La ripresina c'è
Ora si vede davvero la fine del tunnel più lungo per la nostra economia
La recessione è finita? “Credo di sì”, ha detto ieri il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, ai microfoni di Sky Tg 24. E’ vero, e la tesi secondo cui la rilevazione di sintomi di ripresa da parte della Banca d’Italia e del governo sarebbe strumentale a obiettivi politici, mentre la recessione in realtà continua, è errata. Rivela come, sempre di più, l’Italia, anche nei grandi media, sia oramai dominata da una cultura economica politicizzata e pressappochista. L’analisi dei dati del pil del primo semestre mostra che la recessione dovrebbe avere toccato il fondo e che, quindi, il terzo trimestre debba essere caratterizzato o da stabilizzazione o da recupero, mentre il quarto dovrebbe essere caratterizzato da recupero.
Lo Prete Spread, quo vadis?
La recessione è finita? “Credo di sì”, ha detto ieri il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, ai microfoni di Sky Tg 24. E’ vero, e la tesi secondo cui la rilevazione di sintomi di ripresa da parte della Banca d’Italia e del governo sarebbe strumentale a obiettivi politici, mentre la recessione in realtà continua, è errata. Rivela come, sempre di più, l’Italia, anche nei grandi media, sia oramai dominata da una cultura economica politicizzata e pressappochista. L’analisi dei dati del pil del primo semestre mostra che la recessione dovrebbe avere toccato il fondo e che, quindi, il terzo trimestre debba essere caratterizzato o da stabilizzazione o da recupero, mentre il quarto dovrebbe essere caratterizzato da recupero. Il tutto, comunque, con variazioni molto limitate, a differenza di quelle che si sono registrate fino al primo trimestre del 2013. Se poi si considera l’indice della produzione industriale di giugno e lo si legge con attenzione, se ne desumono segni di ripresa tipici. Ciò in uno scenario europeo e statunitense di recupero moderato che controbilancia il ridimensionamento del trend ascendente di Cina e Brasile. Da aprile a giugno il nostro pil, secondo i dati Istat di ieri, è diminuito dello 0,2 per cento rispetto al primo trimestre, e del 2 per cento sullo stesso trimestre 2012. Lo 0,2 nelle stime trimestrali è un dato molto modesto, che potrebbe rientrare tra gli errori statistici; confrontato poi con i dati precedenti, segnala che il ciclo recessivo ha perso l’impulso originario e si è appiattito, ha cessato di mordere, da serpente è diventato verme. Se guardiamo la sequenza, a partire dagli interventi di stabilizzazione della seconda metà del 2011, vediamo il seguente andamento del pil: meno 0,7 nell’ultimo trimestre del 2011, meno 1 nel primo trimestre 2012, meno 0,6 nel secondo, meno 0,3 nel terzo, meno 0,9 nel quarto, con un totale semestrale di meno 1,6 e poi meno 1,2. Il declino dello 0,6 del primo trimestre 2013 sommato allo 0,2 del secondo implica un meno 0,8. Il moltiplicatore negativo si è man mano ridotto e passando dai semestri ai trimestri ha una decelerazione di 10 volte.
L’indice della produzione industriale, invece, è mensile. In giugno è aumentato dello 0,3 rispetto al maggio. E’ vero che rispetto al giugno del 2012 la contrazione è ancora del 2,1 per cento, ma nel trimestre, di cui giugno è l’ultimo mese, essa era del 4 per cento, sicché in un mese si è dimezzata. Ossia in giugno c’è una notevole risalita. Che trova conforto nella analisi disaggregata, in cui si vede che in giugno c’è un aumento dell’1,6 per cento dei beni intermedi e dello 1,0 di quelli strumentali, a fronte di una contrazione di quelli di consumo dell’1,2 per cento, mentre per i beni energetici c’è una contrazione dello 0,1 cioè una sostanziale stabilità. Nel ciclo produttivo dell’industria sta crescendo la sua prima parte, cioè c’è un impulso all’origine della catena che si può propagare alle fasi successive. Ha ragione dunque il presidente del Consiglio, Enrico Letta, a dire che siamo in ripresa e che questa va accompagnata , non ostacolata. Sarebbe anche desiderabile che il governo, oltre a registrare il fenomeno, si desse da fare per rafforzarlo, con criteri di economia di libero mercato e di garantismo giuridico. Ma anche a prescindere da ciò, è pur sempre vero che la presenza del Pdl nel governo garantisce non solo la stabilità, ma anche la resistenza agli eccessi del fiscalismo, del sindacalismo corporativo e consociativo e del giustizialismo anti capitalista. Se avremo ora la prevista “ripresina”, esso ne avrà pertanto il merito assieme alla parte del Pd che sta con Letta.
Lo Prete Spread, quo vadis?
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