Le parole invincibili

Stefano Di Michele

Sabato sera, agosto. Roma. Interno casa. Correzione: esterno. Terrazzo casa. Gruppo di amici democratici metropolitani. Cena. Voci.
“Così si può fumare…”. “Beh, svapare si può svapare pure in casa…”. “La macchinetta, mica il Toscano. Mi sembrate tutti col termometro in bocca”. “A proposito: avete provato l’aroma alla liquirizia?”. “Riconosciamolo: una grande invenzione, le e-cig”. “Vero…”. “Niente di meglio, finora, dopo Gutenberg e lo slow food…”. “Mah, io continuo a farmi le sigarette con il tabacco”. “Il tabacco? Ancora col tabacco…”. “Sì, ma questo è biologico… Lo producono i nativi americani, col cazzo che do i soldi alle multinazionali!”. “Ma si è messo a fare la pubblicità alle e-cig pure er principe! Nun lo so, fumamo monarchico, adesso?”.

    Sabato sera, agosto. Roma. Interno casa. Correzione: esterno. Terrazzo casa. Gruppo di amici democratici metropolitani. Cena. Voci.
    “Così si può fumare…”. “Beh, svapare si può svapare pure in casa…”. “La macchinetta, mica il Toscano. Mi sembrate tutti col termometro in bocca”. “A proposito: avete provato l’aroma alla liquirizia?”. “Riconosciamolo: una grande invenzione, le e-cig”. “Vero…”. “Niente di meglio, finora, dopo Gutenberg e lo slow food…”. “Mah, io continuo a farmi le sigarette con il tabacco”. “Il tabacco? Ancora col tabacco…”. “Sì, ma questo è biologico… Lo producono i nativi americani, col cazzo che do i soldi alle multinazionali!”. “Ma si è messo a fare la pubblicità alle e-cig pure er principe! Nun lo so, fumamo monarchico, adesso?”. “E che, non scopiamo più perché lo fa Berlusconi? Oh, scusa cara… Comunque: io svapo, tu svapi…”. “Ehi, scusate se interrompo… Volete un po’ di vino? E’ biodinamico…”. “Come quello biologico…”. “Tutta un’altra cosa. Prova, c’è dietro una visione spirituale…”. “Bono… Bona la visione spirituale…”. “Ragazzi, domani andiamo a fare una passeggiata ai Fori?”. “E che semo, turisti dell’Estonia!”. “Ma adesso che Marino li ha chiusi…”. “Sempre Fori so’, aperti o chiusi, a meno che nun se riveda Traiano… Ma sarà ’na cosa intelligente o ’na cazzata? Er portiere de casa mia dice che deve fa un giro de Peppe, adesso, pe’ arriva’…”. “Lascia perde, quelli basta che pigliano la macchina…”. “Er problema è che non abbiamo un vero sistema di bike sharing in questa città… Ma avete visto che sistema di piste ciclabili? Li leggete i pezzi di Maria Laura Rodotà sul Corriere? Purtroppo non siamo né a Parigi né a Londra né a Barcellona, questa è la verità”. “Per la verità manco a Roccella Jonica siamo, che c’entra? Ma lo sapete che ho letto sul Venerdì di Repubblica che funziona pure a Baku, in Azerbaigian, il bike sharing… Dico: Baku!”. “Cazzo!”. “Però…”. “Però er portiere mio pesa centoventi chili e c’ha l’enfisema… Che je frega del bike sharing?”. “Si vede che invece di svapare fuma ancora… Le masse, sempre le ultime a capi’ le cose!”. “Però è pure il sistema di isole pedonali che qui da noi fa schifo! Tutta in mano alle macchine, ’sta città…”. “Macchine private, però! Scusate, parlate del bike sharing e non dite un cazzo su come è ridotto il car sharing? C’avete provato a usarlo? No, dico, c’avete provato?”. “Ci vorrebbe un sistema efficace di card sharing, per far funzionare il car sharing…”. “Mi sa che mi faccio un’ibrida, una macchina ecologica, l’unica soluzione…”. “Io ho appena preso la Smart nuova, me la tengo…”. “Però, al prossimo critical mass partecipiamo tutti, eh? Culo sul sellino è andiamo, che qui le chiappe tendono a calare!”. “A me, sul lungotevere, l’altra volta un automobilista mi ha mandato a fanculo…”. “Animale!”. “Informiamoci quando fanno la critical mass interplanetaria! Qualche anno fa ci sono arrivato a Ostia!”. “Diceva che voleva andare a casa…”. “Chi?”. “L’automobilista”. “Figurarsi, ci sarà stata ’na partita in televisione, mica doveva correre a casa a leggere Kant… Fa meno danni fermo al semaforo, quello”. “Ragazzi, le famose Vélib’, le bici parigine! Quando ci sono stata, l’ultima volta, ci andavo sempre a prendere le baguette! Poi dici perché lì hanno senso dello stato…”. “Qui le rubano, lo sapete”. “Ma vi siete scordati chi c’era al governo, eh? Per forza il paese si degrada…”. “Vi dico una cosa: hanno fatto un esperimento con trenta ‘dinghi wiki lait’, l’ho letto su Repubblica… In un anno 120 chili in meno di CO2 nell’atmosfera rispetto a uno scooter. Altro che buguette, questo so’ pagnotte casarecce!”