Terzista doc spiega perché in Italia il Grande centro è una boiata pazzesca

Claudio Cerasa

“Ok, è vero: oggi possiamo dire che la notizia della morte del bipolarismo era fortissimamente esagerata”. Eh già, forse lo avrete notato anche voi: ma sta di fatto che tra le pochissime certezze offerte da questa confusa, disordinata e caotica fase della vita della grande coalizione ce n’è una che riguarda uno spazio politico che giorno dopo giorno sta lentamente e inesorabilmente scomparendo dai radar. Sì, proprio quello: il famigerato Grande centro.

    “Ok, è vero: oggi possiamo dire che la notizia della morte del bipolarismo era fortissimamente esagerata”. Eh già, forse lo avrete notato anche voi: ma sta di fatto che tra le pochissime certezze offerte da questa confusa, disordinata e caotica fase della vita della grande coalizione ce n’è una che riguarda uno spazio politico che giorno dopo giorno sta lentamente e inesorabilmente scomparendo dai radar. Sì, proprio quello: il famigerato Grande centro. Il ragionamento naturalmente non è legato a una pigra e tardiva analisi a posteriori del risultato elettorale ottenuto dal movimento di Mario Monti ma riguarda più che altro una significativa presa di coscienza fatta da alcuni protagonisti del centro guidato dall’ex presidente del consiglio, che tre mesi dopo le elezioni, pur facendo parte del più centrista tra i governi mai visti nella storia recente della nostra Repubblica, si ritrovano a fare i conti con un dato ormai difficile da contestare. Il dato è questo: oggi, politicamente parlando, il centro non esiste più, il bipolarismo sta sopravvivendo anche alle larghe intese, e anche le reazioni alle peripezie giudiziarie di Berlusconi stanno in qualche modo dimostrando che, nonostante la grande coalizione, il centrodestra e il centrosinistra, e in particolare il Pdl e il Pd, restano più che mai i due poli alternativi.

    E in questo senso, come suggerisce con onestà in questa conversazione con il Foglio il deputato montiano Andrea Romano,  “chiunque voglia fare politica oggi non per occupare in modo parassitario uno spazio in Parlamento ma per vedere affermate le proprie idee non può fingere che le cose oggi non stiano così, e non può non prendere atto che la notizia della morte del bipolarismo era, per l’appunto, fortemente esagerata”.
    “Io – continua Romano – non rinnego affatto l’esperienza di Scelta civica e anzi credo che alle ultime elezioni, con un centrodestra e un centrosinistra così massimalisti, allearsi con qualcuno era oggettivamente impossibile. Oggi però bisogna essere sinceri e occorre ragionare concretamente con i dati reali che ci offre la politica. E i dati ci dicono questo: che per quanto il bipolarismo sia acciaccato, pieno di cicatrici e molto sofferente, è evidente, e io stesso mi sono convinto che le cose stanno così, che la mente degli italiani è ormai abituata a ragionare in una logica di alternanza, e che questo bipolarismo di fatto che esiste nel nostro paese sia legato non solo alle figure che incarnano l’alternanza ma sia proprio un preciso modo di ragionare che ormai si trova nella testa degli elettori. Il che, banalmente, significa che o si sta di qua o si sta di là. E qualche volta, ovvio, potrà anche capitare che ci sia un movimento che raccoglie la protesta, come è stato il caso del Cinque stelle, ma in linea di massima lo schema è questo, e noi non possiamo modificarlo, possiamo solo accettarlo, farlo nostro e provare a contaminanare una delle due coalizioni con le nostre idee”.

    Già, e come si accetta? Dal punto di vista politico, spiega Romano, “l’accettazione di questo schema implica naturalmente che un movimento come il nostro alle prossime elezioni decida con chi stare prima e non dopo il risultato elettorale, perché, e ormai è evidente, è solo all’interno di una maggioranza più ampia che le minoranze riformatrici hanno la possibilità di imporre le proprie idee, e sotto questa prospettiva credo sia un dato di fatto che il terzismo in Italia può essere una suggestiva chiave culturale di lettura per osservare il nostro paese ma non ha nulla a che fare con le categorie della politica vera e con le opinioni dell’elettorato”. Romano – e ogni riferimento a politici di lungo corso con i capelli brizzolati, il nome doppio e il cognome che finisce per “ini” non è puramente casuale – riconosce che all’interno della galassia montiana ci sia “qualcuno che continua a osservare questo spazio centrista in modo opportunistico come se fosse una palude immobile attraverso la quale far sopravvivere un vecchio pezzo di ceto politico, spostandosi a destra o a sinistra solo a seconda di come cambia il vento. Ma la realtà – continua il deputato – è che oggi in Italia esistono due poli, uno di centrodestra e uno di centrosinistra, con una loro forma, una loro organizzazione, una loro funzione, che possono piacere o non piacere ma con i quali bisogna confrontarsi. La vera possibilità di cambiare la politica italiana, e di avere una destra e una sinistra migliore, è fare i conti con il bipolarismo reale, senza inventarsi l’ennesimo partito centrista ma affermando le proprie idee di riforma e costringendo le coalizioni a essere soggetti propriamente riformatori. Il bipolarismo, in questi anni, ha ucciso politicamente chiunque in modo sciatto abbia provato a sfidarlo; e per questo, chi ha intenzione, come noi, di affermarsi con temi riformisti e di far vivere le nostre idee anche nel futuro prima o poi dovrà portare i propri bagagli o di qua o di là”.

    Le parole di Romano, che oltre a essere deputato di Scelta Civica è stato fino al marzo scorso direttore del centro studi montezemoliano Italia Futura, hanno ancora di più un loro significato se messe accanto alle affermazioni fatte negli ultimi giorni sia da Pier Ferdinando Casini, che in varie occasioni ha lasciato intendere di voler dar vita a una sorta di piccolo Ppe italiano, sia da Luca Cordero di Montezemolo e da Mario Monti, i quali, sorprendentemente, subito dopo la mazzata riservata al Cav. dalla Cassazione, hanno invitato Berlusconi ad andare avanti “e lavorare alla rifondazione di un’area liberale e moderna di centrodestra, di cui l’Italia ha grande bisogno e alla quale – sono parole di Montezemolo – molti, fuori e dentro la politica, sarebbero interessati a dare un contributo”.

    Le nuove traiettorie imboccate dai terzisti delusi dal terzismo si spiegano anche con il sospetto non del tutto infondato che oggi le elezioni siano meno distanti nel tempo rispetto a qualche settimane fa, e lo stesso Romano riconosce che “questo governo non deve andare avanti a tutti costi, ma deve andare avanti solo se fa le cose che servono al paese”. E ragionando proprio sui possibili scenari futuri il parlamentare montiano ammette che le strade che Scelta civica potrà seguire sono due: “Personalmente – dice Romano – sono convinto che la coalizione di centrodestra, nel medio periodo, non sia modificabile e che il berlusconismo sia destinato a durare ancora per molti anni. Viceversa se nel Pd, una volta archiviata l’alleanza con Sel, prevalesse una leadership innovatrice come quella di Matteo Renzi il nostro percorso potrebbe essere orientato a un centrosinistra riformista. Ma detto questo, quando ci troveremo a scegliere cosa fare, decideremo tutti insieme, e lo faremo in modo chiaro. Partire però da questo ragionamento credo sia doveroso e onesto. Il terzismo non funziona più, e prima lo capiremo tutti e prima riusciremo a far pesare nel nostro paese le vere idee riformiste”.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.