Il Giappone che dà fiducia all'Abenomics ora vuole le riforme

Alberto Brambilla

La consistente vittoria dei conservatori giapponesi alla Camera alta dà la possibilità all'attuale premier, Shinzo Abe, di spingere sulle radicali riforme economiche promesse a dicembre, quand'è stato eletto capo del governo. Ora i conservatori del Partito liberal democratico (Lpd) e i suoi alleati controllano con una maggioranza di due terzi la Dieta, il Parlamento giapponese. Il voto di domenica ha infatti consegnato al Lpd 135 seggi su 242 alla Camera alta, anche grazie al contributo dell'alleato Nuovo Komeito. Questo risultato si aggiunge alla “supermaggioranza” (325 su 480 seggi) che i conservatori vantano già nella Camera bassa.

    La consistente vittoria dei conservatori giapponesi alla Camera alta dà la possibilità all’attuale premier, Shinzo Abe, di spingere sulle radicali riforme economiche promesse a dicembre, quand’è stato eletto capo del governo. Ora i conservatori del Partito liberal democratico (Lpd) e i suoi alleati controllano con una maggioranza di due terzi la Dieta, il Parlamento giapponese. Il voto di domenica ha infatti consegnato al Lpd 135 seggi su 242 alla Camera alta, anche grazie al contributo dell’alleato Nuovo Komeito. Questo risultato si aggiunge alla “supermaggioranza” (325 su 480 seggi) che i conservatori vantano già nella Camera bassa. I partiti di sinistra, compreso quello comunista, sono stati ormai marginalizzati e hanno perso alcuni seggi. Il Partito democratico giapponese (Dpj), principale avversario del Lpd, è stato ulteriormente ridimensionato.

    Secondo gli osservatori internazionali, il risultato delle urne suggerisce che il voto dei cittadini (soprattutto dell’elettorato urbano, anziché di quello rurale) non è stato politico bensì economico. Il riassunto di alcuni report diffusi dalle banche d’affari è che i giapponesi hanno votato per una politica orientata al mercato e chiedono di continuare con le riforme strutturali necessarie a interrompere la spirale deflazionistica e al contempo invertire la rotta della depressione economica. Per Abe il risultato elettorale è certamente una buona notizia, ma ha un risvolto potenzialmente negativo: è una grande vittoria, davanti ci sono sfide enormi, e Abe non avrà più scuse se non riuscirà a vincerle. E’, in sintesi, la visione di un rapporto della banca d’affari Morgan Stanley a firma di Robert Alan Feldman, da anni a capo del bureau di Tokyo. Dice Feldman: “Ironicamente, l’ampia vittoria è un’arma a doppio taglio. Da un lato, dà l’opportunità alla coalizione di maggioranza di agire sui molti dossier economici aperti. Dall’altro, vuol dire che non ci sono più scuse per l’inazione e (i conservatori, ndr) non potranno certo dare la colpa della lentezza su decisioni particolarmente difficili a una Dieta divisa. […] Con una larga maggioranza non ci sono più scuse, e per questo un fallimento potrebbe portare a una reazione potente dei mercati”. Anche Abe è consapevole del rischio: “Dobbiamo rispondere alla voce delle persone, che vogliono risultati tangibili dalle politiche economiche che intendiamo perseguire”, ha detto il premier giapponese in un’intervista a nikkey.com ieri.

    Al premier Abe vengono comunque riconosciuti dagli osservatori alcuni meriti indiscutibili. Uno su tutti è quello di avere scelto Haruhiko Kuroda come governatore della Bank of Japan. La politica espansionistica della Banca centrale giapponese (78 miliardi di dollari mensili in acquisti di asset) è infatti il primo pilastro della Abenomics, e sta spingendo la Borsa, il commercio e sta deprimendo il corso dello yen. E’ piuttosto sul lato delle politiche economiche da mettere in campo che andranno verificate le promesse fatte da Abe in campagna elettorale. L’agenda degli impegni è fitta, le scadenze incombono soprattutto nel corso dell’autunno, in concomitanza con un probabile reimpasto di governo. Nelle prossime settimane due rapporti – uno del ministero delle Finanze e un altro della commissione nazionale sul Sistema di sicurezza sociale – indicheranno la traiettoria delle politiche di controllo della spesa (ovvero quanto Tokyo potrà spendere) in forza anche delle entrate e delle uscite pregresse. Gli investitori puntano a un taglio del 20 per cento delle imposte sui guadagni delle grandi imprese, oltre alla fine della doppia tassazione dei dividendi per le imprese quotate. Altro tema cruciale è quello dell’energia nucleare: nonostante il disastro di Fukushima, le lobby premono per riattivare le centrali, per una maggiore spesa in ricerca e sviluppo e una deregolamentazione del mercato dell’elettricità.

    • Alberto Brambilla
    • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.