A Cipro il “generale agosto” tiene lontano l'incubo del fallimento. E dopo?
A distanza di quasi cinque mesi dall’accordo raggiunto con l’Unione europea e con il Fondo monetario internazionale per sistemare i conti pubblici e ristrutturare il sistema bancario, a Cipro regna un clima di calma apparente. Le frotte di turisti che quotidianamente si riversano sulle spiagge della terza isola del Mediterraneo paiono averne temporaneamente anestetizzato il declino. Luoghi di villeggiatura come Protaras e Agia Napa brulicano di russi, inglesi e scandinavi. Per le strade nessuna traccia di scioperi o proteste. Niente a che fare con le sommosse greche lungamente trasmesse dai canali televisivi occidentali
Nicosia. A distanza di quasi cinque mesi dall’accordo raggiunto con l’Unione europea e con il Fondo monetario internazionale per sistemare i conti pubblici e ristrutturare il sistema bancario, a Cipro regna un clima di calma apparente. Le frotte di turisti che quotidianamente si riversano sulle spiagge della terza isola del Mediterraneo paiono averne temporaneamente anestetizzato il declino. Luoghi di villeggiatura come Protaras e Agia Napa brulicano di russi, inglesi e scandinavi. Per le strade nessuna traccia di scioperi o proteste. Niente a che fare con le sommosse greche lungamente trasmesse dai canali televisivi occidentali, e questo nonostante Cipro per qualcuno sia di fatto temporaneamente già fuori dall’Eurozona, essendo stata interrotta la libera circolazione dei capitali che è uno dei pilastri del processo di integrazione comunitario. Le folle che popolano bar, ristoranti e discoteche destano una surreale impressione di opulenza, quasi che la crisi bancaria della scorsa primavera fosse avvenuta altrove. Il boom edilizio e il turismo di massa paiono continuare a trainare la crescita dell’isola, così come avvenuto negli ultimi dieci anni, da quando Cipro, nel 2004, ha aderito all’Ue e, nel 2008, alla moneta unica. Eppure, a uno sguardo più attento, non è difficile notare piccoli segnali di discontinuità: scheletri di edifici incompiuti e abbandonati, locali vuoti nei centri commerciali, ombrelloni liberi anche in alta stagione. Secondo i dati dell’Ufficio nazionale di statistica, gli arrivi sull’isolotto nei primi sei mesi dell’anno erano calati del 6,6 per cento rispetto al 2012. Nonostante il forte aumento di turisti russi (più 20,6 per cento rispetto al 2012), vi è stata una brusca frenata di arrivi da Grecia, Germania e Regno Unito. In una conversazione con il Foglio, Alexander Apostolides, economista della European University di Nicosia, sostiene che non è il turismo a dover scoraggiare: “Stiamo incominciando a sperimentare una fase di deflazione e i prezzi sono in discesa. Non dovremmo avere problemi ad attrarre nuovi turisti”. In effetti, i dati pubblicati dal Royal Institute of Chartered Surveyors lo scorso 23 luglio paiono confermare il trend deflazionistico. Alla fine del secondo trimestre dell’anno, i prezzi degli immobili in vendita e in locazione erano scesi, a seconda della tipologia, tra l’11 e il 28 per cento rispetto al trimestre del 2012.
La crisi sembra insomma dover incominciare ancora a mordere davvero tutta l’isola. Secondo calcoli di Ernst & Young, la crescita di Cipro si contrarrà quest’anno di circa dieci punti percentuali, per Moody’s di dodici, il Fondo monetario, a inizio settimana, ha parlato perfino di tredici punti di pil persi. A pesare sulla depressione economica del piccolo stato membro è innanzitutto la ristrutturazione dell’ipertrofico settore bancario, decisa dall’Eurogruppo nel marzo scorso. Stando ai termini del memorandum di intesa, Cipro, oltre a ricevere assistenza finanziaria da Ue e Fmi per circa 10 miliardi, dovrà garantire da sola altri 5,8 miliardi di risparmi e maggiori entrate. Per far ciò, è in fase di attuazione una riforma degli istituti di credito del paese, travolti dalle perdite per avere investito in titoli di stato ellenici. La Laiki Bank, seconda banca cipriota, sarà smantellata, il denaro dei correntisti che superava la soglia garantita sui depositi di 100mila euro completamente assorbito dalle casse statali e gli asset restanti integrati nel primo istituto del paese, Bank of Cyprus, altresì in via di ristrutturazione. Azionisti, obbligazionisti e depositanti oltre i 100.000 euro di quest’ultima subiranno infatti un prelievo che dovrebbe aggirarsi intorno al 47,5 per cento. La somma raccolta servirà in parte per ricapitalizzare l’istituto, che, dal prossimo autunno, dovrebbe dividersi in due, con un segmento commerciale e uno orientato agli investimenti. Ma contro la gabella sono fin d’ora già pronti centinaia di ricorsi di ciprioti imbufaliti. Il metodo del prelievo, voluto da Berlino e Bruxelles, è stato ribattezzato “bail-in”, da contrapporsi alla strategia del “bail-out” sin qui perseguita, in base alla quale sono i contribuenti a farsi carico delle perdite degli istituti di credito e non azionisti e obbligazionisti.
Nell’euro per legge, fuori dall’euro di fatto
Per evitare fughe di capitali prima che il processo di ristrutturazione fosse ultimato, l’Ue ha comunque imposto, per la prima volta dall’adozione della moneta unica, restrizioni alla circolazione del denaro al di fuori dell’isola. Per le piccole e medie imprese cipriote il blocco, se prolungato, rischia di essere letale. “Mi auguro davvero che il governo possa rimuoverlo il prima possibile – dice Doros Eleftheriou, titolare di un autonoleggio a Pernera – con queste restrizioni non possiamo comprare nuovi veicoli. E’ tutto fermo”. Un decreto del 2 agosto scorso del ministero delle Finanze è tornato a riconoscere la libertà di aprire un conto corrente, ma solo se in contanti e se eccedente la somma di cinquemila euro. Il conto non potrà essere chiuso prima di tre mesi. Per eliminare il blocco in tempi brevi, spiega l’economista Apostolides, “occorre che la Bce si trasformi in un prestatore di ultima istanza non appena il sistema bancario cipriota sarà stato ristrutturato”. Nel frattempo, la contrazione del credito associata alle restrizioni sui movimenti di capitali e ai tagli alla spesa pubblica approfondiranno la recessione. Come ha sottolineato l’agenzia di rating Moody’s in un suo report di metà luglio, il rischio di bancarotta non è scongiurato. “I ciprioti non ne vogliono sapere di riconoscere le loro responsabilità e attaccano la Germania e la cancelliera”, dice al Foglio un artigiano polacco, a Cipro da sette anni. In realtà il pregiudizio antitedesco non pare avere troppo attecchito per ora. “Dopo quanto accaduto in primavera, i tedeschi che entrano nel nostro ristorante – dice un operatore di Deryneia – non hanno il coraggio di dire che vengono dalla Germania. Ma a me la Germania piace. Non sperperano i quattrini lassù, mica come da noi”. “Qui a Cipro il sistema statale ha fallito – racconta il titolare di Sirena Bay, uno stabilimento balneare vicino a Paralimni – Le spiagge sono gestite quasi tutte dai comuni. Fino a qualche anno fa, i dipendenti che passavano a incassare i soldi dai turisti non facevano la ricevuta e se li intascavano. Conosco persone che così si sono costruite la villa…”.
Il governo greco-cipriota del conservatore Nicos Anastasiades spera che un nuovo governo Merkel sia più clemente con i paesi in difficoltà: “Credo che vedremo un’altra signora Merkel nella prossima legislatura”, ha detto di recente Anastasiades alla Reuters. Nel frattempo, il suo esecutivo cerca di dare risposte immediate alla crisi occupazionale che si sta abbattendo sul paese. Tra queste rientra anche l’apertura del primo casinò dell’isola. Secondo i piani del governo, condivisi dalla Troika, un casinò darebbe lavoro a circa tremila persone, non poco per un’isola che conta appena un milione di abitanti. Ma Nicosia spera anche e soprattutto nei giacimenti di gas al largo delle proprie coste. I primi trivellamenti esplorativi verranno condotti nella seconda metà del 2014. Fino ad allora, però, Cipro dovrà continuare a fare i conti con la Troika.
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