Contraddizioni sindacali

Perché la sentenza della Consulta discredita la Fiom

Francesco Forte

Contrordine compagni. L’articolo 19 nel testo vigente dello Statuto dei lavoratori, secondo il quale quando c’è un contratto aziendale le rappresentanze sindacali sono composte dai sindacati che lo hanno firmato – un comma che la Cgil aveva ottenuto mediante un referendum da essa medesima promosso – va abrogato. E’ contrario al pluralismo sindacale, voluto dalla Costituzione, come ha detto la Consulta. E quindi la Fiat, che ha fatto un contratto aziendale seguendo l’articolo 19, ha violato la Carta. Così dice appunto la motivazione della sentenza del giudice Mario Morelli della Corte costituzionale, che accoglie un ricorso della Fiom.

    Contrordine compagni. L’articolo 19 nel testo vigente dello Statuto dei lavoratori, secondo il quale quando c’è un contratto aziendale le rappresentanze sindacali sono composte dai sindacati che lo hanno firmato – un comma che la Cgil aveva ottenuto mediante un referendum da essa medesima promosso – va abrogato. E’ contrario al pluralismo sindacale, voluto dalla Costituzione, come ha detto la Consulta. E quindi la Fiat, che ha fatto un contratto aziendale seguendo l’articolo 19, ha violato la Carta. Così dice appunto la motivazione della sentenza del giudice Mario Morelli della Corte costituzionale, che accoglie un ricorso della Fiom. L’esclusione del sindacato metalmeccanico era “una forma impropria di repressione del dissenso” e contrasta “sul piano negoziale con i valori del pluralismo e della libertà di azione dell’organizzazione sindacale” perché “condiziona il beneficio esclusivamente a un atteggiamento consonante con l’impresa”. Inoltre “sconta il rischio di raggiungere un punto di equilibrio attraverso un illegittimo accordo ad excludendum”. Quante contraddizioni in questa motivazione! La Fiat, intanto, ha vinto il primo round, perché al giudice che sostiene che essa ha violato la Costituzione ha correttamente risposto che si è limitata ad applicare la legge: è ovvio che se Fiat avesse ammesso fra le Rappresentanze sindacali aziendali (Rsa) anche Fiom – che non aveva firmato il contratto – avrebbe violato la legge. E quale legge? Lo Statuto dei lavoratori. E quale articolo? Il 19, proprio quello derivante da un referendum promosso da Cgil, cui la Corte – in precedenza – non aveva opposto eccezioni di incostituzionalità!

    La frase più debole della motivazione è quella relativa al punto di equilibrio fra le parti e l’accordo d’esclusione. Invero, il “punto di equilibrio” riguardante la composizione delle Rsa nelle aziende Fiat Auto non è frutto di un “accordo ad excludendum delle parti”, ma della legge vigente all’epoca. E non è dimostrato che Cisl, Uil e altri sindacati che avevano aderito ai contratti non volessero la Fiom-Cgil nelle Rsa. Al contrario, dal loro comportamento successivo si desume che esse – se la legge lo avesse previsto – l’avrebbero accettato. Inoltre, la frase “sconta il rischio di raggiungere un punto di equilibrio”, col termine “rischio” indica una probabilità: non è una certezza. La natura probabilistica del risultato è ribadita col termine (poco tecnico) “sconta”, che non equivale a “presenta” e può quindi indicare uno “sconto” ossia una “riduzione”. Dunque, le rappresentanze sindacali degli oppositori del contratto aziendale sono riammesse nelle aziende che lo hanno firmato al fine di tutelare il pluralismo e la libertà sindacali (che pare siano superiori alla libertà dei singoli). Ma ciò non vale necessariamente per l’interpretazione del contratto, il cui punto corretto di equilibrio non è stravolto se qualche sindacato è assente, sarebbe solo a “rischio”.

    L’ideologia del centralismo sindacale nazionale fa retrocedere il diritto del lavoro e l’interpretazione della Costituzione a un modello opposto a quello del mercato di concorrenza, che è uno dei pilastri dell’Unione monetaria e anche del trattato dell’Unione europea. Dal punto di vista del diritto ciò crea un potenziale conflitto su cui si dovrà mediare. Dal punto di vista economico, la mancata diffusione dei contratti aziendali con libera contrattazione periferica crea un problema di compatibilità alla permanenza dell’Italia nell’Eurozona, in competizione con la Germania, ove la contrattazione è libera e diffusa, oltreché con molti stati dell’Unione europea, esterni all’Eurozona, e con gli Stati Uniti. Adesso Fiat ha avuto un assist per andarsene dall’Italia: coi suoi contratti “liberi” la si accusa di avere violato la Costituzione. E la sentenza è molto difficile da spiegare a un investitore estero che voglia ubicare in Italia delle aziende o voglia accordarsi con i lavoratori tramite la maggioranza sindacale locale e il referendum aziendale. La Fiom adesso dovrebbe piuttosto farsi carico della colpa, anche al di là del vero, di ostacolare gli investimenti in Italia e di favorire l’esodo delle multinazionali già presenti. Come fa a esultare il capo dei metalmeccanici Fiom, Maurizio Landini, per le impopolarità trasversali che ciò ha procurato al suo sindacato?