pietre rosse di Borgo Finocchieto, pugno di case sulle colline senesi che l’avvocato ha comprato e ristrutturato, assieme alla moglie Linda Douglass, in un momento di lungimiranza mascherata da folle folgorazione sui sentieri della Val d’Orcia. John Phillips di investimenti se ne intende. Ha costruito una carriera sulla protezione degli whistleblower, rivelatori di corruzione e malaffare, e quando Barack Obama ha lanciato una stretta contro i truffatori nel settore privato le parcelle di Phillips si sono gonfiate a dismisura. Lui ha ricambiato diventando il pivot di una raccolta fondi da 3 milioni di dollari per la campagna elettorale del presidente e come ricompensa ha ottenuto l’assegnazione a Villa Taverna. L’ennesimo buon affare in una carriera passata tra lo studio legale e le poltrone di governo in stretta alleanza con la sua Linda, indefessa socialite che dal 2009 al 2010 ha diretto il delicato ufficio di comunicazione della Casa Bianca per la riforma sanitaria. Phillips ha avuto anche modo di estendere il suo giro di contatti internazionali dall’osservatorio privilegiato della Commission on White House Fellowships, della quale è stato membro durante gli anni di Clinton e poi presidente dal 2009.

    Ma le connessioni di Phillips con la Toscana non si riducono a una brochure per turisti americani in cerca di svaghi agresti, perché a Firenze c’è il più americano dei player politici italiani, Matteo Renzi. Si dice che Phillips sia un “sostenitore della causa renziana” e si è creata nel tempo una “consuetudine” con il suo entourage, consolidata a Washington ma soprattutto in Toscana, dove Phillips si è recato spesso – il ristorante fiorentino prediletto è “I fagioli”, in Corso dei Tintori – soprattutto da quando la moglie ha abbandonato la vicepresidenza della Atlantic Media Company per “fare esperimenti sul concetto di ‘più tempo libero’”. Due anni fa Renzi ha incontrato Phillips alla Casa Bianca e da allora il rapporto è stato coltivato da quel Marco Carrai che per conto di Renzi ha intessuto una trama di relazioni internazionali che va da Tony Blair all’universo clintoniano fino a pezzi privilegiati dell’Amministrazione Obama. Trama fruttuosa macchiata da qualche incidente occasionale, su tutti l’incontro con Bill Clinton alla vigilia delle primarie del Pd contro Pier Luigi Bersani, saltato all’ultimo per un pasticcio di comunicazione immediatamente cavalcato dagli avversari di Renzi imbizzarriti per la dose di prestigio che una photo opportunity con l’ex presidente avrebbe concesso al sindaco. In quell’occasione l’ambasciatore uscente, David Thorne, che pure negli anni romani ha mantenuto buoni rapporti con Renzi, diceva in privato che la galassia renziana si era fatta un po’ troppo “pushy”, insistente, tanta era la foga di capitalizzare aiuti americani per lanciare un’opa credibile alla leadership del partito. Thorne era agganciato all’Italia dal piano Marshall, Phillips ha addentellati nel cuore della Toscana, dove Renzi è alla costante ricerca di sponde per dare sostanza ai suoi progetti nazionali. Fra Washington, Londra e l’Arno il sindaco ha abilmente creato una rete per affermare la sua immagine di democratico moderno e internazionale affrancandola dal provincialismo delle correnti e delle faide d’altri tempi; e Phillips, sintetizza una fonte, “è un ottimo interlocutore”.