Ecco perché Israele è contento del golpe egiziano del generale Sisi

Giulio Meotti

Con il suo consueto cinismo, ieri l’ex ministro della Difesa e premier israeliano Ehud Barak, parlando con Fareed Zakaria sugli schermi della Cnn, ha invitato “il mondo libero” a sostenere l’esercito egiziano e il suo generale, Fattah al Sisi. “A chi altro dovremmo rivolgerci?”, ha detto Barak, che ha definito Sisi “liberale”. Mohammed Morsi, il deposto presidente egiziano, secondo Barak stava trasformando il paese in “un regime totalitario di sharia”. Non è la prima volta che un alto ufficiale israeliano tesse elogi pubblici del generale golpista del Cairo. Secondo indiscrezioni di stampa, l’ambasciatore di Israele al Cairo, Yaakov Amitai, aveva definito Sisi “un eroe”.

Ferraresi Il presidente senza randello

    Con il suo consueto cinismo, ieri l’ex ministro della Difesa e premier israeliano Ehud Barak, parlando con Fareed Zakaria sugli schermi della Cnn, ha invitato “il mondo libero” a sostenere l’esercito egiziano e il suo generale, Fattah al Sisi. “A chi altro dovremmo rivolgerci?”, ha detto Barak, che ha definito Sisi “liberale”. Mohammed Morsi, il deposto presidente egiziano, secondo Barak stava trasformando il paese in “un regime totalitario di sharia”. Non è la prima volta che un alto ufficiale israeliano tesse elogi pubblici del generale golpista del Cairo. Secondo indiscrezioni di stampa, l’ambasciatore di Israele al Cairo, Yaakov Amitai, aveva definito Sisi “un eroe”.

    Cosa c’è dietro l’amore israeliano per la giunta militare egiziana? Il Sinai. “L’ascesa dei Fratelli musulmani alla presidenza nel luglio 2012 è stata la notizia migliore per i jihadisti del Sinai”, ci dice Mordechai Kedar, a lungo ufficiale dell’intelligence militare israeliana e oggi arabista alla Bar Ilan University. “I jihadisti sapevano che quel governo non avrebbe agito con determinazione contro di loro per ragioni ideologiche: entrambi, i Fratelli musulmani e i jihadisti, credono nella supremazione dell’islam, nell’obbligo del jihad, vedono Israele come una entità illegittima ed entrambi sono a favore di una implementazione della sharia in ogni aspetto della vita”. Secondo il generale Sameh Seif el Yazal, all’origine del colpo di stato ci sarebbe stata anche la situazione nel Sinai. Il presidente Morsi avrebbe detto ad al Sisi: “Non voglio che i musulmani facciano scorrere il sangue di altri musulmani”. E’ l’ordine fatale si sospendere qualsiasi operazione militare contro i terroristi nel Sinai. Alcuni giorni fa arriva l’attacco israeliano nella penisola, evento che ha illuminato il nuovo livello di cooperazione fra Gerusalemme e il Cairo nella guerra ai terroristi.

    L’Associated Press ha citato militari egiziani che avrebbero assistito gli israeliani nello strike a Rafah contro i qaidisti. Per questo Mohammed Badie, Guida suprema dei Fratelli musulmani, ha chiamato al Sisi “peggio dei sionisti”, mentre fra gli slogan pro Morsi cantati nelle piazze uno dice che il generale “è controllato da Netanyahu” (premier d’Israele, ndr). Ha chiesto Ansar Beit Muqaddas, l’organizzazione terroristica colpita nell’attentato: “Quale traditore nell’esercito egiziano consentirebbe a droni israeliani di violare lo spazio aereo egiziano?”. Secondo Steven Cook, analista del Council on Foreign Relations e autore di “The struggle for Egypt”, per la prima volta i militari egiziani avrebbero lasciato campo aperto agli israeliani nell’operazione contro il jihad nel Sinai. Sarebbe stato il primo attacco drone israeliano nell’area, dove alla testa dei terroristi ci sarebbe Ramzi Mowafi, già medico personale di Osama bin Laden e noto anche come “il chimico”. Nell’aprile del 1982 Israele ritirò tutte le proprie forze militari dalla penisola del Sinai. Trent’anni dopo sarebbe entrato di nuovo nella regione. Il generale al Sisi avrebbe anche rassicurato gli omologhi israeliani che il trattato di Camp David resterà in vigore. Il generale ha ottimi rapporti con i due inviati del premier israeliano Benjamin Netanyahu per l’Egitto, Amos Gilad e Yitzhak Molcho, con il vice capo di stato maggiore israeliano generale Nimrod Sheffer, inoltre conosce bene l’ex primo ministro Barak e ha collaborato anche al negoziato per liberare il caporale Gilad Shalit, detenuto a Gaza da Hamas. Senza pur portare delle prove, l’analista militare Roni Daniel sul secondo canale televisivo israeliano ha dichiarato che il generale al Sisi avrebbe informato Israele con tre giorni di anticipo dei suoi piani di rimuovere Morsi.  “Tenete d’occhio Hamas”, la richiesta di al Sisi.

    Ferraresi Il presidente senza randello

    • Giulio Meotti
    • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.