Offensiva estiva

Sull'economia Obama fa uno strike preventivo contro i repubblicani

Paola Peduzzi

Ha mostrato il cuore per un attimo, Barack Obama, in quel bel discorso sulla razza pronunciato venerdì: l’ha scritto a mano, dopo un incontro infervorato con i suoi consiglieri la sera precedente – così racconta il New York Times – che l’hanno ascoltato attoniti, mentre lui parlava per quindici minuti senza fermarsi dell’omicidio di Trayvon Martin (“avrei potuto essere io 35 anni fa”), dell’assoluzione del suo assassino, di quello che si può fare per un’America migliore – il “personal touch” come non si vedeva da tempo. Poi Obama ha rimesso via il cuore, ed è tornato alle faccende della ragione e del calcolo. Da domani e per alcune settimane il presidente terrà alcuni discorsi sull’economia.

    Ha mostrato il cuore per un attimo, Barack Obama, in quel bel discorso sulla razza pronunciato venerdì: l’ha scritto a mano, dopo un incontro infervorato con i suoi consiglieri la sera precedente – così racconta il New York Times – che l’hanno ascoltato attoniti, mentre lui parlava per quindici minuti senza fermarsi dell’omicidio di Trayvon Martin (“avrei potuto essere io 35 anni fa”), dell’assoluzione del suo assassino, di quello che si può fare per un’America migliore – il “personal touch” come non si vedeva da tempo. Poi Obama ha rimesso via il cuore, ed è tornato alle faccende della ragione e del calcolo. Da domani e per alcune settimane il presidente terrà alcuni discorsi sull’economia, perché Washington s’è distratta – sta leggendo in massa il libro che parla di lei, “This town” di Mark Leibovich, che non ha l’indice dei nomi in fondo, tocca sfogliarlo tutto – ma sono le tasche degli americani che contano. A ottobre inizia il nuovo anno fiscale e Obama si porta avanti con il lavoro, che è soprattutto quello di negoziare con i repubblicani, azzannando per primo. La Casa Bianca vuole che alcuni tagli alla spesa federale non scivolino anche nel prossimo anno, ma i repubblicani (che sono maggioranza alla Camera) pretendono un impegno a maggiori riduzioni come condizione per aumentare il tetto del deficit. Lo scontro è sempre lo stesso – rigore nei conti, tasse, tagli –  ma nel tempo non va migliorando, anche perché alla ripresa lenta si aggiungono altre questioni, come l’immigrazione.

    Domani Obama terrà il primo discorso di questo tour al Knox College di Galesburg, nel “suo” Illinois, e si dedicherà a ciò che il governo può fare per aiutare gli americani nella ripartenza. Sono bastate poche ore perché i commentatori (soprattutto quelli ostili) ricordassero che il presidente aveva già tenuto un discorso in questo college, sempre sull’economia, otto anni fa, quando era senatore da appena sei mesi. “Quasi tutto quel che disse allora – ha scritto David Wessel sul Wall Street Journal – sulla middle class, sulla tecnologia e la globalizzazione può essere ripetuto oggi”, ma Obama è alla Casa Bianca da cinque anni e il reddito medio della middle class è dell’otto per cento più basso rispetto a dieci anni fa – il dato principe che permette di ribadire che quello appena passato è stato un decennio perduto per la classe media americana (e non solo).

    Secondo le aspettative degli economisti obamiani, a questo punto della sua presidenza il rilancio economico avrebbe già dovuto essere solido, mentre per ora arrivano timidi segnali – e lentissimi – alternati con notizie devastanti come quella del fallimento di Detroit. La formula tax-and-spend che i democratici vorrebbero applicare in modo più flessibile e creativo, soprattutto perché il 2014 è anno di elezioni mid-term, è osteggiata in ogni modo dai repubblicani, che non vogliono più passare per i cattivi – come vorrebbe Obama – ma come quelli che hanno a cuore un futuro sostenibile, per quanto austero, per il paese. Lo speaker del Congresso, il repubblicano John Boehner, ha già detto di voler far di tutto per invertire “questo new normal” che è diventata la crescita lenta, ma ha un problema politico speculare a quello di Obama, come ha scritto Jennifer Senior in un bell’articolo sul magazine New York: la legacy. Il presidente e Boehner vogliono lasciare il segno, ma non sanno ancora se si noterà di più la lite grandiosa o il patto che dimostra maturità e stabilità. Se prevale la seconda via, il negoziato potrebbe essere meno acido del previsto.

    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi