Fermi immagine sulla balconata azzurra del Cav. prigioniero
Meglio della moretta da chitarra romana, “affaccete ’n tantino alla loggetta / se semo aridunati tutti quanti”, la balconata di Palazzo Grazioli. Da qui e là, lungo la balaustra, gran folla per tutti i gusti – sbatter di ali di colombe e falchi, ressa di aquile e tordi. Giusto Lui non c’era – e figurarsi se ora segnata dal destino quella non fosse. Così ognuno ad aspettarlo e a immaginarselo, all’opera e in parole: “Moderati di terra, di mare e dell’aria! Camicie azzurre della rivoluzione liberale!”. Invece, dal mite balconcino, tricolorato e anch’esso un poco addolorato, passava di tutto e tutti passavano, ma non Silvio l’Amoroso.
Meglio della moretta da chitarra romana, “affaccete ’n tantino alla loggetta / se semo aridunati tutti quanti”, la balconata di Palazzo Grazioli. Da qui e là, lungo la balaustra, gran folla per tutti i gusti – sbatter di ali di colombe e falchi, ressa di aquile e tordi. Giusto Lui non c’era – e figurarsi se ora segnata dal destino quella non fosse. Così ognuno ad aspettarlo e a immaginarselo, all’opera e in parole: “Moderati di terra, di mare e dell’aria! Camicie azzurre della rivoluzione liberale!”. Invece, dal mite balconcino, tricolorato e anch’esso un poco addolorato, passava di tutto e tutti passavano, ma non Silvio l’Amoroso: Gasparri festoso e scamiciato, Capezzone che salutava ieratico come il sacrista del Papa, Verdini panoramico, Fitto duca di York (sempre secondo in linea di successione), Cicchitto telefonista, Santanchè affalconata di suo, Brunetta ridente che tendeva il braccio da sopra il poggiolo, ecc… Giusto il simpaticissimo Dudù se ne teneva alla larga.
Immagine destinata a durare, quell’incredibile Balconata Azzurra – ma di Esso orba, di Esso sguarnita: nonostante qualche scalmanato invocasse, bene intenzionato e iettatorio, laggiù per la via: duce! duce!, ché a pochi metri, girato l’angolo, quello dalla mascella quadrata e dalle quadrate legioni stentoreo si abbalconava, e con tanto di Nipotessa che per l’occasione si aggirava nei pressi con gajarda maglietta: “C’hann scassat o’cazz!”. Ma triste e saggio e preoccupato – tra Edmond Dantès e De Gasperi, l’Abate Faria e Malagodi, il Cav. si è mostrato per un minuto solo a una finestra, insieme statista e forse musicale (“affacciati alla finestra amore mio / per te questa sera ci sono io”), per poi in solitudine – a personale Calvario significare, a miglior resa televisiva tendere – issarsi sul palchetto a lato casa. Così che la Balconata Azzurra al ruolo di loggione, seppur plaudente piuttosto che fischiante, ha ricondotto: dove recarsi per ammirare, non per farsi ammirare. Mossa strategica, mossa indovinata da par suo, c’è da credere. E infatti ieri, su Repubblica, non se ne dava pace Concita De Gregorio, che già assaporava il gusto della cronaca di “un partito al servizio della personale vicenda privata del suo duce”, e perciò scriveva Concita la parola Balcone con ardita maiuscola, quasi a invocazione, “che ci si aspetta che si affacci”. Aspetta molto e a vuoto spera, la raffinata De Gregorio, che a un certo punto si muta nella sua cronaca in una sorta di Sora Concita, e di folla e intasamento e fastidio al pubblico transitare si lamenta e si duole – signora mia ci stanno i capelloni!, “usare la città come se fosse il suo personale salotto e pazienza per chi da Piazza Venezia doveva passare ieri per andare in ospedale, o a un appuntamento d’amore” – e a Largo Fochetti, su questo punto specifico, orfani del Balcone del Cav., si registra un deciso cambio della linea d’attacco, avendo fino a ora, più che altro, piuttosto imputato al duce mancato di mai bucare un convegno d’amore, di avere precisione svizzera nel bunga bunga, e figurarsi se in casi del genere il Cav. non capisce e accelera. Casomai, nella comprensibile emergenza, “dotto’, mi aspetta Deborah con l’acca sul Lungotevere, che faccio?”, farebbe sgombrare un’intera adunata di assolati moderati e liberali furiosi.
Ma in tutte le cronache del compartecipe e ardente pomeriggio di solidarietà il balcone è presente – tanto facile veniva la tentazione di associare questo a quello dietro l’angolo, che persino nel parapiglia del Pdl che ormai gocciola come un cono gelato qualcuno al Cav. lo ha fatto scalzare. Così che, quando sarà, nessuno potrà dire come disse un giorno, sfottente e cauto, il primo vice del Berlusconi premier, Pinuccio Tatarella, quando un ragazzo in motorino lo fermò per strada, a via del Corso, per chiedere: “Ahò, scusate, che ce lo sapete ’ndo sta er balcone der duce?”, e Tatarella (era il ’94, transitava il Msi verso An) alzò lesto le mani al cielo e mostrò faccia meravigliata e spiacente: “Ah no, io non l’ho mai saputo!”. Per poi spiegare: “Beh, metti che fosse una provocazione dei fascisti…”. Dipende da come andrà. “Ahò, scusate, ce lo sapete ’ndo sta er balcone di Berlusconi?”. E un pidielle ormai riconvertito: “Ah no, io non l’ho mai saputo!”. Chissà.
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