Aspettando il B-day nel Pd, con baruffe in casa e Cinque stelle all'uscio
Il “B-day” incombe, può essere oggi come domani (a seconda dei tempi della Cassazione sui diritti Mediaset), ma è come se anche il Pd fosse alla sbarra – forse anche più di B. Da giorni, infatti, l'azione collaterale e indiretta anti larghe intese e anti Partito democratico del fronte del “no” al ddl costituzionale (Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky, il Fatto, alcuni settori del Pd stesso), non solo mette in imbarazzo il quotidiano Repubblica che ospita, nello stesso giorno, un Salvatore Settis contrario e un Eugenio Scalfari moderatamente favorevole, ma si salda all'offensiva diretta dei Cinque stelle cui il blog di Beppe Grillo dice: “… dobbiamo aspettare il 30 luglio non per sapere se Berlusconi è colpevole, ma per vedere se cadrà l'ultimo velo dell'impudicizia del Pdmenoelle.
Il “B-day” incombe, può essere oggi come domani (a seconda dei tempi della Cassazione sui diritti Mediaset), ma è come se anche il Pd fosse alla sbarra – forse anche più di B. Da giorni, infatti, l’azione collaterale e indiretta anti larghe intese e anti Partito democratico del fronte del “no” al ddl costituzionale (Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky, il Fatto, alcuni settori del Pd stesso), non solo mette in imbarazzo il quotidiano Repubblica che ospita, nello stesso giorno, un Salvatore Settis contrario e un Eugenio Scalfari moderatamente favorevole, ma si salda all’offensiva diretta dei Cinque stelle cui il blog di Beppe Grillo dice: “… dobbiamo aspettare il 30 luglio non per sapere se Berlusconi è colpevole, ma per vedere se cadrà l’ultimo velo dell’impudicizia del Pdmenoelle. Se resisterà nell’abbraccio al suo gemello siamese in caso di condanna definitiva per salvare se stesso. Si accettano scommesse”.
Non a caso il direttore del Fatto Antonio Padellaro, intervistato dal Corriere della Sera, dice la frase che collega questo e quello, il B-day in Cassazione e la riforma costituzionale: “Uno di quelli che sovrintendono a questa missione è un signore che domani o doman l’altro potrebbe andare in cella o essere interdetto dai pubblici uffici”. Non a caso i deputati del M5s, ancora esultanti per le “ore di ostruzionismo” che “sono solo l’inizio”, come dice il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, alternano discorsi (già fatti) sull’ineleggibilità del Cav., potenziandoli in vista della sentenza Mediaset (“a questo punto come farà il Pd?”, è il ritornello) a quelli sul governo che “cadrà presto, e per il ddl costituzionale”. Sulle bacheche Facebook a cinque stelle, più che le ipotesi sul dopo B-day, imperversa il discorso sul vicino futuro, sul settembre in cui si ridiscuterà di riforme, e i video amarcord dei giorni di blocco dei lavori parlamentari in nome del “dov’è l’urgenza del ddl di riforma costituzionale?” (molto cliccato l’intervento del deputato Carlo Sibilia, quello che due mesi fa voleva infiltrarsi a una riunione del Bilderberg per vedere il marcio dei poteri forti).
Il “dàgli al Pd”, a sinistra del Pd (anche l’ex alleato Nichi Vendola dice: “Dovevano uscire dalla maggioranza ieri”), arriva nel momento peggiore per i democratici, imbrigliati dalle questioni congressuali che, dopo la direzione della discordia (venerdì scorso), consigliano a Guglielmo Epifani di cercare un modo per evitare la conta sulle primarie aperte o chiuse e ai non renziani di sondare nuovamente la “Sibilla” Fabrizio Barca, che misteriosamente gira va e vede gente ma non si fa capire (continua a dire “non mi candido”). C’è chi, nell’area ex Ds, preferirebbe lui a Gianni Cuperlo, ma l’eventuale ennesima spaccatura preventiva e persino il rinvio della direzione è nulla in confronto al problema che s’affaccia: l’elettorato di area “occupy”, in sintonia su questi temi con alcuni giovani deputati del Pd, con i Cinque stelle e con i professori mobilitati sull’articolo 138, non manca di far sapere, via social network, che le larghe intese non devono essere una “prigione” proprio mentre, da Atene, il premier Enrico Letta dice: “Nessun terremoto per il caso Mediaset, non ho paura per niente, l’Italia è molto più stabile di quanto ci si aspetti”. Che sia convinzione o wishful thinking, la versione di Letta non si sposa, a sinistra, con quella di chi pensa che le parole del capogruppo dei senatori Pd Luigi Zanda (“no a reazioni eversive” dal Pdl o “l’alleanza verrà meno”) siano anche un incoraggiamento agli insofferenti delle larghe intese, ma non necessariamente interessati a una fine repentina della legislatura. Un conto è quello che dice Gianroberto Casaleggio (se i Cinque stelle si alleano con il Pd me ne vado), un conto è lo sguardo di medio termine a un Parlamento che, per essere a misura di Cinque stelle, deve avere un Pd sotto scacco ma non in crisi totale.
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