. “Eh, sì, la verità è che ci vorrebbe una visione più green power della nostra vita quotidiana”. “Vero, ricordarci sempre che esiste una specifica carrying capacity del pianeta… Ma a chi lo vai a raccontare? Ai dirigenti nostri? Forse giusto a Fabrizio Barca…”. “Dovremmo riaprire una volta per tutte il discorso sulla Baubiologie tedesca degli anni Settanta, non credete?”. “Ci vorrebbe piuttosto una vera class action, questo ci vorrebbe! Ma con chi parli? Questa sinistra del cazzo non fa più niente, solo le seghe a Berlusconi…”. “Magari chiamiamo il Codacons, domani…”. “Io intanto oggi ho firmato sul Fatto in difesa della Costituzione”. “Che c’entra?”. “Così, per sicurezza… Vi siete scordati chi c’avevamo ancora ar governo?”. “Vi ricordate quando abbiamo fatto la campagna per adottare un articolo della Costituzione? Io c’avevo er nove, me pare, quello sulla cultura…”. “Io come giornalista non ho avuto dubbi, ho preso il ventuno”. “Cinquina! Si va per la tombola!”. “Potremmo fare una lettera firmata ‘un gruppo di democratici’ e mandarla ai giornali… Come in quel film, vi ricordate? Una lettera aperta di democratici al giornale della sera… Lanciamo una campagna di base per avere una vera Smart City”. “Nun ce stanno più, i giornali della sera”. “E quelli della mattina te li raccomando…”. “Vabbè, la twittamo, no? E poi la mettiamo pure su Facebook…”. “E’ un’idea…”. “Questa invece è una frittata di zucchine. Biologiche, garantito… Sono a chilometro zero, hanno aperto un negozietto qui dietro, c’è pure del pecorino fantastico”. “Chilometro zero? Ma ’ndove? Il pezzetto di terra più vicino a casa tua sta a Villa Borghese, almeno otto chilometri… Che hanno messo, l’orto delle zucchine al galoppatoio?”. “Io vorrei provare questa cucina vegana, se ne parla tanto…”. “Allora non lo vuoi il vitel tonné, stasera? E’ carne biologica, ho scoperto un gruppo d’acquisto… Io e la Betty, ogni giovedì, cascasse il mondo ci andiamo… Potevamo continuare a mangiare polpettine di carne non documentata?”. “E’ equosolidale?”. “Chi?”. “Er gruppo!”. “Boh, non gliel’ho chiesto… Però c’ho messo dei capperi biologici di Pantelleria, dico: capperi biologici…”. “Beh, magari un po’ di vitel tonné… Poi però un altro giorno la proviamo, la cucina vegana”. “La verità è che qui sarebbe tutto da ridiscutere. Ma tanto, con questa sinistra…”. “Si sa, lo dicevamo prima, si fa solo le seghe…”. “Magari si facesse le seghe. Le seghe le fa a Berlusconi! Dovrebbe discutere di fonti alternative, di energie rinnovabili, di bioarchitettura…”. “Io ho tolto da casa i fiori secchi e ho spostato il letto… Faccio un po’ fatica ad aprire l’armadio, ma è tutto più naturale. Lo sapete che a Natale non ho messo neanche la punta sull’albero, perché le cose con la punta…”. “Scemo, quello è il Feng shui, tutta un’altra cosa… Per esempio, quelle travi a vista che hai nel salone…”. “Che c’hanno?”. “Mica vanno bene…”. “Che devo levare le travi dal soffitto?”. “Per quanto, pure la bioarchitettura dà severe indicazioni, se vogliamo essere seri…”. “Guardate che il divano sta bene dove sta…”. “E comunque il Feng shui andava qualche anno fa…”. “Io, con questo caldo, il letto non lo sposto un’altra volta…”. “Ma prenditi un romeno, quelli c’hanno fiato, hanno aiutato pure Maria Laura a cambiare la catena della bici… Altro che bike sharing… E fumano pure, ’sti immigrati, mica svapano…”. “Che sarà, l’aria dell’est?”. “Comunque, cara mia, lascia stare: una dittatura è brutta, figurati, a me lo dici, ma come preserva l’ambiente una dittatura…”. “Meno che i Fori, però. E’ stato er puzzone a coprirli, te lo sei scordato, pe’ fa via dell’Impero…”. “Vabbè, ma Marino adesso ce li riapre… Magnate poco, che domani prendiamo le bici!”. “Ragazzi, per il fine cena ho un mirto sardo divinooooooo!”. “A chilometro zero?”. “E cert…”. “Certo che? Ce sta il mare di mezzo, bella, er Tirreno”. “Uffa, che palle che sei! E comunque la Sardegna va bene sempre, adesso che neanche più Berlusconi forse ci va più”. “L’anno prossimo tutti in Sardegna!”. “Torniamo!”. “Come i fenici, torniamo… Su navi non inquinanti…”. “Andiamo a remi?”. “A proposito, l’avranno poi fatta quella famosa pista ciclabile a Caprera?”.

