Al thawra mustamirra*

L'articolo del Nyt sul golpe egiziano è complottista. Copti uccisi nel Sinai

Daniele Raineri

Il New York Times arriva per primo e pubblica un pezzo sul mistero delle code degli egiziani ai distributori di benzina e sui blackout dell’energia elettrica, entrambi citati come prova dell’imminente collasso economico dell’Egitto ed entrambi magicamente spariti subito dopo il golpe dei generali contro il governo dei Fratelli musulmani. La domanda nell’aria a cui risponde il bureau cairota del New York Times è: il golpe è stato fabbricato in anticipo, con una accorta manipolazione della rabbia degli egiziani? (Anche altri media, per esempio Foreign Policy, stavano lavorando sulla stessa traccia).

    Il Cairo, dal nostro inviato. Il New York Times arriva per primo e pubblica un pezzo sul mistero delle code degli egiziani ai distributori di benzina e sui blackout dell’energia elettrica, entrambi citati come prova dell’imminente collasso economico dell’Egitto ed entrambi magicamente spariti subito dopo il golpe dei generali contro il governo dei Fratelli musulmani. La domanda nell’aria a cui risponde il bureau cairota del New York Times è: il golpe è stato fabbricato in anticipo, con una accorta manipolazione della rabbia degli egiziani? (Anche altri media, per esempio Foreign Policy, stavano lavorando sulla stessa traccia). “Siamo andati a dormire e il mattino dopo quando ci siamo svegliati la crisi non c’era più”, dice un benzinaio, Ahmed Nabawi, al Nyt. Il pezzo è stato però accusato di essere complottista e c’è chi punta il dito contro un collaboratore locale del quotidiano americano, Mayy el Sheikh, legato ai Fratelli musulmani. Una delle fonti citate è Naser el Farash, ex portavoce del ministero del Commercio interno nel governo Morsi. “Il golpe è stato preparato – dichiara – da diversi gruppi dentro lo stato, dai depositi di carburante alle cisterne che lo trasportano ai distributori fino alle stazioni di servizio, tutti hanno partecipato nella creazione della crisi”. La fine istantanea delle code ha fatto il paio con gli aiuti da 12 miliardi di dollari in arrivo da Arabia Saudita, Emirati arabi e Kuwait: così fare il collegamento è irresistibile, due più due uguale quattro, prima è stata creata una penuria di beni artificiale per scatenare proteste e poi è stato il momento del premio dato agli egiziani dall’esterno per aver deposto Morsi.

    Le poche stazioni di servizio sentite dal Foglio non sono in grado di confermare o di smentire. Farah Halime, egiziana esperta del Council on Foreign Relations che cura l’imprescindibile sito Rebel Economy sull’economia egiziana, ci tiene a smontare la tesi, per quanto suggestiva. La crisi del carburante non è per nulla finita, dice Halime, le code ai distributori ci sono ancora e per quanto riguarda la sensazione di sollievo post golpe potrebbe essere valida la spiegazione più semplice: per una settimana le normali attività si sono interrotte, si è consumata meno benzina, la scarsità era momentaneamente finita. “E ieri dove abito c’è stato di nuovo un blackout elettrico”.
    Il pezzo del Nyt raccoglie invece maggiori consensi dove cita la collaborazione inesistente degli apparati dello stato con il governo islamista: burocrazia, magistratura, polizia ed esercito hanno indetto uno sciopero bianco non dichiarato e permanente contro Morsi. Hanno cessato di svolgere le proprie funzioni, pur presentandosi al lavoro.

    Il dopo Morsi ieri è stato celebrato dall’esercito con una violenta operazione di sicurezza nella penisola del Sinai, dove – secondo fonti del giornale al Hayat – “i militari hanno ucciso anche 32 appartenenti al gruppo palestinese Hamas”, perché stavano aizzando le violenze in collaborazione con gli estremisti locali. In tutto, 200 uomini armati sono stati arrestati o uccisi. Il Sinai infestato dai jihadisti è un altro di quei dossier legati alla sicurezza che sono stati deliberatamente trascurati in questo anno di governo dei Fratelli. Ieri un secondo copto è stato trovato decapitato nel nord del governatorato, dopo il prete ammazzato domenica: è da intendersi come una rappresaglia per il putsch.

    * La rivoluzione va avanti

    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)