Washington perde la presa

Perché al Cairo sono già furiosi con il nuovo ambasciatore di Obama

Daniele Raineri

L’Amministrazione americana sta perdendo la presa e la capacità di far sentire la sua voce al Cairo. Il presidente Barack Obama ha rimosso in fretta la sua ambasciatrice in Egitto, Anne Patterson, con una promozione speciale perché si era fatta trovare, lei veterana del Pakistan, al momento sbagliato dalla parte politica sbagliata – ovvero a tessere relazioni e alleanze esplorative con i Fratelli musulmani proprio mentre quelli stavano per essere cacciati dal governo. Al suo posto ha annunciato la nomina di Robert Ford, ex ambasciatore in Siria prima che Washington interrompesse le relazioni diplomatiche con Assad, uno dei più stimati arabisti del dipartimento di stato.

    L’Amministrazione americana sta perdendo la presa e la capacità di far sentire la sua voce al Cairo. Il presidente Barack Obama ha rimosso in fretta la sua ambasciatrice in Egitto, Anne Patterson, con una promozione speciale perché si era fatta trovare, lei veterana del Pakistan, al momento sbagliato dalla parte politica sbagliata – ovvero a tessere relazioni e alleanze esplorative con i Fratelli musulmani proprio mentre quelli stavano per essere cacciati dal governo. Al suo posto ha annunciato la nomina di Robert Ford, ex ambasciatore in Siria prima che Washington interrompesse le relazioni diplomatiche con Assad, uno dei più stimati arabisti del dipartimento di stato. Ford nel luglio 2011 viaggiò a Homs senza avvisare il governo siriano per vedere di persona le manifestazioni – e la repressione dell’esercito –, la gente lo accolse sventolando ramoscelli d’olivo e lanciando fiori. Sono passati due anni, la situazione è cambiata: oggi Homs è una città spezzata in due dalla guerra tra l’esercito siriano e il gruppo libanese Hezbollah da una parte e le fazioni armate di ribelli dall’altra, interi quartieri sono ridotti in macerie e ricordano certe immagini in bianco e nero di Stalingrado. Nessuno sventola più ramoscelli d’olivo. Pochi mesi fa Ford ha attraversato il confine turco ed è andato nella città siriana di Aleppo per parlare con gli insorti.

    La nomina dell’ex ambasciatore in Siria è stata accolta malissimo al Cairo e sembra l’ennesima manovra a vuoto dell’Amministrazione Obama. I generali egiziani che detengono il potere dal giorno del coup non possono che essere pregiudizialmente ostili a un americano che è schierato così apertamente a fianco dei ribelli siriani. In Egitto stare con i nemici di Assad è considerata una posizione da Fratelli musulmani e uno degli elementi che decise il fato dell’ex presidente Mohammed Morsi fu il suo troppo entusiasmo per la rivoluzione a Damasco. Il generale Abdel Fattah al Sisi, nuovo uomo di potere al Cairo, con una delle sue prime decisioni ha colpito la rete di attivisti anti Assad che prosperava in Egitto, inasprendo le regole sui visti per i rifugiati dalla Siria. Il giornale al Masry al Youm, l’Egiziano oggi, ha rilanciato un pezzo pieno di invenzioni maligne preso da un sito cospirazionista che accusa Ford di avere comandato “squadroni della morte” quando era in servizio in Iraq. Un presentatore televisivo molto seguito, Yosri Fouda, ha lanciato l’articolo su Twitter definendolo “un avvertimento per tutto il paese”. Ford è accusato anche di avere creato al Qaida in Algeria e di avere aiutato la ribellione siriana.

    Due giorni fa l’inviato di Obama per tentare una mediazione tra generali e Fratelli musulmani, William Burns, ha lasciato il Cairo al termine della sua missione più lunga, senza un nulla di fatto. Non è riuscito a convincere gli interlocutori e dopo la sua partenza il governo ha annunciato che tutti gli sforzi di mediazione sono falliti. Alla tv di stato il primo ministro Hazem al Beblawi dice che i sit-in dei Fratelli musulmani a Raba el Adawiya e a Nadha saranno dispersi, “la decisione finale è stata presa, all’unanimità, non torneremo indietro. Chiediamo loro di lasciare velocemente le strade e di tornare alle loro case e al loro lavoro, non ci saranno conseguenze per chi non ha le mani sporche di sangue”. E’ un ultimatum che ora, finito il mese di Ramadan, scadrà presto. Se l’esercito marcerà contro le tende dei Fratelli musulmani – che il governo considera “minaccia alla sicurezza nazionale” – c’è il rischio di nuove violenze. I senatori americani John McCain e Lindsey Graham hanno incontrato i Fratelli musulmani, ma senza risultati. I due si sono detti convinti che quello contro il presidente Morsi, che resta agli arresti in un luogo sconosciuto, sia stato un golpe e che quindi debba far scattare l’interruzione degli aiuti militari all’Egitto – il segretario di stato di Obama, John Kerry, ha invece detto l’opposto: “In Egitto c’è stato un ripristino della democrazia”.

    Generale e presidentissimo?
    In un’astuta operazione di continuità, la figlia del generale e presidente Nasser, che è morto nel 1970 ma sa ancora evocare  consenso politico, ha scritto una lettera aperta chiedendo al generale al Sisi di candidarsi a presidente. Dal giorno del golpe continuano i paragoni storici tra Nasser e al Sisi, e si rafforzano le voci su una candidatura del generale, le cui immagini già sono onnipresenti al Cairo. Un altro presentimento negativo per l’Amministrazione Obama: Nasser lasciò l’influenza americana per l’Unione sovietica. La settimana prossima al Cairo arriva Vladimir Putin.

    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)