    Bike Sharing. Il servizio a Roma era partito quattro anni fa. Ha bucato subito. All’inizio 160 biciclette, una micragna – “dopo furti, riacquisti e altri furti, sono rimaste in teoria una dozzina” (Riccardo Staglianò, Venerdì di Repubblica). A Parigi, da settemila sono diventate ventimila. Ora la giunta Marino ha promesso un rilancio del bike sharing. “Lo faremo ripartire”. E rinnovato “impegno sulla ciclabilità”, senza dimenticare “la ciclabilità di quartiere”. E, dunque, necessità di piste ciclabili (vedi alla voce). Anni fa si parlava di “Piano quadro della ciclabilità”, e persino del Grac (Grande raccordo anulare ciclabile).

    Bioarchitettura (o architettura biologica o ecoarchitettura, spiega la Treccani). Oppure architettura sostenibile (detta green building o architettura bioecologica, spiega Wikipedia). Trattasi di approccio culturale alla stessa, tenendo in conto le teorie di Herman Daly e la sostenibilità del pianeta, oppure carrying capacity. Attenzione all’ecobilancio (ecc. ecc.). Saggiamente la cucina va a nord, essendo di suo la stanza più calda, il letto a est, così da aprire gli occhi direttamente sulla luce del sole. Sintetizza la Treccani online: “Superata la valenza utopistica ed eversiva delle istanze ecologiste del 1968, la b. intende orientare il sistema edilizio verso una maggiore sostenibilità ambientale e può comprendere risvolti bioecologici, bioclimatici, olistico-ecologici ecc.”. Forse si fa prima a chiamare il manovale e a metterlo all’opera.

    Biodinamico. Parente più ardito del biologico, comprensivo di sovescio, evocazione di forze cosmiche e attesa di energie vitali. La visione dell’agricoltura biodinamica è stata eleborata da Rudolf Steiner. Vanga & filosofia, compreso l’interramento del “cornoletame” a base di letame bovino. Si legge: “Le corna vengono svuotate e riempite con quarzo o letame, sotterrate per sei mesi”. Per il compostaggio si usano erbe, “ognuna fatta compostare e macerare in condizioni ambientali particolari e impegnando come contenitori parti dei corpi di animali. Questo perché, sempre secondo la teoria delle parti vitali, ambiente e contenitore influenzano le caratteristiche del materiale finale”. Ne dicono meraviglie i sostenitori – che a cena si presentano recando mirabolanti bottiglie di vino biodinamico da tali pregevoli vigne ricavato, “sentirai che roba”; cercano di sfuggire bevanda e cavillosi dettagli i perplessi, “c’avete un Frascati normale?”. Nelle tavolate più avvedute, il dibattere del biodinamico sostituisce, nell’ordine: a) l’eterna Spectre del Cav.; b) il perenne scassamento testicolare sulle regole del congresso pd; 3) se è meglio svapare (vedi alla voce: svapare) rosmarino o vaniglia.

