Un quieto agosto da trader
La relativa stabilità politica spinge la Borsa e attira gli investitori
Gli analisti delle banche d’affari internazionali non hanno mai nascosto la predilezione per l’assetto grancoalizionista nella pur sempre effervescente arena politica italiana. E ora, nell’estate dello spread basso e della Borsa in giubilo, gli analisti confermano questa tesi al Foglio, perché i disfattisti di destra e di sinistra sono finiti schiacciati sullo sfondo: i due partiti cardine delle larghe intese – blindate dal capo dello stato Giorgio Napolitano – non hanno motivi validi per invocare elezioni immediate. Anzi, mantenere la stabilità politica, per quanto possibile, è un prerequisito per uscire dalla recessione (come già accade in Germania e in Francia).
Gli analisti delle banche d’affari internazionali non hanno mai nascosto la predilezione per l’assetto grancoalizionista nella pur sempre effervescente arena politica italiana. E ora, nell’estate dello spread basso e della Borsa in giubilo, gli analisti confermano questa tesi al Foglio, perché i disfattisti di destra e di sinistra sono finiti schiacciati sullo sfondo: i due partiti cardine delle larghe intese – blindate dal capo dello stato Giorgio Napolitano – non hanno motivi validi per invocare elezioni immediate. Anzi, mantenere la stabilità politica, per quanto possibile, è un prerequisito per uscire dalla recessione (come già accade in Germania e in Francia). L’ha chiarito Napolitano nella equilibrata nota di mercoledì scorso relativa alla situazione politica di Silvio Berlusconi, dopo la condanna per evasione fiscale del capo del Pdl con la cosiddetta sentenza Mediaset, e ha al contempo chiesto al Pd un “rinnovamento nei rapporti politici” con gli avversari.
Nell’estate del 2011 – qui usata come riferimento storico per valutare quel che è successo dopo – i mercati erano in subbuglio, nelle banche d’affari circolavano report sul probabile default italiano, il governo Berlusconi era sotto pressione e nei palazzi della politica – già a luglio – si prospettava l’arrivo di un Professore al governo. La volatilità sulle piazze d’affari era una sgradita compagna dei trader, rimasti perciò inchiodati ai terminali. E lo spread, il differenziale tra titoli italiani e tedeschi, s’accingeva a raggiungere il record storico (quei 575 punti che hanno “accolto” Mario Monti a Palazzo Chigi a novembre 2011). In questo mese d’agosto 2013, invece, accade l’opposto. Certo, in due anni molto è cambiato: la Bce è pronta a fare tutto (e anche di più) per salvare l’euro, le riforme chieste dall’Eurotower sono state avviate dal governo tecnico e quello di Enrico Letta non si discosta dal solco rigorista da esso tracciato, sebbene il premier debba dare seguito alle richieste riformiste della Bce rimaste inevase. E’ simbolico che ora alcuni trader si siano presi una pausa: “E’ tutto tranquillo, non c’è motivo di restare aperti in questi giorni”, dice un manager che gestisce un portafoglio titoli da oltre 100 milioni di euro.
Lo spread continua ad aggiornare i minimi biennali, ieri ha chiuso a 231 punti. Nell’ultimo mese, la Borsa italiana è stata la più vivace del mondo sviluppato, in rialzo del 13,2 per cento (ieri la migliore d’Europa, più 1,2). “I numeri segnalano che, unico caso in Europa, Milano ha registrato un incremento delle contrattazioni”, sottolineava il Sole 24 Ore di Ferragosto. Da inizio anno Piazza Affari è stata penalizzata anche da casi giudiziari che hanno coinvolto società strategiche come Saipem e Finmeccanica. Forse è presto per parlare di riscatto, ma è un’inversione di tendenza. E’ l’opinione di Fabio Fois, economista di Barclays che da Londra analizza i riflessi della politica italiana sull’economia: “Il miglioramento dei mercati andrà verificato nel lungo periodo, se Letta darà o meno seguito alle manovre pro crescita avviate da Monti, come fatto con il rimborso dei debiti della Pa”. “E’ sul mercato dei titoli di stato che si vedono più chiaramente gli effetti positivi della stabilità politica, anche grazie ai segnali di una timida ripresa favorita dal sostegno della domanda esterna e, probabilmente, da una stabilizzazione dei consumi. Gli investimenti sono rimasti un po’ indietro, ma la rinnovata fiducia nell’industria domestica fa ben sperare”. “Passato lo scoglio della sentenza Mediaset, sembra chiaro che nessuno degli attori politici vuole anticipare le elezioni: il Pdl non avrebbe un leader con cui correre, mentre il Pd deve sceglierlo. Napolitano ha fatto capire che, senza una nuova legge elettorale, le elezioni sono più lontane: gli incendiari non hanno molta convenienza a precipitare una crisi”, dice Fois.
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