Ecco come al G20 di Mosca è venuta fuori la balla dei Brics
E’ partito ieri a Mosca il G20, consueta riunione dei venti paesi più industrializzati, dedicato a lavoro e finanza. Sul primo fronte, nella capitale russa si sono incontrati anche i rappresentanti dei sindacati internazionali (per l’Italia il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, e i ministri del Lavoro e delle Finanze, Enrico Giovannini e Fabrizio Saccomanni) per affrontare l’emergenza occupazionale che dovrebbe portare nel 2013 ad avere 200 milioni di persone senza lavoro nel mondo, di cui quasi la metà (93 milioni) nelle venti economie più sviluppate. Sul fronte della finanza, invece, il focus è su un possibile giro di vite all’elusione fiscale delle multinazionali, insieme alla crescita economica globale dopo le politiche monetarie espansive degli ultimi anni.
E’ partito ieri a Mosca il G20, consueta riunione dei venti paesi più industrializzati, dedicato a lavoro e finanza. Sul primo fronte, nella capitale russa si sono incontrati anche i rappresentanti dei sindacati internazionali (per l’Italia il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, e i ministri del Lavoro e delle Finanze, Enrico Giovannini e Fabrizio Saccomanni) per affrontare l’emergenza occupazionale che dovrebbe portare nel 2013 ad avere 200 milioni di persone senza lavoro nel mondo, di cui quasi la metà (93 milioni) nelle venti economie più sviluppate. Sul fronte della finanza, invece, il focus è su un possibile giro di vite all’elusione fiscale delle multinazionali, insieme alla crescita economica globale dopo le politiche monetarie espansive degli ultimi anni. Un tema, quest’ultimo, che colpisce soprattutto i paesi emergenti e tra questi i Brics, acronimo di Brasile, Russia, India e Cina (con l’aggiunta successiva di Sudafrica). I Brics, che secondo le ultime classifiche Ocse rappresentano il 25 per cento del pil, il 15 per cento dei commerci e il 40 per cento della popolazione mondiale, sono stati protagonisti coi loro alti tassi di crescita degli ultimi dieci anni; ma adesso hanno (già) fatto il loro tempo. Secondo Bloomberg, gli investitori nell’ultimo anno hanno ritirato 13,9 miliardi di dollari da quei cinque paesi, cioè un terzo di tutti i soldi lì investiti dal 2005 a oggi. A pesare è la fine dei “soldi facili” in arrivo soprattutto dagli Stati Uniti con la politica della Federal Reserve di Ben Bernanke. Con conseguenze pesanti: l’indice borsistico dedicato, il Msci Bric, ha perso il 12 per cento nell’ultimo trimestre, mentre le valute dei cinque paesi in questione hanno perso oltre il 4 per cento e i titoli di stato relativi lo 0,6 per cento: una combinazione di fattori negativi che si ritrova solo andando indietro di sette anni. Secondo diversi analisti, quella dei Brics sarebbe una vera e propria bolla, come quella asiatica degli anni Novanta o quella delle dot-com del Duemila; una bolla già scoppiata.
I problemi che affliggono i Brics non sono infatti solo esterni: in Brasile la combinazione di inflazione galoppante, riduzione della crescita e proteste diffuse, sta mettendo in fuga gli investitori esteri. In Russia il pil del 2013 è stato rivisto più volte al ribasso e ora è previsto al 2,4 per cento, meno della metà del 5 per cento promesso dal presidente Vladimir Putin per la sua rielezione. La Cina – scrive l’Economist in edicola – probabilmente chiuderà i bilanci di quest’anno col peggior risultato dal 1998. Su tutti pesa il ritiro dei capitali americani: uno “tsunami monetario”, come l’ha definito il presidente brasiliano Dilma Rousseff, che a giugno ha chiamato la sua controparte cinese per prendere provvedimenti comuni contro la “fine” dei soldi americani. Sta causando conseguenze pesanti anche l’apprezzamento del dollaro, che porta alta inflazione costringendo i Brics a strette monetarie proprio mentre le loro economie richiederebbero una spinta espansiva. La presidente brasiliana cerca da mesi un’azione coordinata tra i Brics, ma al momento è difficile che ciò si concretizzi in qualcosa di reale. Ieri all’apertura del G20 di Mosca un panel era dedicato proprio ai paesi del quintetto, ma le dichiarazioni della vigilia non sono confortanti. Il ministro dell’Economia russo, Anton Siluanov, ha messo in guardia dagli effetti delle politiche espansive dei paesi sviluppati sui Brics, ma ha anche ammesso che gli sforzi congiunti finora non hanno portato a nulla: “Non ci sono discussioni in atto su misure per contrastare il dollaro forte”, ha detto. Anche l’idea di creare una banca per lo sviluppo riservata ai quattro paesi, insieme a un fondo di 100 miliardi di dollari – misure annunciate al summit Brics di Durban in Sudafrica a marzo – finora è rimasta lettera morta.
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