    Car Sharing. Parente stretto del bike sharing, ma su quattro ruote. Stessa, se non più toccante e triste sorte.

    Class action. Promuovere cause collettive, dal frigo che scongela all’albergo delle vacanze vista statale anziché mare all’impennata dei carburanti, dai titoli spazzatura all’acqua. “Vaste programme”, quantomeno – e non meno impegnativo di quello gollista. Ma il Davide correntista patisce minore solitudine di fronte al Golia dai mille tentacoli e diecimila sportelli.
     
    Chilometro zero. Quando un prodotto, dal luogo di produzione a quello di consumo percorre meno chilometri possibili. Zero, ovviamente, è quasi impossibile: perfetto metraggio, nel caso, solo per il fattore che si beve le uova delle galline sue, il pecoraio tutto casa e ovile con il suo pecorino, l’ortolano con le zucchine dell’orto suo (vedi introduzione), i cercatori di pimpinella e topinambur sotto casa. Si fa quel che si può, dunque. Il principio (sano) è quello: meno ti allontani, meglio ti trovi. Cercando bene si scopre pure la birra ai carciofi e rosmarino. Ma il chilometro zero, se ti dice bene, è giusto quello tra casa tua e la bottega che vende la prelibatezza. Sui siti, c’è acceso dibattito su come tradurre, in inglese, l’italico concetto: chi propone “from-to-table”, chi oppone “farm-to-fork”. E chi osa “zero food miles”.

    Critical mass. Raduno di biciclettari capace di prendere in ostaggio il traffico, a tentativo di far evolvere la sorte della bici, “economica, e quindi democratica”. A volte è interplanetaria, “assembramento casuale di Masse Critiche da ogni dove”. Da ogni dove, ma esattamente davanti alla macchina di quello che bestemmia per tornare a casa. Fanno però abbastanza simpatia. Ciclisti di tutto il mondo, unitevi! In Perù per protesta hanno pedalato nudi, qui si segnala un interessante fiorire poetico intorno al mite mezzo di locomozione: “E corri nell’aria che punge / nel vento che fischia / nel sole che brucia / nella pioggia che batte” (Biagio Cipolletta).

    Energie rinnovabili. Parenti strette delle energie sostenibili. Girano le pale eoliche. Dicono che girano anche tanti milioni. Girano le palle degli oppositori delle pale. E sempre, a un certo punto, fa capolino l’Europa. Ma energia rinnovabile è impegnativo e sacro intendimento di ogni retto amministratore. In Sicilia, la giunta Crocetta si è gettata nella mischia. “Attiveremo corsi sulle energie rinnovabili”, ha fatto sapere l’assessore all’Istruzione. Sole, acqua, maree e moto ondoso in massima, democratica considerazione.

    Fori. L’avvio di tutta l’epica della giunta Marino (il “Buttafori” del Foglio). I meglio biciclettanti e i camminatori con cagnetti al guinzaglio hanno soprattutto apprezzato l’iniziativa. Era una strada sarà la passeggiata dei romani, recitano i manifesti. L’affollamento bipide intorno al Colosseo ha una sua fascinazione, la previsione che dove metti gente metti danno (vedi alla voce: isole pedonali) circola abbondantemente. Da non perdere, sull’iniziativa, le cronache del Messaggero di Caltagirone che ha il torcibudella al solo rimirare l’attuale sindaco pedalante: talmente il disastro evoca, talmente lo scontento rileva, che fornisce una descrizione quasi evocativa di un paesaggio alla “Blade Runner” – si vedono cose che voi poveri automobilisti… Tipi strani com’erano, chissà se Augusto e Nerva gradiranno tanta promiscuità con la plebe. Ai meglio avvertiti, però, la serrata alle macchine piace. Ci sarebbe pure da mettere qualche pensilina ai capolinea dei tram a piazza Venezia: il Colosseo illumina di stupore, il sole fa ardere le teste scoperchiate.

