Nome per nome, così da Prodi in poi siamo diventati partner dei kazachi

Maurizio Stefanini

Da qualche giorno, i rapporti italo-kazachi sembrano essere diventati più decisivi di quelli con la Germania o la Francia. Dietro il confuso affaire Shalabayeva gli organi di stampa, tra detto e non detto, fanno sentire l’inconfondibile odore degli affari. Che, si sa, per i nostri moralisti sono sempre sterco del demonio. Ma qual è davvero lo stato dei rapporti economici tra Italia e Kazakistan? Non c’è solo l’Eni. Con quasi un miliardo di interscambio commerciale nel 2012, l’Italia è il secondo partner del Kazakistan in Europa, il sesto al mondo, e secondo paese di destinazione dell’export kazaco dopo la Cina, con un 18 per cento del totale.

    Da qualche giorno, i rapporti italo-kazachi sembrano essere diventati più decisivi di quelli con la Germania o la Francia. Dietro il confuso affaire Shalabayeva gli organi di stampa, tra detto e non detto, fanno sentire l’inconfondibile odore degli affari. Che, si sa, per i nostri moralisti sono sempre sterco del demonio. Ma qual è davvero lo stato dei rapporti economici tra Italia e Kazakistan? Non c’è solo l’Eni. Con quasi un miliardo di interscambio commerciale nel 2012, l’Italia è il secondo partner del Kazakistan in Europa, il sesto al mondo, e secondo paese di destinazione dell’export kazaco dopo la Cina, con un 18 per cento del totale. Primo importatore del petrolio kazaco, l’Italia ha nel paese di Nazarbayev e Ablyazov una presenza importante e delicata, che si traduce anche in un accordo di partenariato strategico che, secondo le stime dell’Istituto nazionale del commercio con l’estero, riguardava a gennaio 2013 ben 53 imprese.

    In particolare, dodici sono nel settore degli idrocarburi, ovvio in un paese che ha le dodicesime riserve mondiali di petrolio e le quattordicesime di gas: Agip, Renco e Saipem per l’estrazione; Bonatti spa, Igs, Kco e Rosetti Kazakhstan per le costruzioni nel settore petrolifero e gas; Kios Cjsc per la manutenzione degli impianti; Sicim spa e Ersai Caspian Contractor nella costruzione di oleodotti e gasdotti; Jsc Jv Byelkamit nella realizzazione di strutture per petrolio e gas, oltre che in chimica, nucleare, energia, costruzioni civili e alimentare. Quattro imprese sono attive nelle costruzioni: Impregilo; ancora Renco; Todini costruzioni generali spa, che ha 11 contratti per il rifacimento di 620 km del corridoio stradale tra Cina e l’Europa dell’est; Impresa spa. Nell’ingegneria c’è la Codest. Nell’interior design Casa Italia, Italian interiors and design e Too Itasia engineering. Nell’agrobusiness Agritalia Kazakhstan e Agrotecnica. In campo navale Caspian Ocean e Rina Kazakhstan. Nel settore alimentare Atatek, Mlechny Put, Dan King e Espresso Master. E poi l’Indesit. Unicredit, che ha la quinta banca del paese. Due imprese che si occupano di servizi di formazione, due imprese che si occupano di servizi finanziari, una società che offre assistenza legale, tre che offrono servizi di assistenza e consulenza alle aziende, tre che si occupano di logistica, una che si occupa di progettazione, produzione e startup di impianti industriali per la tutela dell’ambiente, una che produce impianti per la produzione di mangimi, un’industria per la produzione di cemento, una che si occupa di perforazione e manutenzione pozzi, una che produce attrezzature industriali, una che si occupa di servizi di trasporto, una impegnata nei sistemi di sicurezza aeroportuali, una farmaceutica, una di prodotti di bellezza.

    Un business robusto, di cui è stato fortemente mediatizzato il rapporto personale che nel suo stile Berlusconi ha voluto stabilire col presidente Nazarbayev, ma che in realtà era stato impostato in anni precedenti da Romano Prodi, ed è ovviamente continuato con i governi successivi. E se sono stati gli idrocarburi kazachi a compensare il venir meno del flusso dalla Libia durante la guerra civile, in compenso i consumatori kazachi sono sempre più attratti dal made in Italy. In particolare la moda e il vino. C’è anche un progetto di collaborazione tra Milano Expo 2015 e Astana 2017 per lo scambio di know-how italiano.
    Ma non mancano i motivi di stress. Secondo Wikileaks, ad esempio, “le imprese italiane del settore delle costruzioni lamentano le pressioni e i ritardi nei pagamenti da parte delle autorità locali e centrali, mentre gli esportatori di moda e vino lamentano che gli utili sono principalmente incamerati dalle dogane e dai dettaglianti locali”. In più c’è la storia di Kashagan: il vasto giacimento da 9-16 miliardi di barili di petrolio offshore nel nord-est del mar Caspio, del cui progetto di sfruttamento dal 13 febbraio 2001 al dicembre del 2008 Agip Kco fu operatore unico, pur con partner Shell, Exxon, Total, ConocoPhillips, Inpex e la società di stato kazaca Kmg. Ma in seguito è stata costretta a ridimensionare la sua quota al 16,81 per cento, e dal 2012 le è rimasto solo l’impianto onshore, mentre l’offshore è andato alla Shell e le trivellazioni a ExxonMobil.

    Alcuni analisti ritengono che questo declassamento dell’Eni sia stato causato da un know-how non all’altezza di temperature che possono scendere anche fino ai 35 gradi sotto zero. Altre indiscrezioni suggeriscono problemi di inserimento nel sistema di “influenze” del Kazakistan. In particolare il caso di Flavio Sidagni, dirigente Eni arrestato nel dicembre del 2010 per il possesso di 120 grammi di hashish e condannato a sei anni in condizioni di detenzione durissime, è stato da qualcuno collegato a problemi di tangenti non pagate e da qualcun altro addirittura a una “pressione” sull’Eni perché cedesse al governo altri asset: ipotesi che la società ha peraltro seccamente smentito.
    Altre indiscrezioni ancora si concentrano sul quadro internazionale, osservando come la presenza dell’Italia in Kazakistan sia finita chiaramente sotto pressione proprio nel momento in cui nel quadro delle primavere arabe era partito l’attacco anche alle nostre posizioni in Tunisia e in Libia.

    Dal think tank il nodo di Gordio, che ha studiato il quadro kazaco con attenzione, si segnala anche che “la Total sta da tempo cercando di subentrare all’Eni nel giacimento gas di Kashagan”, che “Hollande è stato già due volte da Nazarbayev” e che “Ablyazov è legato a gruppi francesi che si occupano di gas e controllano importanti mezzi di comunicazione con diramazioni anche in Italia”. Ma anche gli inglesi avrebbero interessi a indebolire l’Eni: e a parte la consulenza di Blair a Nazarbayev, è stata la stampa britannica a tirare fuori lo scandalo delle due kazache espulse a una certa distanza dai fatti, ma proprio subito dopo il viaggio di Cameron ad Astana e mentre Nazarbayev era appena arrivato a fare le vacanze in Sardegna.