House of Cards
L'arte della politica, quella vera
Che cos'è il potere? Per rispondere a questa domanda sono state riempite biblioteche. Molti illustri pensatori hanno dedicato vite intere alla ricerca della definizione giusta, sciorinando teorie su questo fondamentale aspetto del vivere umano. Ebbene se siete desiderosi di comprendere, se non il potere tout court, almeno il funzionamento e la forma del potere terreno dei nostri giorni mettetevi comodi e guardate le tredici puntate di House of Card tutte d'un fiato. Si proprio così, una puntata dopo l'altra, e non importa se vi giocate qualche diottria per eccessiva esposizione alle luci sfavillanti dello schermo.
Che cos'è il potere? Per rispondere a questa domanda sono state riempite biblioteche. Molti illustri pensatori hanno dedicato vite intere alla ricerca della definizione giusta, sciorinando teorie su questo fondamentale aspetto del vivere umano. Ebbene se siete desiderosi di comprendere, se non il potere tout court, almeno il funzionamento e la forma del potere terreno dei nostri giorni mettetevi comodi e guardate le tredici puntate di House of Card tutte d'un fiato. Si proprio così, una puntata dopo l'altra, e non importa se vi giocate qualche diottria per eccessiva esposizione alle luci sfavillanti dello schermo. House of Cards, così come ampiamente spiegato da Michele Boroni qui sul Foglio, è la prima serie tv ad alto budget non prodotta dai grandi broadcast statunitensi. Il serial è stato realizzato da Nextfit, il colosso dello streaming on demand, che coerentemente con la propria natura “mediale”, lo scorso febbraio ha rilasciato tutte insieme sulla propria piattaforma le tredici puntate che compongono la prima stagione.
Al di là della doverosa precisazione sulla forma produttiva di questa serie, che certamente segna un punto di svolta nelle strategie dell'industria culturale statunitense, House of Cards impressiona positivamente già in virtù delle sue caratteristiche basilari. Il serial presenta una buona trama, seppur ispirata all’omonimo serial inglese degli anni novanta, una regia impeccabile, e una squadra di attori con qualche grande nome, Robin Wright, e un fuori classe assoluto nel ruolo del protagonista: Kevin Spacey. Azzardando un paragone, se con American Beauty aveva conseguito la laurea, Spacy con House of Cards compie il suo dottorato di ricerca nell’indagine dell’animo profondo della cultura statunitense. Frank Underwood, questo il nome del personaggio interpretato da Spacey, è infatti uno spietato parlamentare democratico della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, cinico e senza alcun genere di scrupolo. In predicato di nomina a Segretario di Stato dopo l’elezione del nuovo Presidente americano, viene freddamente “trombato” e relegato al suo vecchio ruolo di capogruppo. Da quell’istante Frank impiega tutte le sue energie per vendicarsi degli artefici dell’affronto subito. Forte delle sue spiccate capacità di manipolatore e delle sue innumerevoli entrature nel mondo delle lobby, delle multinazionali e dell’informazione, Frank Underwood tesse pazientemente una serie d’inganni, trappole e ricatti che sconvolgono la vita del Congresso americano. Il seguito della narrazione è a questo punto facilmente immaginabile.
House of Cards ci appare una serie tv di altissimo livello, soprattutto per chi in età immatura ha frequentato qualche spericolata lettura: da Macchiavelli a Georg Simmel, passando per il romanzo di formazione ottocentesco. Questo perché al pari dei grandi autori citati, il serial propone uno spaccato realista e disilluso della società contemporanea. La sua visione ci offre non tanto un’immagine del potere in sé, come categoria astratta dello spirito, bensì un’illustrazione minuziosa del suo esercizio. Come? Descrivendo l’intreccio d’interessi e conflitti, e soprattutto iniziative personali, che permettono a un politico di eccellere nel proprio ambiente. House of Cards non lascia dubbi al suo spettatore, il modus vivendi per primeggiare nell’arte mondana della politica deve essere cinico e spregiudicato. Ogni tipo d’inganno è lecito se il fine è il successo…. Do you remember Machiavelli?
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