    Isole pedonali. Una delle grandi iatture delle città. Di per sé l’isola pedonale è una bella cosa, ma ormai è quasi da preferire, tale e tanto sconquasso ne viene, uno svincolo autostradale sotto le finestre, un’uscita del Raccordo anulare vicino al portone. Appena le macchine vengono cacciate, è un fiorire gramignesco di locali danzerini e canterini, ubriachi con boccali di birra in mano, danzanti nel cuore della notte, bonghi risuonanti, bancarellame immigratorio di paccottiglia inguardabile, bancarellame nazionale comprensivo di grembiuli con pisello del David allungato all’estremo, mutande sintetiche, papifranceschi su appositi magneti da frigorifero. Fenomeno direttamente collegato alle isole pedonali, la nostalgia: ti ricordi che bello, che pace, quando passavano i Tir?

    Piste ciclabili. Sempre poche. Gran lamento per le loro precarie condizioni. A Roma sono 115 chilometri, più o meno, a Parigi 270, più o meno. Ora, con Marino in bicicletta le due ruote (“vabbè, un po’ fa ridere; in giacca cravatta e casco gigante mostra come in ognuno di noi ciclisti urbani si nasconda un nerd”, M. L. R.) potrebbero risorgere a nuova gloria, pur con vigili di scorta “dai polpacci prodigiosi” (M. L. R.), si è notato nelle cronache più avvedute. Vestale e tutrice delle piste ciclabili della città eterna è senza dubbio M. L. R., Maria Laura Rodotà, che sulle pagine del Corriere e sul blog produce dettagliati resoconti delle sue pedalate capitoline, di ognuna fornendo apposita scheda tecnica (“Percorso: circa 6 km. Difficoltà: facile. Va bene per: ex giovani col cambio danneggiato”), e soprattutto periglioso salgariano resoconto. Ché tra buche e colli e autisti screanzati, peggio che andar per la foresta malese. “Di recente, sulla salita di Colle Oppio, mi è saltata la catena cambiando marcia. Il mio cambio è a diciotto marce ma non è granché, sulle pendenze capitolino-dolomitiche si sente inadeguato. Mi hanno aiutato ad aggiustarlo Valerio del bar vicino casa e un turista rumeno (un turista rumeno? caspita!, ndr). Mi è andata bene. Continuo a passarci spesso, con cautela. Ma non quando torno dal giornale e sono stanca”. La civiltà dei ciclisti, rispetto al buzzurro macchinato, è indubbia, con deciso calo di popolarità, però, quando una Dmp (Democratica metropolitana pedalante) finisce – con la bici molto chic, comprensiva di aggraziato cestino con dentro il farro e la pizza biologica, esattamente al centro della corsia preferenziale dell’autobus: con garbo pedala, la signora; con sgarbo proletario sfancula, l’autista del bus

    Slow food. Il quasi tutto. Si discute la linea del partito, non quella di Carlin Petrini.

    Smart City (città intelligente). Progetto europeo, figurarsi. Parole d’ordine: ecosostenibilità, niente sprechi energetici, inquinamento. Metropoli e borghi aspirano a tale positivo piazzamento, da “Varese SmartCity” a “Dubai SmartCity”. Si ebbe pure notizia di “Cairo Smart Village”. Se è quel Cairo lì, meglio rimandare.

    Svapare. Darci sotto con il mesto aggeggio elettronico. La correzione di un vizio con l’amplificazione di un surrogato surreale. Può far bene – bella figura, però… Non c’è più nemmeno la scusa per chiedere di accendere. Tutt’al più: scusa, mi si è scaricata la batteria della mia e-cig… Scordarsi Marlene e Humphrey, angeli azzurri e morosi a Casablanca: la condizione di simil-bollitori non lo consente.

    Vegana (cucina). Esclude ogni prodotto animale. Oltre il semplice essere vegetariani. Anche miele, uova e formaggi. Molto civile, molto complicato. Forse. Margherita Hack era vegetariana, tentata dalla cucina vegana: vispa e in salute. I vegani hanno recentemente manifestato in piazza, (semi)nudi, sicché “l’amore è nudo”. A tavola, però, il nobilissimo discorso rischia di ricondurre alla solita fissazione per il Cav. – sulla faccenda piuttosto onnivoro. Quello è uomo da carne, si sa.