Scandalo a New York

Paola Peduzzi

Ha imparato, Anthony Weiner, che negare l’evidenza quando le prove sono online non è saggio, meglio ammettere tutto e subito piuttosto che inventarsi hacker sconosciuti che entrano nel tuo account di Twitter e spediscono tue foto in mutande, meglio scusarsi in gran fretta con uno show da pentimento reiterato – la presenza della moglie con gli occhi e la voce bassa in questi casi aiuta. Ha imparato, Anthony Weiner, a non essere mai troppo sicuro nel dichiarare la propria riabilitazione, se si sa che c’è ancora una marea di roba, in giro per la rete, in grado di travolgerti nuovamente: meglio mettere le mani avanti, dichiarare che “usciranno altre cose” quando tutti sono disposti a perdonarti perché la penitenza l’hai fatta.

    Ha imparato, Anthony Weiner, che negare l’evidenza quando le prove sono online non è saggio, meglio ammettere tutto e subito piuttosto che inventarsi hacker sconosciuti che entrano nel tuo account di Twitter e spediscono tue foto in mutande, meglio scusarsi in gran fretta con uno show da pentimento reiterato – la presenza della moglie con gli occhi e la voce bassa in questi casi aiuta. Ha imparato, Anthony Weiner, a non essere mai troppo sicuro nel dichiarare la propria riabilitazione, se si sa che c’è ancora una marea di roba, in giro per la rete, in grado di travolgerti nuovamente: meglio mettere le mani avanti, dichiarare che “usciranno altre cose” quando tutti sono disposti a perdonarti perché la penitenza l’hai fatta, così poi puoi presentarti ai giornalisti spavaldo, “ve l’avevo detto che sarebbe successo, datemi un’altra chance, non perdiamo tempo”.

    Anthony Weiner, candidato tra i democratici alle elezioni per il sindaco di New York che si terranno l’anno prossimo, prova a surfare sopra allo scandalo: non si condanna due volte una persona per lo stesso reato. I fatti nuovi sono questi: una ragazza di 22 anni ha conosciuto Carlos Danger (nome d’arte di Weiner) chattando su Formspring, hanno avuto una relazione online quando Weiner si era già dimesso, quando quindi aveva già dichiarato il falso negando le sue frenetiche attività di “sexting”, quando aveva già ammesso la verità e promesso che non l’avrebbe fatto mai più. Sei mesi di autoscatti sexy e conversazioni telefoniche sexy, lei pensava che lui fosse innamorato, lui le prometteva che le avrebbe preso un appartamento a Chicago (per fare sesso) e che le avrebbe trovato un posto nella redazione di Politico. Poi tutto è finito, lui è scomparso nella riabilitazione famigliare, finché lei si è rivolta ai gossippari di The Dirty che due giorni fa ha pubblicato le prime foto (il soggetto è sempre il “pacco” di Weiner, prospettiva diversa).

    Il candidato sindaco è disposto a un’altra penitenza, ma questa volta vuole cavarsela in fretta, e ha la convinzione di potercela fare. Si spiega così la presenza di sua moglie alla conferenza stampa delle scuse, quella Huma Abedin “figlioccia” di Hillary Clinton che due anni fa, incinta di Weiner, si nascose, non fece dichiarazioni, si rifugiò da Hillary per imparare, anche lei, come fare a rialzarsi. Due giorni fa Huma era di fianco a Weiner, capelli raccolti e rossetto, ha letto il suo comunicato con un filo di voce, ammettendo di essere un po’ nervosa, ma scandendo: “Lo amo, l’ho perdonato, mi fido di lui” (alla fine ha cercato persino di sorridere). La “good wife” è un classico degli scandali sessuali americani: Huma è entrata nella parte già da qualche mese, la campagna elettorale di lui nasce sul presupposto che lei ci crede, che lei vuole vincere. Da aprile, quando è iniziato il rientro di Weiner (ufficializzato a fine maggio), l’operazione è andata alla grande. Due settimane fa il magazine New York ha pubblicato un articolo alla “strana e forse di successo candidatura” di Weiner dal titolo: “Huma? Hey, tesoro? Ero felice prima di iniziare a candidarmi sindaco?” con foto dei due in cucina, il bimbo in braccio a papà, la mamma che batte le mani. L’autore dell’articolo, Mark Jacobson, raccoglie le dichiarazioni dei newyorchesi, molte reazioni negative (“ma come osa?”), molta rassegnazione (“fanno sembrare bravo persino Bloomberg”, l’attuale sindaco), ma anche parecchio pragmatismo: “E’ un combattente, mi interessa più questo rispetto a quante volte ha fatto vedere il suo pisello”. Jacobson raccoglie anche una frase significativa di Weiner: a un newyorchese che insiste nel dirgli che la sua candidatura è indecente, lui alla fine dice: “Vincerò queste elezioni, ok? Guiderò questa città e lo farò bene, e lascia che te lo dica: se non ti piaccio, non votare per me, ok?”. I numeri fino a due giorni fa davano Weiner in buona posizione, i suoi avversari dicono di ritirarsi, anche buona parte della stampa non vuole più sentirne parlare, ma Weiner schiera l’artiglieria pesante: ho già pagato, lo scandalo è vecchio, ve l’avevo già detto, c’è Huma, non me ne vado. Per quanto riguarda i giudizi sulla buona moglie, che dominerà il numero di settembre di Harper’s Bazaar con la spiegazione del suo sostegno al marito (è opportunista? cinica? deprimente?), è bene perdere ancora meno tempo. Vale la massima assoluta di Nora Ephron: “Non saprai mai la verità sul matrimonio di chiunque, compreso il tuo”.

    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi