Quel dubbio che tra vittorie e sponsor Bolt non riesce a seminare
Un passo di danza giamaicano (personalizzato), è questo il gesto con cui Usain Bolt festeggia le sue vittorie, i suoi record e il suo conto in banca. Non passerà alla storia come lo sportivo più pagato, ma nell’atletica leggera non ha rivali con 15 milioni di euro guadagnati nel 2012 che si stima diventeranno 18 quest’anno grazie anche al rinnovo del contratto con Puma per 7,5 milioni dopo i Mondiali di Mosca (10-18 agosto). Quando si presentò al mondo con l’exploit di Pechino 2008, i suoi guadagni ammontavano a ‘soli’ 2 milioni di euro. Oggi, un lustro dopo, sono cresciuti vertiginosamente.
Un passo di danza giamaicano (personalizzato), è questo il gesto con cui Usain Bolt festeggia le sue vittorie, i suoi record e il suo conto in banca. Non passerà alla storia come lo sportivo più pagato, ma nell’atletica leggera non ha rivali con 15 milioni di euro guadagnati nel 2012 che si stima diventeranno 18 quest’anno grazie anche al rinnovo del contratto con Puma per 7,5 milioni dopo i Mondiali di Mosca (10-18 agosto). Quando si presentò al mondo con l’exploit di Pechino 2008, i suoi guadagni ammontavano a ‘soli’ 2 milioni di euro. Oggi, un lustro dopo, sono cresciuti vertiginosamente.
Carl Lewis con Mizuno aveva un contratto da 250.000 euro l’anno, Michael Johnson ne percepiva 900.000 dalla Nike, Yelena Isinbayeva 1,1 milioni con Li Ning e Marion Jones 1,5 milioni sempre con Nike. Nessuno di questi cachet è paragonabile a quello che riesce a fare Bolt grazie a Puma e ad altri dieci sponsor (dalle automobili alle bibite energetiche, dai cellulari agli operatori telefonici) che l’accompagnano nelle sue avventure sportive. Eppure Carl Lewis non era meno amato, ma Bolt è diventato un brand globale sinonimo di vitalità e gioia e il modo in cui ha vinto i 100 metri a Pechino, con quelle braccia allargate, quasi a scusarsi della propria superiorità, è stato come vedere Maratona segnare il secondo gol all’Inghilterra nel Mondiale dell’86.
Il suo manager è l’irlandese Ricky Simms, patron della Pace Sports Management, che tra gli altri cura anche gli interessi di Mo Farah, somalo nazionalizzato inglese, campione olimpico nei 5.000 e nei 10.000. Con una media di otto meeting l’anno a 225.000 euro per ciascuna partecipazione si arriva a 1,8 milioni; a questi vanno aggiunti i soldi versati dalla Iaaf per la Diamond League: 7.700 per vittoria, 31.000 a fine anno. Ogni primo posto ai prossimi Mondiali porterà nelle tasche di Usain Bolt 47.000 euro, più un bonus di 77.000 in caso di record del mondo, lui che già detiene sia quello sui 100 che quello sui 200 metri. È evidente che sono gli sponsor la vera cassaforte dell’atleta giamaicano, capace di dire no a 3,8 milioni per dieci giorni di promozioni e pubblicità, a meno che non sia la Puma a chiederlo, l’azienda che ha scommesso su di lui più di dieci anni fa, quando era solo un ragazzo, bravo, promettente, ma lontano dal Dio che tutti corrono ad ammirare: “La presenza di Bolt a Roma l’anno scorso ha fatto vendere 25.000 biglietti in più”, sottolinea Simms.
Nike e Adidas restano a guardare, mentre il marchio cinese Li Ning (fondato dall’ex ginnasta che gli ha dato il nome) avrebbe la liquidità per insidiare il rapporto tra Usain e l’azienda tedesca, visto che appena un anno fa ha siglato un accordo con Dwyane Wade (Miami Heat) per 100 milioni di dollari in dieci anni. Bolt possiede anche una propria linea di abbigliamento To Di World che ha per logo il suo gesto feticcio, ma i ricavi giustificano più il brand che l’investimento. Nella classifica degli sportivi più ricchi redatta da Forbes, il giamaicano è solo al 40° posto, lontano anni luce da Tiger Woods primo con 60,2 milioni di euro l’anno. Eppure nessuno come Usain nell’atletica leggera si è così avvicinato ai guadagni dei calciatori e dei cestisti Nba.
Ma le sua priorità al momento restano la pista e l’allenamento con il coach Glen Mills, per rimanere competitivo e vincente, per continuare a danzare sui record cercando di non scivolare mai. Com’è invece accaduto a Tyson Gay e Asafa Powell; l’americano si è visto sospendere il contratto da Adidas, mentre Puma tace, essendo lo sponsor di Bolt e della squadra giamaicana di atletica leggera.
Mark Patterson su eurosport.com ha posto pubblicamente la domanda che tutti noi ci stiamo facendo in questi giorni: lo scandalo doping infangherà anche Usain Bolt? Premettendo che è pulito, che i suoi record sono cristallini, che il suo nome non è mai stato accostato all’uso di sostanze dopanti: “Ci viene chiesto di credere che Usain Bolt è più veloce di un decimo di secondo di tutti i suoi rivali, la maggioranza dei quali, in un modo o nell’altro, ha avuto a che fare con il doping” scrive senza ipocrisia Patterson. In pratica tutti gli atleti, da Ben Johnson in poi, che sono scesi sotto i 10 secondi. Ma un Dio si venera non si giudica: è lo spettacolo dello sport, fino a provetta contraria.
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