L'idea di un patto trasversale per alleggerire il fardello greco

Domenico Lombardi

Oltre alle dichiarazioni di rito, la recente visita di Wolfgang Schäuble ad Atene è servita, per la Grecia, a concordare i parametri politici di un nuovo programma, di fatto il terzo dal 2010, che la Germania potrebbe appoggiare non prima del prossimo autunno. Per Berlino, invece, si è trattato di incassare la rassicurazione che il governo di Atene manterrà un basso profilo internazionale avvicinandosi il delicato appuntamento elettorale di settembre.

    Oltre alle dichiarazioni di rito, la recente visita di Wolfgang Schäuble ad Atene è servita, per la Grecia, a concordare i parametri politici di un nuovo programma, di fatto il terzo dal 2010, che la Germania potrebbe appoggiare non prima del prossimo autunno. Per Berlino, invece, si è trattato di incassare la rassicurazione che il governo di Atene manterrà un basso profilo internazionale avvicinandosi il delicato appuntamento elettorale di settembre.

    Nell’anno in corso, la Grecia raggiungerà l’avanzo primario di bilancio e l’equilibrio esterno con un lieve surplus delle partite correnti. Non è tutto quello che ci si aspettava dall’attuale programma, ma è abbastanza per porre la relazione con Berlino su un piano di minore diffidenza, consentendo alla cancelliera, Angela Merkel, di mostrare all’elettorato tedesco che la sua strategia dei passi misurati e condizionati sta dando i suoi frutti.

    Invece per il primo ministro greco Antonis Samaras, ora che la stabilità macroeconomica è vicina, la strategia è di superare una volta per tutte la fase di emergenza e ottenere, nei prossimi mesi, un aumento delle risorse a disposizione negoziando una revisione del programma in corso: a fronte di riforme strutturali pro crescita, i creditori ufficiali dovrebbero fornire risorse aggiuntive rispetto a quelle messe sul tavolo sino a ora.

    Proprio in questi giorni, l’avvio della razionalizzazione di un nucleo del pubblico impiego consente al governo Samaras di rafforzare la credibilità per dare impulso a questa nuova strategia. Infatti, il settore statale è stato, almeno fino a poco tempo fa, posto ai ripari dai rigori dell’aggiustamento che ha interessato in larga parte il settore privato. La riduzione nel peso della Pubblica amministrazione è stata conseguita per lo più tramite il blocco del turn over. Non è un caso che il miglioramento dei saldi di finanza pubblica si è materializzato in larga parte grazie a un incremento della pressione fiscale e una riduzione nella spesa per interessi piuttosto che a una razionalizzazione della spesa pubblica.
    In contrasto, il settore privato ha subìto, dall’inizio della crisi, quasi l’intero onere dell’aggiustamento con la sostenuta fuoriuscita di forza lavoro. Tale aggiustamento non ha riguardato solo il numero degli occupati, ma anche i salari che sono diminuiti a un ritmo ben maggiore di quelli del settore pubblico.
    A parte l’apparente iniquità nella distribuzione dell’onere dell'aggiustamento, la dinamica in parola ha generato una “svalutazione” della base imponibile riducendo la capacità contributiva netta del sistema e compromettendo la sostenibilità del processo di aggiustamento fiscale. Occorre aggiungere che, prima della crisi, l’economia greca era, nell’intera Eurozona, quella con il più basso rapporto di salariati del settore privato rispetto al pil e con l’amministrazione pubblica più inefficiente, secondo alcune analisi.
    Se la maggiore enfasi sulle riforme strutturali, a partire dalla valorizzazione del settore privato come motore della crescita, vede d’accordo le autorità elleniche e la Troika, le questioni irrisolte riguardano la dinamica nell’erogazione delle risorse aggiuntive e la posizione delicata in cui è venuto a trovarsi il Fondo monetario internazionale che ne accrescerà ulteriormente la posizione conflittuale rispetto ai creditori europei.

    A fronte di progressi meno che soddisfacenti nelle privatizzazioni e di una contrazione del pil più elevata del previsto, il programma di prestito alla Grecia è divenuto chiaramente sottodimensionato rispetto alle esigenza finanziarie chiamato a soddisfare, nella misura di circa il 4 per cento del pil secondo alcuni operatori di mercato. La soluzione più semplice, dal punto di vista tedesco, è di rinviare alla primavera del prossimo anno qualsiasi iniziativa in merito così da evitare decisioni potenzialmente imbarazzanti se annunciate immediatamente all’indomani delle elezioni tedesche in settembre.

    Quest’approccio è inaccettabile per il Fmi, uno dei membri della Troika. Sulla base del suo impianto normativo, il Fondo può erogare finanziamenti a un paese in difficoltà solo se il programma di assistenza copre l’intero fabbisogno finanziario. Nel caso in parola, pertanto, dovrebbe chiudere un occhio oppure congelare l’intero programma, a meno che gli europei non intervengano immediatamente con una iniezione di risorse aggiuntive. Entrambe le soluzioni hanno conseguenze significative sul piano delle ricadute con il suo azionariato. La prima opzione rafforzerebbe il ruolo di Christine Lagarde, il direttore generale del Fmi, tra gli azionisti europei ma la delegittimerebbe di fronte agli altri. Come in altri casi, la Casa Bianca rischia di essere l’ago della bilancia che potrebbe, però, questa volta, pendere dall'altro lato dell’Atlantico. A Pennsylvania Avenue, i consiglieri del presidente ritengono che i costi di una strategia attendista pro europea siano troppo elevati. Il rischio è di esporre la Casa Bianca agli attacchi dei falchi del Congresso proprio in un momento in cui spera di ottenere l’approvazione di un importante pacchetto di riforme della governance del Fmi a favore delle economie emergenti, di cui aveva agevolato la negoziazione nel lontano 2010 e che, sinora, è rimasto inoperoso per il veto congressuale, nonostante il via libera degli altri membri dell’organizzazione multilaterale. L’unico modo per quadrare il cerchio, almeno nei prossimi mesi, sarà una soluzione salomonica in cui la Germania dà il via libera a una ristrutturazione del debito ufficiale greco, una ristrutturazione “soft”, concedendo un’ulteriore riduzione del tasso di interesse e un’ulteriore dilazione dei tempi di pagamento. La ristrutturazione del debito pubblico greco, pari a oltre il 160 per cento del pil come appena reso noto dall’Eurostat, verrebbe rinviata più in là nel tempo.